"Il vizio della speranza" di Edoardo De Angelis: quel vizio che può cambiare ogni cosa
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"Il vizio della speranza" di Edoardo De Angelis: quel vizio che può cambiare ogni cosa

lunedì 26 novembre, 2018

NAPOLI, 26 NOVEMBRE 2011 - “Senza la speranza è impossibile trovare l’insperato” sosteneva Eraclito. Ma ne Il Vizio della Speranza, ultima fatica di Edoardo De Angelis, è anche vero il contrario: a volte è l’insperato ad alimentare la speranza.

C’era una volta Castel Volturno, un luogo dimenticato da Dio, nel quale (soprav)vive una “principessa” di nome Maria (Pina Turco): sguardo duro, passo da soldato e un pitbull per amico.

Maria è stata ripescata in mare da bambina dopo aver subito un abuso che le ha lasciato segni indelebili fuori e dentro, privandola della possibilità di concepire. Per un macabro scherzo del destino trascorre le sue giornate traghettando donne di colore sul Volturno, che affittano il loro utero per sopravvivere e arricchire il business di una vecchia tossicomane ingioiellata e senza scrupoli.

La fuga di una giovane prostituta nigeriana per potersi tenere il bambino che porta in grembo e la scoperta miracolosa di una gravidanza inaspettata, però, cambieranno Maria per sempre, rendendole impossibile continuare" a fare quello che faceva" 

In questa favola nera, De Angelis, torna a parlare di realtà  dimenticate,  al limite del surreale, geograficamente vicine quanto umanamente distanti. Questa volta la scelta è ricaduta su Castel Volturno, decolorata a tal punto da sembrare quasi in scala di grigi:  il cielo sempre coperto, il fiume Volturno si fa strada tra i cumuli di rifiuti e inumidisce le baracche che si ergono sulle sue sponde.

 

Il regista, ancora una volta, si mostra maestro nel far combaciare gli animi dei  personaggi al territorio che abitano: così come la terra sotto i loro piedi, anche i volti dei protagonisti infatti, sono abbandonati a se stessi, impregnati di rassegnazione, assuefatti dall’ineluttabilità della loro mediocre esistenza. In questa terra di nessuno e di tutti, non ci sono regole, non ci sono diritti, non ci sono  vie d’uscita, solo conti da saldare. Persino il male è diventato banale: un’orrida routine dalla quale non si tenta nemmeno di uscire. Non c’è pietà o empatia, e in questo quadretto malsano,  tra traffico di droga e prostituzione, si aggiunge quello delle “mamme schiave”, ridotte a “forni clandestini" per  clienti in cerca di bebè.

 

Così come in Indivisibili , anche ne Il Vizio della Speranza, De Angelis mette in primo piano quella forza e quella delicatezza di cui solo le donne sono capaci, e le trasforma in energia per far luce laddove il buio sembra perpetuo e senza redenzione.

 

In questo gineceo di anime perdute con lo sguardo sempre rivolto verso il fango, sono tre le figure femminili che provano ad alzare la testa e guardare il cielo: Fatima, Virgin e Maria,  la sacralità dei loro nomi è un chiaro riferimento al nome della Madonna, donna e madre per eccellenza.

 

Le vite di queste tre donne in qualche modo s'influenzano e s'intrecciano : Fatima instilla in Maria il pensiero che una via di fuga è possibile, che la maternità è un diritto imprescindibile, che " o’ bene re’ figlie song‘e mamme". Grazie a Virgin e ad un suo amico giostraio, invece, Maria scopre che l’ umanità è qualcosa che ancora resiste persino in quell’Inferno di mostri.

 

Da questo momento, nulla sarà più lo stesso, perché "questa stronzata della speranza" può essere seppellita sotto un fiume tossico di rifiuti, può essere sopita per anni, ma quando si riaccende, il suo fuoco può solo espandersi.

 

De Angelis sceglie di chiudere la sua favola nera senza troppi intrighi, senza scaltri colpi di scena,  sembra quasi che basti la determinazione di Maria a voler cambiare le cose a farle cambiare.

 

Il poco tempo a disposizione per insegnare al suo piccolo in grembo la differenza tra “sporco” e “pulito” (quel pulito che non si trova), il desiderio di riuscire a cullare quella nuova vita simbolo di speranza, bellezza, e voglia di ricominciare bastano,  per trovare la forza di aprire la porta della gabbia e “cavalcare” verso il mare, senza voltarsi più indietro.

 

 

Lingua originale: taliano, napoletano

  

Paese di produzione: Italia

  

Anno    2018

  

Durata    90 min

  

Genere    drammatico

  

Regia    Edoardo De Angelis

  

Soggetto    Edoardo De Angelis

  

Sceneggiatura    Edoardo De Angelis, Umberto Contarello

  

Distribuzione (Italia)    Medusa Film

  

Fotografia    Ferran Paredes Rubio

  

Montaggio    Chiara Griziotti

  

Musiche: Enzo Avitabile

  

Scenografia:Carmine Guarino

  

Interpreti e personaggi

  

Pina Turco: Maria

  

Massimiliano Rossi: Pengue

  

Marina Confalone: Zi' Mari

  

Cristina Donadio: Alba

  

Marcello Romolo: Dottore

  


 Recensione di Marcella Cerciello (Cinemarcy Blog)




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