Giornata mondiale dei diritti umani. Tra celebrazioni e violazioni
Editoriale

Giornata mondiale dei diritti umani. Tra celebrazioni e violazioni

lunedì 10 dicembre, 2012

ROMA, 10 DICEMBRE 2012 - «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza». Così recita l'articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, approvata il 10 dicembre 1948 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Due anni dopo, quella stessa assemblea proclamò ufficialmente il 10 dicembre come Giornata dei Diritti Umani. Da quel momento, ogni anno nella stessa data gli stati membri mettono in atto celebrazioni ufficiali e iniziative volte alla promozione dei diritti umani nel mondo.

Ogni anno la giornata dei Diritti Umani focalizza l'attenzione su un tema specifico. Riconoscendo l'importanza delle richieste di partecipazione arrivate negli ultimi due anni dalle rivolte della primavera araba da un lato e dalle rivendicazioni del movimento Occupy dall'altro, il tema scelto quest'anno dalle Nazioni Unite è il diritto di tutte le persone di far sentire la propria voce nella vita pubblica e di partecipare al processo decisionale politico. Un tema, dunque, che pone l'attenzione in particolar modo sugli articoli 19, 20 e 21 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, che sanciscono rispettivamente il diritto alla libertà di opinione e di espressione (Art.19), il diritto alla libertà di riunione e associazione pacifica (Art. 20) e il diritto alla partecipazione politica e sociale (Art. 21).[MORE]

«Ognuno ha il diritto di essere ascoltato e contribuire a determinare l’assetto della comunità in cui vive». Comincia così il messaggio di quest'anno del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Nonostante i progressi compiuti nel campo dei diritti umani nello scorso secolo, tuttavia, afferma il Segretario Generale, «troppi gruppi e individui sono ancora alle prese con troppi ostacoli». Le donne, ad esempio, «godono del diritto di voto pressoché ovunque, ma la loro rappresentanza resta del tutto minoritaria nei parlamenti nazionali e all’interno dei processi di pace, nelle posizioni governative di alto livello, nei consigli di amministrazione del mondo industriale, e in altre posizioni che contano nei processi decisionali». Ancora, alle popolazioni indigene viene spesso negata «l’opportunità di utilizzare appieno i loro diritti garantiti o manca di tener conto delle loro specifiche circostanze di vita». «Alle minoranze religiose ed etniche, così come alle persone disabili o a quelle con opinioni politiche o orientamenti sessuali differenti è spesso precluso l’accesso a istituzioni e processi chiave in una società. Le istituzioni, il dibattito pubblico, devono poter rappresentare le società in tutta la loro diversità».

Resta, quindi, ancora molto da fare. «Non c’è alcuno Stato – continua Ban Ki-moon - che sia riuscito a garantire ai propri cittadini piena partecipazione agli affari pubblici, compresi i diritti di elettorato attivo ad uffici pubblici e quello di uguale accesso ai servizi pubblici. L’applicazione di nuovi diritti o la rimozione di leggi ingiuste non sempre è sufficiente. Troppo spesso, infatti, la discriminazione continua nella pratica, creando barriere e resistenze mentali che può rivelarsi arduo superare». Uno degli strumenti cruciali per il benessere e il funzionamento di qualunque nazione è «l’esistenza di gruppi attivi della società civile», e le Nazioni Unite «deplorano le misure che vengono adottate per reprimerli. Questo è il motivo per cui, in occasione di questa Giornata, l’ONU mette in risalto il diritto di partecipazione e i diritti associati che lo rendono possibile: libertà di espressione e opinione, di associazione e di riunione pacifica».

Fare il punto sulla situazione dei diritti umani nel mondo, però, non è mai semplice. Al di là delle giornate ufficiali ad essi dedicate – pur meritorie sul piano istituzionale e della comunicazione pubblica – è sempre opportuno non perdere mai di vista ciò che realmente accade nel mondo e le violazioni ai diritti umani che quotidianamente si consumano in ogni parte del mondo. A questo proposito è utile consultare il rapporto che annualmente viene redatto da Amnesty International, associazione che del rispetto e della promozione dei diritti umani ha fatto da sempre la propria bandiera. Il rapporto che l'associazione ha redatto nel 2012 – riferito alla situazione dell'anno precedente – dedica grande attenzione al tema del diritto di partecipazione politica e all'importanza della libertà d'espressione, che come abbiamo visto, è tema scelto quest'anno dall'Onu per le celebrazioni ufficiali. La stessa Amnesty si focalizza sui due grandi temi che negli ultimi anni hanno dominato la scena pubblica: le rivolte in Medioriente e nell'Africa del Nord da un lato, e le manifestazioni di piazza contro la crisi in occidente dall'altro.

