“L’anima mia magnifica il Signore” la storia di Antonia Loparco
Parola e Fede Lazio Roma

“L’anima mia magnifica il Signore” la storia di Antonia Loparco

venerdì 8 novembre, 2019

“L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio..” la storia di Antonia Loparco

«Venni alla luce nell’anno Santo 1950 – cosi esordisce Antonia Loparco quando incomincia a raccontarsi a me – e  fui battezzata nel giorno in cui la chiesa proclamò il dogma dell’Assunzione; è per questo motivo che mi fu dato, come secondo nome, Maria Assunta: nome che ho portato e porto con immensa gioia. La seconda di tre bimbe, nacqui in una famiglia tradizionale: la mia mamma aveva una  grande e profonda fede: fu lei che ci aprì il cuore alla fede.  Papà, invece,  si definiva credente ma non praticante. In tutta la mia vita non l’ho mai visto accostarsi ai sacramenti e la domenica non ci vietava di andare a messa con mamma, ma lui si limitava ad accompagnarci con la macchina poichè abitavamo in campagna e non varcava la porta della chiesa, ma aspettava che uscissimo per riportarci a casa subito dopo la Messa. uomo onesto, giusto...dedito al lavoro e alla famiglia ma era tanto rigido, severo…e anche geloso».

Della sua mamma Antonia ha un ricordo meraviglioso e penso proprio che da lei abbia ereditato la stessa dolcezza e delicatezza. «Mi pare di risentire ancora il profumo del pane fresco cotto nel forno a legna che la mia mamma faceva una volta alla settimana. Ne faceva davvero tanto: quello sufficiente per la famiglia e poi tante pagnotte per i poveri. Riempiva anche bottiglie di olio (grazie a Dio, avevamo diversi alberi di ulivo e l’olio non ci mancava ed era davvero genuino). Quando questi poveri bussavano al cancello, mamma accoglieva tutti e mandava noi bambine con una pagnotta di pane e una bottiglia di olio e ci diceva: ” su, portateli e ricordate che in ogni povero c’è Gesù”. Lei ci guardava  e ci aspettava in fondo al viale»..

Ogni sera, prima della cena, si pregava il rosario. Era una bambina, non aveva ancora cominciato a frequentare la scuola elementare  quando cominciai ad odiare la preghiera e…la preghiera che maggiormente non sopportava era il Padre nostro. Nella mente di bambina paragonava Dio al papà e lo immaginava giudice severo come lui. E smise di pregare. E fu così per tanti anni ancora.

«Poi, un giorno, durante la celebrazione di  una Messa, ascoltai il passo 49 di Isaia in cui è scritto: ”Si dimentica forse una donna del suo bambino? Anche se si dimenticasse, io invece non mi dimenticherò mai.” Quelle parole mi giunsero come un raggio di luce che mi folgorò così come fu folgorato Paolo sulla via di Damasco  e cominciai a riflettere: l’amore di Dio, non solo supera quello  del padre, ma anche quello della mamma, se dice che… se anche una mamma avesse dimenticato il suo bambino Lui non lo avrebbe mai abbandonato e dimenticato. Fu allora che cominciai a separare la figura di mio padre da “DIO PADRE”. Gli anni passarono e pian piano anche le mie idee si trasformarono: l’immagine del Dio …padre “dittatore” lasciò il posto all’immagine del DIO PADRE …”AMORE.” A 19 anni mi cresimai e fu davvero una rinascita spirituale: confermai, non solo il mio battesimo, ma soprattutto l’impegno di testimoniare Cristo.

Cominciai a fare catechismo in parrocchia (l’ho fatto per 45 anni) e tutte le altre attività che in essa si svolgevano, mi vedevano impegnata in prima persona con entusiasmo sempre crescente».

Antonia avvertiva anche un grande desiderio: donare la vita al Signore per il bene della chiesa. «Ne parlai con un sacerdote amico che mi conosceva e che ben conosceva la mia situazione famigliare. Sinceramente, ciò che mi disse mi fece ripiombare in una grande amarezza e delusione. Secondo lui, il mio desiderio di farmi suora era dettato, non da una chiamata del Signore, ma era costituito dalla possibilità di evadere e di allontanarmi dalla mia famiglia in cui mi sentivo repressa e soffocata dal mio papà. Così lasciai perdere, anche se continuavo a pregare e a chiedere al Signore di illuminarmi.   Passarono altri anni ancora e finalmente la luce arrivò».

