Arrestato in Sudan trafficante di esseri umani, tra i più pericolosi: crede di essere Gheddafi
Estero Sicilia

Arrestato in Sudan trafficante di esseri umani, tra i più pericolosi: crede di essere Gheddafi

giovedì 9 giugno, 2016

PALERMO - “Io ho lo stile di Gheddafi... nel mio lavoro ci sono solo miei parenti, per questo sono forte e non potrà mai esserci qualcuno più forte”.[MORE]

Così parla Yehdego Medhane Mered riferendosi a se stesso. Tra i più grossi trafficanti di esseri umani del mondo, il suo nome appariva nella lista dei più pericolosi. Origini eritree, trentacinque anni, Mered è stato arrestato in Sudan ed estradato nella serata del sette giugno in Italia. Un manager, un uomo potente che rivestiva un ruolo cruciale all’interno di quel sistema che frutta milioni e milioni di euro alle spalle di chi, disperato, giunge in Europa con la speranza di rifarsi una vita.

“Non ci sono problemi – diceva l’eritreo durante la conversazione con una “cliente”– noi possiamo ricevere il pagamento in qualsiasi Paese... America, Inghilterra, Germania, Norvegia, Israele. Dove vuoi”. La Procura di Palermo aveva avviato le indagini a suo carico ormai da anni. Oggi quelle indagini comprovano l’incessante attività in cui era coinvolto Mered: organizzava viaggi via mare verso le coste siciliane e si occupava del coordinamento tra i trafficanti in Africa e i complici europei.

Assieme all’etiope Ermias Ghermay e all’eritreo Asghedom Ghermay, ancora latitanti, Mered era a capo di un’organizzazione senza confini spaziali, che genera enormi cifre di denaro sporco, macchiato dal sangue delle innumerevoli vittime ‘oggetto’ di vendita. Gli investigatori della Squadra mobile di Palermo, guidati da Rodolfo Ruperti, e dello Sco, coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Scalia e dal pm Gery Ferrara, sono risaliti ad almeno diciassette boss, ognuno dedito a singoli aspetti dei traffici: c’è chi opera in Libia, centrale della raccolta e dello smistamento, ed è in contatto con agenti in Sudan, dove si concentrano gli arrivi dall’Africa centrale e dall’Est del Continente.

Due caserme in Libia, a Tripoli, fungono da magazzini, luoghi di smistamento degli uomini. Nella città fenicia pullula la corruzione, tanto che migranti e trafficanti arrestati verrebbero scarcerati previo pagamento alla polizia. In un’intercettazione Mered lamenta: “Sono troppi quelli che devono partire e quindi dovevamo caricare per forza tanta gente”, affermazione priva di alcuna preoccupazione circa le conseguenze in termini di vite umane, tanto a tentare di salvarle ci pensano gli italiani.

 

Luna Isabella

(foto da monitorenapoletano.it)

 


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