Giovanni Patari: poeta dialettale catanzarese
Cultura e Spettacolo Calabria

Giovanni Patari: poeta dialettale catanzarese

martedì 15 marzo, 2011

Catanzaro: 15 marzo – Giovanni Patari cultore  del dialetto catanzarese 
Per chi avesse ancora dubbi sull'importanza del dialetto, quale elemento cartterizzante dal punto di vista culturale e sociale di un territorio, abbiamo deciso di dare "voce" ad un testimone d'eccezione, cultore ed estimatore del dialetto catanzarese: Giovanni Patari.[MORE]

Giovanni Patari, nacque a Catanzaro nel 1866 ed era considerato un intellettuale poliedrico, a metà tra il poeta ed il giornalista satirico. Testimonianza ne furono i diversi giornali da lui fondati, in particolare “U monacheddu” del 1902, divenuto un cult per generazioni di catanzaresi. Alfio Bruzio (questo il più celebre degli pseudonimi del poeta), ha segnato la vita culturale di Catanzaro della prima metà del novecento. Giovanni Patari, studiò nel liceo Galluppi, dove, molti anni dopo insegnò. Laureatosi in Giurisprudenza, fu sviato dalla toga da Guido Mazzoni e Giuseppe Chiarini che lo proposero come professore a Ferdinando Martini. Per capire l’arte e la fortuna di Patari e comprenderne il ruolo significativo che, dai primi anni del ‘900, ricoprì nella città di Catanzaro, è opportuno considerare attentamente la sua biografia ed i suoi percorsi letterari.

Amico stimato di Giosuè Carducci, di Giovanni Pascoli, di Francesco Cilea, Giovanni Bovio, Antonino Anile, Edmondo De Amicis, Nicola Misasi, Michele Pane, Vittorio Butera, e molti altri, ha portato il dialetto catanzarese - comprendendone l'importanza - a livelli artistici mai raggiunti prima. Approdò alla poesia dalla cronaca: proprio dalla cronaca cittadina, dalla curiosità quotidiana, fino a pubblicare, all’età di soli 16 anni, “I muzzuni: prima ma ‘ncariscianu i sicarri”, un sonetto (purtroppo andato perso) scritto in occasione dell’aumento dei sigari (che gli consentì la notorietà in ambiti molto elevati). Nel 1883 comincia a pubblicare i suoi articoli sul corriere Calabrese, molti dei quali in dialetto catanzarese.

Più tardi, quando era ancora studente all’università di Napoli, cominciò a collaborare al periodico dialettale catanzarese "‘U Strolacu", che aveva come sottotitolo “Giornale del popolo serio e umoristico”; fu fondato e diretto (dal 1888 al 1893 ) da Raffaele Cotronei, che assunse lo pseudonimo di Lellè.‘U Strolacu nacque come settimanale; lo vollero in dialetto sia il suo fondatore sia Giovanni Patari e altri entusiasti intellettuali collaboratori.‘U Strolacu, era il primo settimanale dialettale calabrese, che pubblicava poesie in vernacolo e in italiano, novelle e bozzetti, aneddoti, sciarade e una diffusa cronaca locale attraverso gustosissimi dialoghi di popolane. Nell’agosto del 1892 pubblicava la poesia in lingua “Il bivio”; seguiranno in dialetto catanzarese “Dintra ‘u salona” e “Spara ‘a gloria”, dove il poeta si firma Mastr’Arcangelu. Nel marzo del 1893, sullo stesso periodico, vede la luce “A Simana Santa”, che comprende “I Tenabri”, “‘A Cena”, “I supurchi”, “L’Agonia” e aggiunge “Spara ‘a gloria”, che aveva già pubblicato un anno prima. Questa volta si firma Patra Giuanni. Evidentemente cattolico praticante visti i temi trattati.

A tal proposito, vogliamo parlare di un fatto che non molti sanno, Giovanni Patari, fino all’età d otto anni, a seguito di postumi di frattura complicata, usava le stampelle, ma queste vennero trovate appese, exvoto, ai muri del Santuario della Madonna di Termine (Pentone). Amante del suo dialetto e della cultura catanzarese, conosceva bene il dialetto e conservava tutte le espressioni del luogo natio, originarie, legate al sapore dell’invenzione fresca: come i modi di dire la cui lingua poi si appropriava, aggiungendoli a comuni denominatori, staccandoli dall’occasione della loro nascita. Egli sentiva che soltanto attraverso il dialetto si poteva e si può ancora stabilire un contatto con una sorta di lingua perpetua, passata quasi inconsapevolmente di bocca in bocca. Pubblichiamo proprio in dialetto una delle sue tante poesie in dialetto catanzarese:
 

L'AMURA DE 'U STUDENTA
- E trasatinda, Giulia, 'e su barcuna...

Mo cchi nda speri, dimmi, 'e su studenta?...

- Mamma, ca' chissu e' figghiu 'e 'nu baruna!

- Si, ma intra 'a sacca 'on hava propiu nenta.

- Si curiusa? e cchi boi ma mi duna?...

- Bonu, eu m'allegru si tu si cuntenta...

Ma a mia mi para nu malu dubruna,

Malu e birbanta, fora 'e cu mi senta!...

- Scusami, Rosinuzza, ma mi para

(Si non t'u dicu, Rosinuzza, scattu)

Ca minti u nasu duva 'on t'appartena...

- Ca chissu comu 'u poi, Giugiu', pensara?

Ava deci anni cchi ti vogghju bena...

Parri ppe bonu e sciurta ad atru 'u fattu!
(di Giovanni Patari)

Mario Sei

 

 

 

 


 


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