«Durante l’estate  del 1972 ebbi la fortuna di partecipare ad un corso di esercizi spirituali predicati da un giovane e santo Sacerdote che arrivava dalle Marche: Don Ugo Donato Bianchi, ma che io ho chiamato sempre Don Donato Mi colpì subito per la sua affabilità, per la sua bontà e dolcezza.

Chiesi di potergli parlare e fu durante il colloquio con lui che non solo riscoprii l’amore misericordioso di Dio Padre, ma anche la grandezza e l’importanza di un vero Sacerdote che comprende, illumina, consiglia… che diventa riflesso tangibile dell’amore di Dio.

Parlai del mio desiderio, ma anche della mia situazione famigliare.

Lui non mi scoraggiò, ma mi consigliò di aspettare ancora qualche anno per avere la possibilità di conoscere le varie vocazioni, di aprirmi alla vita e poi mi dette anche la forza di riprendere lo studio che il mio papà mi aveva obbligata ad interrompere sei anni prima.  

Mi iscrissi all’università di Urbino e fu così che continuai ad incontrare Don Donato, allora parroco a Macerata Feltria: paese non lontano da Urbino.

Diventò il mio Direttore Spirituale e lui mi ha seguita, aiutata, incoraggiata fino al giorno in cui il Signore lo ha preso con sè.

Per me era come un FARO, un vero papà perché, secondo me, PADRE non è solo chi ti ha dato la vita ma anche e soprattutto chi ti ama e ti aiuta a crescere fisicamente e spiritualmente indicandoti la via per arrivare a Cristo. Ed io ho considerato sempre Don Donato come il più dolce dei papà, come il più santo dei papà».

Arrivò pure il momento di conoscere l’altra vocazione: il  fidanzamento. Per caso si trovò sulla sua strada un ragazzo con il quale iniziò un percorso di amicizia che ben presto si trasformò in quello che, ritenevo, fosse amore. In effetti si cominciava a pensare e a  programmare  il matrimonio. Non andò a buon fine.

Però, anche in questa occasione, durante tutto il periodo del fidanzamento e quando decise di chiudere, «da Don Donato  mi sentivo compresa: lui mi consigliava ma nello stesso tempo mi lasciava libera di fare le mie scelte. Un giorno mi arrivò una sua lettera: mi comunicò di essere diventato Vescovo di Urbino.

Nella lettera mi aggiunse: “La prossima volta che verrai a Urbino, ti basterà bussare al portone del vescovado e…verrà ad aprirti Don Donato; la Chiesa mi ha voluto Vescovo”.

Io gli risposi con la schiettezza che mi ha  sempre contraddistinta che se avessi trovato il Vescovo e non più Don Donato, non sarei più tornata.

Lui mi rispose rassicurandomi: “Troverai Don Donato Padre più di prima”.E fu davvero così». E fu lui che le fece una proposta, consacrarsi, rimanendo nel mondo proposta che a Urbino si concretizzò tramite le sue mani, il 22 agosto 1979.

«Mamma e le mie sorelle conoscevano la mia scelta di vita ; al mio papà non avevo detto niente.   Lui accettava –passivamente-  ma non condivideva affatto il mio stile di vita!  Prima che lui morisse, i medici  ci dicevano che non parlava, invece , appena ci vide cominciò a ripetere: “Devo dirvi una cosa che non dovete mai dimenticare. QUANDO NEL BUIO DELLA NOTTE SI SENTE LA VOCE DI UN AMICO, QUELLA E’ LA VOCE DI DIO”.

Quando dalla rianimazione fu trasferito al centro di riabilitazione, a me fu data la possibilità di andare in ambulanza con lui. Lungo tutto il percorso , mi ripeteva: “aiutami a pregare”». Dopo qualche tempo il Papà si confessò e fece la Comunione.

Dopo la morte anche di mamma sono rimasta sola, ma la mia solitudine è soltanto fisica perché sento sempre il Signore vicino a me; sono certa che Lui non mi abbandona, non mi ha mai abbandonata e non mi abbandonerà mai.   E so che sono vicino a me anche coloro che ho amato e che ora vivono con Lui.

E c’è in me la convinzione che per arrivare alla resurrezione è necessario passare attraverso la croce.

E c’è Maria che ci accompagna con il suo amore di mamma così come accompagnò Suo Figlio Gesù.  

Tutto si accetta per un pezzo di paradiso! La vita passa e passa veloce ma il paradiso rimane eterno.

Don Francesco Cristofaro 


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