Riparte la stagione della denuncia contro il finanziamento illecito ai partiti?
MILANO, 27 AGOSTO 2011. La macroindagine sullo scandalo della corruzione nell’amministrazione comunale di Sesto san Giovanni (Mi) che vede indagati personalità di spicco della politica e dell’economia tra cui l’ex sindaco di Sesto e presidente della provincia di Milano Filippo Penati (ne parla la nostra Ingravallo in altra parte di Info Oggi), svela l’esistenza di un intricato modello di finanziamento alla politica, probabilmente illecito, che rischia di portare di nuovo all’attualità il tema dei costi della politica e del rischio di distorsioni nella gestione della cosa pubblica. [MORE]
Sui giornali di oggi, al di là delle righe caustiche dei quotidiani di area di destra, appaiano delle amare riflessioni circa il significato politico della vicenda Penati anche da parte di giornalisti molto vicini al Pd. Antonio Polito, già senatore del Pd nella passata legislatura e direttore de Il Riformista, in un editoriale apparso sul Corriere della Sera mostra di credere che la reale cifra dell’affaire Penati non sia nell’illecito arricchimento a fini personali di un amministratore locale del Pd quanto nella portata sistemica del modello di gestione del comune di Sesto San Giovanni, integrato in un sistema di finanziamento della politica con ramificazioni anche a livello nazionale.
Nonostante la tesi del gip di Monza, nell’escludere la presenza di una fattispecie di concussione nel comportamento di Penati e dello stretto collaboratore Vimercati e nell’ammettere il ricorrere della sola corruzione per la quale è scattata la prescrizione, sembri indebolire l’idea di una dimensione sistemica del finanziamento illecito alla politica, le carte depositate dai pm brianzoli raccontano l’esistenza di un sistema complesso di rapporti tra soggetti politici ed economici che parte dalla gestione della riqualificazione dell’area Falk (5,6 milioni di metri quadrati) e arriva fino all’acquisizione dal gruppo Gavio da parte della provincia di Milano di quote sovrapprezzate dell’autostrada Milano Serravalle, passando per il coinvolgimento di uomini vicino ai vertici nazionali del Pd e alle cooperative rosse.
Polito si sofferma sulla definizione che i pm danno della gestione del comune di Sesto definito come «direttorio finanziario democratico» chiedendosi se un tale modello sia applicato in altre realtà locali o nazionali. A rincarare la dose dell’amarezza interviene anche l’attuale direttore del riformista, lo storico dirigente migliorista del Pci Emanuele Macaluso che, nel difendere la storia di Sesto San Giovanni e dei suoi sindaci, e quindi la storia del movimento operaio che proprio in Sesto ha uno degli episodi più fulgidi, si dichiara convinto dell’onestà di tutti gli uomini che nel dopoguerra hanno guidato il comune del milanese, ma non persuaso circa la trasparenza della gestione di Penati. Quella del direttore del Riformista è soprattutto la denuncia di un profondo conoscitore della politica e della sua macchina organizzativa che si dichiara disincantato al cospetto dell’opaco modello di finanziamento dei partiti attualmente vigente, in cui non è facile svelare il condizionamento di gruppi privati sul funzionamento delle istituzioni.
Nei giorni in cui si decantano provvedimenti contro la casta che in verità non assumono altri contorni che quelli degli slogan e dei meri simboli (cancellazione delle province meno popolate e dei micro comuni, dimezzamento dei parlamentari), forse è arrivato il momento di avviare una seria riflessione circa l’effettivo funzionamento della macchina politica, il suo reale produrre opportunità di crescita per la società nel suo complesso, piuttosto che sigillare alleanze di potere a vantaggio dei soliti gruppi di interesse.
I veri costi della politica, che si misurano non solo in base alla potenziale riduzione dei costi della macchina burocratica ma anche in virtù della sottrazione morale e spirituale di opportunità di crescita alla società che derivano dall’intreccio di interessi tra partiti e comitati di affari, sono i costi di un sistema politico che si chiude in sé stesso e che non dialoga più con le persone in carne ed ossa. Solo un’analisi profonda e un’autocorrezione dei propri difetti di funzionamento da parte degli attuali attori politici può creare dividendi collettivi per un reale rilancio dell’Italia, al di là degli slogan di maniera circolanti.
Emiliano Colacchi
Nella foto Pza S.Giovanni a Roma in occasione di una riunione politica
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