«Le risposte dei governi alle proteste pacifiche nella regione – si legge nel rapporto di Amnesty – sono state brutali e spesso hanno avuto esiti letali. Il numero delle persone uccise, ferite o imprigionate per aver esercitato i loro diritti è cresciuto progressivamente». Violazioni costanti dei diritti umani alle quali, a parere di Amnesty, le Nazioni Unite non si sono opposte abbastanza. Il motivo di ciò è individuato dall'associazione nel potere di veto posseduto dai cinque membri permanenti (Usa, Russia, Francia, Regno Unito e Cina) e dal loro essere, al tempo stesso, tra i maggiori esportatori di armi convenzionali. «Possono gli stessi paesi che hanno il potere di porre il veto a qualunque risoluzione del Consiglio di sicurezza – si chiede l'associazione nel rapporto –essere ritenuti affidabili nel perseguire la pace e la sicurezza internazionale, quando sono anche coloro che più guadagnano dal commercio globale di armi?» Finché il potere di veto rimarrà assoluto e finché non ci sarà un trattato forte sul commercio delle armi «che potrebbe impedire loro di venderle ai governi che violano i diritti umani, il loro ruolo come guardiani della pace e della sicurezza sembra condannato al fallimento».

La situazione non è stata (e non è) rosea nemmeno in “occidente”, in quei paesi che sostengono – a parole almeno – il rispetto dei diritti umani. Paesi le cui politiche «hanno portato a continue crisi economiche e a un’alta tolleranza per le sempre crescenti diseguaglianze», scrive ancora Amnesty nel rapporto 2012, hanno rivelato «il loro fallimento nel promuovere i diritti umani anche al loro interno. La xenofobia si è diffusa in tutta Europa e negli Stati Uniti, trovando nei migranti un capro espiatorio. I rom, che a lungo hanno sofferto persecuzione e marginalizzazione in tutta Europa, e altre vittime della riqualificazione delle città, hanno subito sgomberi forzati e violenza».

La crisi economica ha mostrato, secondo l'associazione, la rottura del patto sociale tra governi e popolazione. Da più parti, sia in Europa che in America del Nord, non solo i governi nel migliore dei casi si sono mostrati «indifferenti di fronte alle preoccupazioni della gente e nel peggiore interessati soltanto a proteggere quelli che erano al potere», ma spesso la reazione istituzionale alle manifestazioni di piazza ha rivelato una violazione alla «libertà di riunione» dei manifestanti, accompagnata in qualche caso da un «uso illegittimo della forza da parte della polizia». Se può essere individuato un filo rosso che lega le manifestazioni di piazza Tahrir, Zuccotti Park o piazza Manezhnaya, questo è per Amnesty «la velocità con cui hanno agito i governi per prevenire proteste pacifiche e limitare il diritto alla libertà di espressione e associazione».

Celebrare la Giornata Mondiale dei Diritti Umani, consapevoli di una situazione globale e locale tutt'altro che rispettosa di tali diritti, è dunque privo di senso? A parere di chi scrive, no. Nonostante le ipocrisie, le false retoriche e le contraddizioni di un mondo che pretende di definirsi civilizzato e che, al contrario, si macchia quotidianamente di innumerevoli violazioni ai diritti di gran parte degli esseri umani, se celebrare una giornata in favore dei diritti umani significa tenere viva l'attenzione sull'importanza del loro rispetto e sulla necessità di porre fine alla loro violazione, ben vengano le commemorazioni ufficiali.

È infatti condivisibile l'ultima affermazione fatta dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon nel suo messaggio per le celebrazioni di quest'anno: «Chiunque tu sia, ovunque tu viva, la tua voce conta. In questa Giornata uniamoci dunque per difendere e far ascoltare i tuoi diritti». A patto, però, che la rivendicazione dei propri diritti sia ritenuta lecita ogni giorno, non solo in quelli ufficialmente riconosciuti.

Serena Casu

(immagine da www.andyworthington.co.uk)

 


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