Non e' costui il figlio di Giuseppe? IV Domenica del Tempo Ordinario Anno C
Parola e Fede Calabria

Non e' costui il figlio di Giuseppe? IV Domenica del Tempo Ordinario Anno C

sabato 30 gennaio, 2016

Anticamente, fino a Mosè, la fede era una relazione personale tra Dio e l’uomo. Sappiamo che Eva e Adamo non ascoltarono il Signore e neanche Caino lo fece. Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe Giuseppe, sempre camminarono alla presenza del Signore. Furono fedeli ascoltatori della sua voce, dalla prontissima obbedienza ad ogni suo comando. Con Mosè tutto è cambiato. La fede diviene una relazione con Dio, ma attraverso un suo Mediatore. Se il Mediatore cade dalla fede, tutto il popolo precipita anch’esso nella non fede, si abbandona all’idolatria, all’immoralità, ad ogni trasgressione. Mosè fu punito per aver dubitato presso le acque di Meriba. Aronne per un atto di non fede fece precipitare nell’idolatria tutto il suo popolo. [MORE]

La mediazione nella fede diviene istituzione, prima con i sacerdoti, che sono per diritto tutti i discendenti maschi di Aronne, poi con re. Mentre i sacerdoti sono chiamati a insegnare al popolo ciò che è giusto e ciò che ingiusto, ciò che è mondo e ciò che non è mondo, ciò che è vero secondo Dio e ciò che è falso secondo la sua Legge, i re devono guidare il popolo a camminare nella legge del Signore, amministrando per essi la giustizia secondo verità. Sappiamo che sia gli uni che gli altri, fallirono nella loro missione e il popolo di Dio si abbandonò alle peggiori idolatrie e ad ogni sorta di ingiustizia, immoralità, nefandezza. Furono essi i responsabili della dissoluzione e anche distruzione morale, spirituale, fisica del popolo di Dio.

Per supplire alle istituzioni che avevano fallito su ogni campo il loro mandato, il Signore di volta in volta chiamava i suoi profeti. Persone senza alcuna dinastia, scelte direttamente, secondo necessità, dal Signore. Decise anche di “crearsi” lui un vero re, uno della discendenza di Davide, al quale avrebbe affidato il suo regno eterno. Non solo. Il suo re sarebbe stato anche vero sacerdote non però secondo Aronne, bensì alla maniera di Melchisedek, e suo profeta. Vero re, vero sacerdote, vero profeta. Questa la missione che il Messia di Dio viene a vivere sulla nostra terra. A queste tre missioni, il Signore ve ne aggiunge una quarta: quella di espiare con la sua sofferenza tutte le colpe degli uomini. Si tratta di vera espiazione vicaria, vera redenzione. Con il sono della sua vita avrebbe offerto al Padre un vero sacrificio di espiazione per i peccati del mondo intero. Questa verità reca sulle spalle il Cristo di Dio.

Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Mosso dallo Spirito, che si è posato su di Lui con ogni potenza e pienezza, Gesù si reca nella sinagoga di Nazaret, prende il rotolo del profeta Isaia, legge la profezia del Capitolo 61 e annunzia a quanti lo stavano ascoltando che quanto da Lui letto, si è compiuto. Oggi si compie. È lo scandalo. Non può essere. Gesù è uomo semplice, piccolo, umile, quasi insignificante, senza storia. Non ha alcuna grandezza terrea. È il figlio di un falegname. Potrà mai quest’uomo essere il Messia del Signore? Se lo è, lo deve anche attestare con grandi segni e prodigi. Gesù non dona segni, vuole che si creda sulla sua Parola. I segni verranno dopo, mentre la missione si svolge. La verità di un inviato di Dio è la sua vita. Prima di ogni cosa si crede nella Parola da lui proferita nel nome del Signore. Poi sarà la sua vita, le sue opere, non i suoi segni e prodigi, ad attestare la verità della missione affidatagli dal Signore. La vita nella vera Parola è il segno.

Gesù qualche segno lo dona. Prima di tutto svela i segreti del loro cuore. Attesta di conoscere la loro incredulità e il loro desiderio di vedere segni e prodigi per credere. Quando poi lo portano sul ciglio del monte per buttarlo giù, dona il segno di essere vero profeta del Dio vivente. Il Signore non permette che lui venga toccato. Essi diventano come sassi. Lui passa in mezzo a loro e si dirige in altri villaggi. Altro segno di verità, Gesù attesta loro che i veri profeti non sono mandati per operare miracoli e prodigi, ma per annunziare la Parola del Signore. È la Parola che si compie il segno e il prodigio del vero profeta. Quanto è accaduto non è per rivelare l’incredulità del popolo. È invece per manifestare a Cristo Gesù la verità della sua vita. Lui si dovrà preparare al patibolo della croce. Oggi il Signore lo ha salvato dalla morte, perché ancora non era giunta la sua ora. Domani dovrà lasciare che lo prendano e lo crocifiggano.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci per una fede immediata.

Don Francesco Cristofaro
www.donfrancescocristofaro.it

 


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