Web tax: la bozza arriva alla Camera
Economia Lazio

Web tax: la bozza arriva alla Camera

sabato 14 dicembre, 2013

ROMA, 14 DICEMBRE 2013 - Arriva la tassa per le multinazionali che lavorano su Internet. Google, Facebook, Twitter e le società simili, che hanno sedi internazionali dove la tassazione è agevolata (come in Irlanda), dovranno dotarsi di partita iva per poter lavorare in Italia.[MORE]

Oggi, le società hanno una sede internazionale e una sede succursale nei Paesi dove operano. Per esempio, Google ha una sede in Irlanda per l'Europa e una sede italiana (Google Italia). Solo la sede italiana ha la partita iva e paga le tasse sulla propria attività, non su quelle della società europea.

La web tax, invece, costringerebbe Google a dotarsi di una partita iva e a pagare il 22% di iva, invece di "appoggiarsi" fiscalmente al regime irlandese di favore. Lo stesso discorso si può applicare a Facebook, Amazon, Twitter, ecc.

Oggi, se un imprenditore italiano deve acquistare una campagna di inserzioni di Google Adwords, deve pagare anche l'iva a parte, calcolata sul costo dell'inserzione. Con la nuova legge, sarebbe Google a dover sostenere quel costo.

Se la web tax che esce in queste ore dalla commissione Bilancio della Camera fosse approvata così com'è, l'imprenditore sarebbe obbligato a pagare con un bonifico bancario Google per le campagne pubblicitarie, così che il pagamento risulti rintracciabile.

Sarebbe poi compito della multinazionale accordarsi sulle modalità di pagamento delle tasse con l'Agenzia delle Entrate, magari richiedendo un tasso agevolato. Le difficoltà di questa trattativa sono evidenti.

L' American Chamber of Commerce in Italy, portavoce degli interessi delle multinazionali che investono in Italia, parla di un dietrofront da parte del Paese, che prima chiede di investire e di avere fiducia, per poi tassare tutto quello che trova sulla sua strada.

Tutto questo si associa al cambiamento delle normative sul diritto d'autore online, che oggi prevedono multe salate per chi "copia" articoli altrui spacciandoli per propri.

In realtà, l'Italia non è la prima a rendersi conto del fenomeno: in Francia, Google si è impegnato a sostenere un fondo per l'editoria pur di poter utilizzare le informazioni dei giornali. Sarà lo stesso anche per noi?

 

Annarita Faggioni
 

Fonte: Ilsole24ore.com

Fonte immagine: Corriere.it


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