Ecco le guerre nel Mondo di cui non si parla
Estero Basilicata Matera

Ecco le guerre nel Mondo di cui non si parla

lunedì 1 maggio, 2023

Le Guerre nel Mondo di cui non si parla.

È in corso ai giorni nostri una nuova, inedita, guerra planetaria che non è strutturata come le guerre precedenti per il controllo delle risorse; ma per il controllo di territori e per la logistica di nuove basi militari dislocate nei posti strategici conquistati. Dal giorno in cui le armate russe hanno invaso il territorio ucraino il termine guerra è tornato in auge nel nostro vocabolario.

Ma la guerra o le guerre, o tragedie umanitarie di piccola o ampia scala non hanno mai cessato di esistere sul pianeta. Semplicemente non ci riguardavano o erano troppo distanti o preferivamo non guardare, ma alla data del 21 marzo 2022 di guerre nel mondo necontiamo circa 59 di cui non si parla, perché molto lontane o distanti dall’interesse dei media o dei politici. Dal resoconto dell’ (Acled) organizzazione impegnata nella ricerca di dati sulle varie forme di violenza nel mondo, dalle guerre alla criminalità emerge che esse sono tante, magari molte di più di quelle percepite dal nostro angolino privilegiato e immune. Vediamo alcune di esse poco conosciute che si trascinano da anni lasciandosi alle spalle una scia di vittime e distruzione notevoli: guerra in Nigeria tra estremisti islamici, guerra interna del Myanmar “la guerra più sconosciuta al mondo” va avanti dal 1948 tra minoranze etniche e politiche e solo lo scorso anno le vittime militari e civili sono state oltre 4.000, guerra in Afghanistan sfociata nel terrorismo etnico/religioso con milioni di vittime con svariati gruppi armati supportati in passato da influenze straniere prima russe e successivamente americane che si sono contese il paese e attualmente sotto il controllo talebano.

Tale territorio è uno dei tanti territori in cui la Nato ha programmato i propri interventi imperialistici ammantati da scopi ideologici democratici e umanitari, ma la realtà una brutale conquista di risorse energetiche o creazione di avamposti Nato contro le forze Russe. Senza contare la guerra civile siriana che dal 2011 va avanti e ancora è lontana dalla sua fine con migliaia di vittime civili, in un paese in costante crisi umanitaria.

E sono solo alcuni dei conflitti che infiammano il Mondo in quanto non sono riportati quelli che con la presenza di tregue provvisorie continuano ad infiammare molte regioni del pianeta quali la guerra de Darfur che va avanti dal 2003, crisi in Yemen da 2011 guerra nel Mali, conflitto Israele-Palestina dal 1948 Crisi Libica dal 2011 ecc. Non possiamo non affermare o non notare la violenta destabilizzazione politica e internazionale di molti Stati o molte regioni in cui la Nato ha lasciato il suo passaggio nel tentativo di esportare la democrazia in altre culture e in altri popoli. 

Ma se esportare un modello di pensiero crea instabilità politica la domanda sorge spontanea la democrazia è esportabile? Il concetto di democrazia è tipico di una civiltà occidentale in quanto sua stessa creazione.

La democrazia può essere esportata in una logica di imperialismo culturale con una sorta di imposizione di eurocentrismo e cioè dare per scontato che i valori Europei siano i migliori? Ma la democrazia non può essere esportata dappertutto e non sempre in quanto vi sono fattori che non favoriscono la sua esportazione quali ad esempio i fattori religiosi com’è successo con l’islam civiltà teocratica, se consideriamo la sua rigidità al cambiamento, poiché manca di adattabilità o di flessibilità.

 Proprio tale situazione di rigidità intrinseca ha impedito all’occidente e in modo particolare agli americani di essere accolti in Iraq o in Afganistan come dei liberatori. Non avevano capito in che guaio internazionale si sarebbero cacciati.

Occorre lasciare che i popoli facciano il proprio corso evolutivo, politico, filosofico, religioso e culturale in quanto a lungo andare venendo a contatto con culture, ideologie diverse ogni società filtra ciò che le serve per mantenersi in vita, per autoripararsi e sopravvivere usando il crivello della ragione di cui parla Popper, senza la necessità di atti impositivi. 

Il cambiamento culturale e ideologico deve essere una scelta sia individuale che collettiva ma deve avvenire in modo consapevole e coscienzioso senza atti violenti impositivi in quanto non si può pensare che se il proprio passaggio a un sistema di governo democratico è avvenuto in maniera violenta o traumatica come in America anche per gli altri deve avvenire nello stesso modo. Se pensiamo alla destabilizzazione degli Stati del Nord Africa: Egitto, Tunisia, Libia dove l’occidente è andato a eliminare i precedenti governanti, creando un problema di instabilità politica, migratoria e umanitaria possiamo dedurre la fallacità del ragionamento occidentale senza ombra di dubbio. 

L’ Afganistan ha messo a nudo che la democrazia non può, nella maggioranza dei casi, essere esportata, nemmeno dopo vent’anni, nemmeno con un esercito ben armato, nemmeno con la mobilitazione delle Ong, che da anni lavorano a costruire una società civile in grado di sostenere il peso di istituzioni democratiche. Senza un solido valore del “senso dell’Altro” la democrazia non riesce a sostenersi, e non si reggono le relazioni umane e istituzionali che di essa sono il fondamento. E senza questo HUMUS, terreno culturale comune su cui costruire questa nuova coscienza, è difficile se non impossibile ragionare di politica o di sistema democratico esportabile in una nuova cultura.

Vi è come una sorta di incapacità di imparare dagli errori del passato, o di vedere il difetto del proprio modo di agire o di pensare, lo scrittore Paolo Mauresig afferma che “ Chi ci piò assicurare con certezza che il nostro comportamento, o anche soltanto il nostro pensiero, non provochi inconsapevolmente delle catastrofi?” I dati parlano chiaro ovunque l’occidente sia andato ha determinato instabilità e crisi. Ultima quella in Ucraina quindi volendo vedere il rovescio della medaglia forse siamo noi con il nostro modo di pensare che non accettiamo la diversità il problema. I Veri non democratici siamo forse noi?

E allora cosa fare? Sarebbe opportuno che l’occidente limitasse le sue pretese egemoniche sul globo, ritenendo di essere l’unico portatore di valori morali guida, cercando postazioni militari strategiche di domino e accettando invece un dialogo multilaterale, interculturale con ogni partner emergente come potenza nel rispetto del diritto internazionale e delle libertà. Si farebbe veramente portatore dei valori democratici di pace,tolleranza e apertura illuministici in cui è radicato avendo avuto in seno sia il pensiero greco che cristiano.

Marco Rispoli


Autore
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