Il mio tour a Bangkok
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Il mio tour a Bangkok

lunedì 22 agosto, 2011

Un viaggio in Thailandia non può prescindere dai colori, i profumi e i sapori delle ricette locali. Sono andata a scuola di cucina da un’insegnante che sembra uscita da un romanzo.                                             Luogo delle lezioni: un villino sul fiume. Panorama: la capitale, una metropoli unica al mondo. [MORE]

 

A che cosa serve la vacanza con le amiche se non per togliersi tutti quegli sfizi che un uomo troverebbe tremendamente noiosi? E’ quello che abbiamo pensato io e Paola sul volo per Bangkok. Obiettivi comuni: prima di tutto imparare a cucinare thai, passione di entrambe, poi, naturalmente, affidarsi alle abili mani di una massaggiatrice e perdersi nella giungla con gli elefanti per ritrovarsi su una spiaggia immacolata. Atterrate, valigie alla mano, ci regaliamo subito un Jet Lag Massage alla Tria Spa. Tra un tè al gelsomino e le nostre chiacchiere che si confondono con i borbotti delle vasche idromassaggio, ci siamo già dimenticate di aver attraversato l’Oceano. La scelta del bed & breakfast Loy La Long, una vecchia casa di legno sul fiume Chao Phraya, ci risparmia la sindrome da Blade Runner che assale i principianti della capitale. Perché fare su e giù lungo i khlong, i canali, è molto più rilassante che sopravvivere alle sterzate dei tuk tuk, i caratteristici (ma impegnativi) taxi locali. E’ sull’acqua, nel villino galleggiante dell’Amita Thai Cooking Class, poi, che prepariamo il Phat Thai, gli spaghetti di riso con gamberetti e salsa di tamarindo, e altre delizie thai. Occhialini e chignon, la nostra insegnante Tam è la nonna che ho sempre sognato. Dosa alla perfezione le spezie, cura l’orto come se fosse un giardino, parla inglese e non si scompone se confondo il rafano con il tofu. La osserviamo, ci proviamo e assaporiamo le nostre creazioni, soddisfatte di esserci abbandonate al nuovo trend delle vacanze. D’altronde, come mi confessa la sera David Thompson, lo chef stellato del Ristorante Nahm: “I thailandesi quando non mangiano comprano il cibo, quando non comprano il cibo cucinano, quando non cucinano dormono. Sognando di mangiare”.
Ce ne accorgiamo anche al Pak Khlong Market, il più grande mercato dei fiori di Bangkok. Qui, tra i petali del loto e le orchidee, spuntano zuppe servite in strane tazze a cono. Non ci resta che seguire le usanze locali: la dieta, per fortuna, non è contemplata tra i nostri obiettivi! Prima di lasciare la città c’è tempo per un ultima emozione metropolitana: noi due, un drink, il sessantunesimo piano del Vertigo & Moon Bar e la scintillante Bangkok ai nostri piedi. Poi con meno di un’ora di volo, raggiungiamo il ferry-boat che ci attende al porto di Trat, destinazione Ko Chang. Ci bastano 90 minuti di massaggio tradizionale alla Spa dell’Amari Emerald Cove Resort, una passeggiata sulla spiaggia di Klong Prao e un’immersione a Kai Bae per capire che questo arcipelago di oltre 50 atolli è diverso dagli altri. Seconda per dimensione solo a Phuket e protetta da un parco nazionale che abbraccia rigogliose foreste pluviali e baie tropicali ricamate dalle palme da cocco, Ko Chang è un sogno. Da vivere. Iniziamo l’avventura a sud, nella giungla di Bang Bao, mettendo a dura prova le nostre vertigini tra ponti sospesi e altalene stile Tarzan al Tree Top Adventure Park. Più soft, ma altrettanto tremolante, il tour a dorso d’elefante nell’area naturale di Baan Chang Thai, con gli intricati sentieri e le rinfrescanti cascate di Nang Yom. Qui parto a mani vuote e torno con un fungo rosso, due curiose radici e un mazzetto di foglie. Il tutto, ovviamente, commestibile.

Nel campo, ci informa con una certa enfasi il gestore, si organizzano romantici matrimoni religiosi con rito buddista. Anche questo, però, non è nei nostri programmi. Invece, ecco i due chilometri d’acqua punteggiati di mangrovie che, dal villaggio di pescatori di Baan Salak Khok, si gettano nel mare. Li percorriamo al tramonto a bordo di piccole canoe, in compagnia del guizzo dei pesci. Da questo momento, solo spiaggia. Sabbia come farina, un’altalena dove torno bambina e un mare che più limpido non si può. Il mio angolo preferito è Pearl Beach, sulla costa occidentale. Ma mi innamoro anche dei posti vicini. Il nostro rifugio, con piscina tra le palme, bungalow ecochic e una cucina da 10 e lode, è il Pubpla Retreat a Ko Mak. Dopo qualche giorno torniamo a casa: abbronzate, rilassate e cuoche provette. Alla fine, a pensarci bene, qualche sfizio se lo toglierà pure l’uomo che ci aprirà la porta di casa!


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