Catanzaro. Il ponte sulla Fiumarella compie 50 anni
Cultura e Spettacolo Calabria

Catanzaro. Il ponte sulla Fiumarella compie 50 anni

lunedì 29 ottobre, 2012

CATANZARO, 29 OTTOBRE 2012- 1962-2012. Il viadotto Morandi, ora Bisantis, simbolo di Catanzaro, compie 50 anni. Mia madre e io abbiamo cercato tra le foto di mio padre e abbiamo ritrovato con emozione 32 splendide fotografie che documentano tutte le fasi della costruzione, mettendole a disposizione del Prof. Nicola Chiriano affinché le utilizzasse per la mostra allestita al MARCA e per le altre iniziative organizzate in merito dal Comitato Ponte 50.

Pensando con affetto a mio padre, posso asserire che egli abbia puntato l’obiettivo sullo scenario del ponte non solo perché motivato dai molteplici interessi che lo inducevano all’approfondimento in ogni campo del sapere, quanto anche perché spinto da una forte attrazione verso i paesaggi e gli spazi aperti, anelito che caratterizzava una tendenza del suo spirito. Sarò sempre grata ai miei genitori per averci trasmesso in tal senso un imprinting che noi figlie ci portiamo dentro, non so se più per influenza genetica o più per la costante trasmissione di valori culturali che abbiamo ricevuto come un dono.[MORE]

Ogni volta che poteva, mio padre ci conduceva in alto, alla ricerca di squarci che si aprivano su ampie visuali, il cui fascino era spesso moltiplicato dall’incontro tra la montagna e il mare, peculiarità, questa, che rende la natura della Calabria suggestiva e incantevole. E suggestiva, incantevole, multi prospettica è di certo anche l’invidiabile posizione della nostra città.

Aveva voluto, mio padre, che il suo studio affacciasse sulla veduta del viadotto che sovrasta la vallata della Fiumarella e godeva dello spettacolo alzando lo sguardo nelle ore di lavoro, continuando a fotografare il ponte, soprattutto al tramonto. Prima dalla prospettiva della casa in via Turco, poi dal balcone della mia stanza, al quinto piano, su via Carlo V, che fossi distesa sul letto o seduta alla scrivania, l’elegante profilo architettonico del viadotto ha accompagnato la mia crescita, amplificando i sogni e le meditazioni errabonde della mia adolescenza. Ora, nella nostra dimora appoggiata lungo il pendio della collina adiacente alla vallata, io e mio marito viviamo in simbiosi con lo scenario circostante, partecipi, insieme ai figli, delle suggestioni che ci comunica.

Di là, la torre e il castello, l’antenna e il monte, che stagliandosi verso il cielo sembrano voler proteggere la città; via, via, i contorni definiti delle colline e delle case; dall’altra parte, l’ampio arco del Golfo di Squillace, al quale fa da contrappunto, al centro, l’arco del ponte, la cui tangente arditamente unisce i due colli in un voluttuoso abbraccio. La luce, gli spazi, l’ariosità sottolineata dalle linee svettanti dei pilastri assecondano il desiderio inappagato di libertà; ed intanto la percezione costante di un ronzio amico, generato dallo scorrere delle auto che percorrono fiduciose il nastro d’asfalto da una parte all’altra, dolce e ovattato sottofondo delle nostre giornate, scandisce il trascorrere del tempo.

E ogni sera, gli occhi e il cuore si rinnovano alla fiamma incandescente del tramonto, inseguono fino alla fine la palla infuocata che scompare dietro le colline facendo scintillare di riverberi rossi e arancio i parapetti di metallo e accendendo i lampioni ancora spenti; i sensi si appagano con stupore dei colori cangianti, sempre diversi, dell’imbrunire, mentre le sfumature viola e azzurre del cielo si riflettono sulle sagome che si trasformano; finché, nel buio illuminato dalla luna o puntellato dalle costellazioni, lo sguardo si sofferma pensoso, a volte inquieto, sul baratro oscuro circoscritto dall’arco (troppe volte testimone della disperazione umana), e, indugiando sugli effetti delle luci allineate (finalmente, di nuovo, bianche come un tempo!), si spinge fino al lampeggiare lontano, misterioso ma rassicurante, del faro di Punta Stilo.

Tutto questo cerco di comunicare ai miei figli, e agli alunni, che sono un po’ come figli anche loro: e cioè che la poesia si legge in noi stessi e nella realtà di ogni giorno, e, quindi, anche negli scorci e nei paesaggi che la nostra città continua amorevolmente a donarci malgrado i maltrattamenti urbanistici subiti, regalandoci spunti umani e culturali che ci arricchiscono interiormente se solo siamo capaci di amare e di vedere (non solo di guardare), con gli occhi e con il cuore appunto, la bellezza nel quotidiano, bellezza alla portata di tutti, a cui spesso, distrattamente, non si dà valore, ma che, invece, è capace di rasserenarci e, perché no, di renderci felici.

Anni fa, nel corso di un convegno in cui si parlava di architettura, poesia e filosofia, ebbi modo di ascoltare le demagogiche affermazioni di un architetto di fama, il quale dichiarò, in quattro e quattr’otto, che qui in Calabria il ponte Bisantis è una “cattedrale nel deserto”. Non avendo avuto l’opportunità di farlo contestualmente, rispondo al cattedratico e categorico luminare che il ponte Bisantis, oltre a essere stato, all’epoca della costruzione, opera ingegneristica ardita, era ed è utile, risponde compiutamente alla sua funzione ed è perfettamente integrato nel paesaggio, “è” esso stesso paesaggio e, per me e per qualcun altro come me, anche poesia…

Angela Maria Rossano


Autore
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