Lampedusa ed Europa
Editoriale Lazio

Lampedusa ed Europa

lunedì 28 marzo, 2011

Roma, 30 Marzo- In un tempo in cui gli eventi si succedono l’un l’altro e restano inghiottiti dall’indispensabile lavoro della macchina mediatica, tutto quello che avviene assume risalto o resta nell’ombra, senza che mai si riesca ad approfondirne il contesto e le circostanze. Così, l’emergenza critica del momento storico in cui viviamo, dove la crisi economica internazionale stenta a trovare una via d’uscita e la cronaca ci rimbalza dalla tragedia del Giappone e delle speculazioni sullo yen, alla ribellione dei popoli africani che non accettano più di avere qualcuno che li comandi come un re, ci fa quasi dimenticare delle tragedie più recenti, dal disastro di Haiti al terremoto dell’Aquila, senza più porci la questione se è a buon punto o meno la loro ricostruzione.[MORE]


Ma la rapidità con cui occorre andare avanti, se diventa un attenuante per quanto riguarda le difficoltà presenti a fronteggiare le crisi e le emergenze, spesso imprevedibili, porta anche al paradosso per cui i rimedi raramente sono tempestivi, come se l’esperienza non servisse a nulla. Così, ad oggi, se Lampedusa chiama, Roma non risponde. Quando già la bandiera italiana issata a mezz’asta, nel giorno in cui si è celebrata la ricorrenza dei 150 anni trascorsi dall’Unità d’Italia, in un isola in cui rimane attualmente insufficiente l’entità dei mezzi e delle risorse disposte, per far fronte ai bisogni e alle emergenze condivise tra profughi e popolazione locale, poteva subito notarsi come il segnale di un profondo disagio che rifletteva il sentimento, stavolta meridionale, di non sentirsi italiani, per un totale senso di abbandono.


Ma oltre Lampedusa, l’incapacità dei centri di accoglienza sparsi nel territorio Italiano di contenere il continuo carico di profughi, è così diffusa che produce e moltiplica il dramma dell’isola come una prova della condizione umana. Dove i soccorsi non bastano ai bisogni come la solidarietà non basta alla sopravvivenza, quando lo spazio per muoversi resta ai limiti della normale convivenza e le donne perdono i figli o li partoriscono in viaggio. Perché anche questo accade durante questi giorni, in cui malgrado gli interventi il problema continua ad essere irrisolto. Come se non esistesse la migliore soluzione fin tanto che ciascuno, Stato, Regioni ed Europa, non assumono per ciascuno responsabilità politiche precise in ragione dei principi di collaborazione e sussidiarietà che caratterizzano la loro funzione amministrativa.


E tuttavia, se pure così si intervenisse, ancora il problema resterebbe irrisolto. Perché se sulle attuali contingenze storiche che riguardano la Libia e il ruolo dei Paesi alleati, ha prevalso l’intervento militare sulla pur tentata via diplomatica, considerate tutte le ragioni e le motivazioni che ben possono essere date da una parte e dall'altra tra i favorevoli e i contrari, è già necessario tuttavia essere subito molto lungimiranti e stabilire come priorità quella di favorire attraverso più canali, un importante percorso di integrazione tra i popoli e le diverse culture che sempre più frequentemente ormai entrano in contatto, per arrivare alla migliore convivenza e scongiurare o attutire quanto più possibile, come contro i disastri naturali, i pericoli e i danni che questo tempo riserva a tutti noi.


 


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