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ROMA, 23 AGOSTO 2011- La morsa creditizia, che negli ultimi anni si è fatta ancora più serrata a causa della crisi economica, non ha fatto altro che aggravare il fenomeno dell’usura. Tuttavia, come ha sottolineato Giuseppe Bortolussi, segretario della CGIA di Mestre, "Dimensionare l’usura solo attraverso il numero di denunce, non è molto attendibile perché il fenomeno rimane in larga parte sommerso e risulta quindi leggibile con difficoltà". [MORE]
Bortolussi continua dicendo, "Per questo abbiamo messo a confronto ben 8 sottoindicatori per cercare di dimensionare con maggiore fedeltà questa piaga. Ma quello che forse pochi sanno, sono le motivazioni per le quali molti cadono nelle mani degli strozzini. Oltre al perdurare della crisi, per artigiani e commercianti sono le scadenze fiscali a spingere molti operatori economici a ricorrere a forme di finanziamento illegali. Per i disoccupati o i lavoratori dipendenti, invece, sono i problemi finanziari che emergono dopo brevi malattie o infortuni".
Per poter effettuare una stima approssimativa del suddetto fenomeno, sono stati messi a confronto alcuni indicatori regionalizzati riferiti al 2010, quali la disoccupazione, i fallimenti, i protesti, i tassi di interesse applicati, le denunce di estorsione e di usura, il numero di sportelli bancari e il rapporto tra sofferenze ed impieghi registrati negli istituti di credito. In questo modo la Cgia di Mestre è riuscita ad elaborare l’indice del rischio usura attraverso la combinazione statistica di tutte quelle situazioni potenzialmente favorevoli al diffondersi dell’azione dei “cravattai”.
Ad essere più esposti al rischio di usura, sono principalmente le regioni del Sud. Per quanto riguarda il Nord, come evidenzia lo studio della Cgia di Mestre, la diffusione del fenomeno è un po’ più peculiare: a Nordovest è in forte calo, mentre a Nordest tende ad aumentare.
In particolare, dal punto di vista delle singole Regioni, quella più a rischio è la Campania. La seguono a ruota il Molise, la Calabria, la Puglia e la Sicilia. Quelle meno investite da questa piaga socio-economica sono Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige.
In base all’indice del rischio usura, le aree dove ci sono più disoccupazione, alti tassi di interesse, maggiore sofferenze, pochi sportelli bancari e tanti protesti, sono quelle dove il rischio è più elevato.
Attraverso un indicatore nazionale medio stabilito dagli esperti del Cgia pari a 100, il tasso di usura registrato in Campania, a cui spetta la maglia nera, è di 166,1 (pari al 66,1 per cento in più della media Italia), segue il Molise con il 158,3 (58,3 punti in più rispetto al dato medio nazionale) la Calabria con il 146,3 (46,3 per cento in più rispetto la media Italia), la Puglia con 146,1 (46,1 per cento in più della media Italia), la Sicilia col 134,9 (34,9 per cento in più della media nazionale).
I meno colpiti dagli strozzini, o quasi, sono il Trentino A.A., con un indice di rischio usura pari a 46,7 (53,3 per cento in meno della media nazionale). Segue la Valle d’Aosta con 69,8 (30,2 per cento in meno della media Italia), il Veneto con 72,5 (27,5 per cento in meno della media Italia) e il Friuli Venezia Giulia con 74,7 (25,3 per cento in meno del dato medio Italia).
Confrontando i risultati ottenuti con quelli dell’anno precedente, al Sud la crescita è stata molto evidente: Molise +43,3; Puglia +3,1; Calabria +2,3; Sicilia +1,9. Tra le grandi realtà del profondo Sud, solo la Campania, ha ridotto la sua esposizione (-7,9 punti).
Per quanto riguarda il Nordovest: in Valle d’Aosta si è registrato un calo del rischio usura pari a –10,2; in Liguria del –5,7; in Piemonte del –5,1; in Lombardia del -0,3. A Nordest, invece, a fronte di una riduzione registrata nel Trentino Alto Adige (-3,3), in Veneto il rischio usura è aumentato di 1,5 punti; in Emilia Romagna di +2,7 punti, mentre in Friuli V.G. addirittura di +8,7 punti.
Rosy Merola
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