InArt - Out of Work, intervista 5x3
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InArt - Out of Work, intervista 5x3

domenica 6 ottobre, 2013

MILANO, 6 OTTOBRE 2013 - 5x3 = Cinque domande per tre storici dell’arte, Lorenzo Peroni, Costanza Barbera, Michela Clerici, gli ideatori del progetto no budget “Out of work”, una collettiva visitabile fino al prossimo 22 ottobre negli spazi polivalenti di Via Benaco 1, sede dell’associazione di promozione sociale “Ohibò” – affiliata ad ARCI (Associazione Ricreativa e Culturale Italiana).
La crisi libera la creatività, a conferma della forza vitale di cui è portatrice, che si alimenta con coraggio perfino in tempi oscuri, come quelli che il nostro Paese sta attraversando, lanciando bagliori di fiducia e di ottimismo, attraverso soluzioni innovative.
Ne sono convinti i tre giovani curatori della presente mostra, che accoglie le istanze e la sfida di altrettanto giovani pittori, fotografi, illustratori, preclusi al sistema dell’arte contemporanea, puntando i riflettori sulla drammatica situazione lavorativa in Italia, sul precariato e le difficoltà di una generazione.

Lorenzo Peroni, Costanza Barbera, Michela Clerici hanno risposto alle domande di infooggi.it

“Out of work” porta in scena nove artisti più o meno emergenti. Trovo interessante il fatto che una rassegna possa dare voce a un’inchiesta artistica. Com’è nato il progetto?
Insieme: “Il progetto è nato in un periodo in cui tutti e tre - al tempo impegnati in stage e lavori occasionali – sentivamo l’esigenza di denunciare e raccontare quella che era ed è la nostra situazione lavorativa, non certo isolata anzi, oggi comune alla maggioranza dei giovani. Abbiamo studiato insieme Storia dell’Arte e allora quale mezzo migliore se non quello di una mostra che illustri attraverso le immagini il problema?!?! Un progetto quindi per far sentire la nostra voce, ma anche per impiegare le nostre forze in qualcosa che ci piacesse davvero e ci permettesse di mettere in pratica le nostre competenze, sperimentandoci nel settore dell’arte”.
E aggiunge Lorenzo: “Se avessimo voluto lavorare in un call center non avremmo studiato diecimila anni”.
 

Come state vivendo questa esperienza e quale risultato vi aspettate?
Lorenzo: “È stato estremamente incoraggiante e appagante vedere il riscontro più che positivo di chi ha collaborato con noi e di chi è venuto a visitare la mostra. Personalmente non so cosa aspettarmi a questo punto, c'è ancora del lavoro da fare e potrebbe portarci in direzioni molto diverse a seconda di come decideremo di gestirlo”.
Costanza: “Sicuramente è ed è stata fin dai primi passi un’esperienza stimolante, curiosa e divertente. Per quanto mi riguarda sono molto soddisfatta del rapporto che si è creato con tutti gli artisti, dei loro lavori, del loro entusiasmo e della loro professionalità. La loro risposta a questo progetto è già un risultato molto importante”.
Michela: “E’ stata per me un’esperienza particolarmente impegnativa, essendomi trovata a dividere il tempo che era necessario dedicarle, con quello destinato ad altri due impieghi - di carattere rigorosamente temporaneo e, per restare in tema, precario - per i quali in precedenza mi ero resa disponibile. Questo, che si poterebbe definire un limite, si è però rivelato, al tempo stesso, quasi una risorsa. Mi ha fatto apprezzare, a pieno, quanto fosse, al confronto, entusiasmante e ricco di stimoli svolgere un’attività creativa di squadra, legata agli studi e al mio percorso formativo-lavorativo. In una parola: mi ha dato tanta carica emozionale e motivazionale da riuscire a superare ogni difficoltà pratica. Già questo lo considero un risultato. Per il futuro chissà…”

Quale visione avete del mercato dell’arte?
Lorenzo: “Il mercato dell'arte è chiuso su se stesso e vive un momento di rara staticità: il nuovo non interessa. Non si vuole e/o non si possono investire risorse. C'è del garantismo. In parte è giustificabile, in parte le furberie dei soliti noti, o meno, mi fanno storcere il naso e alzare gli occhi al cielo”.
Costanza: “La mia visione è molto parziale e purtroppo limitata dal momento che non ho avuto la possibilità di approfondire più di tanto, a differenza di Lorenzo forse. Tuttavia, lo vedo come un mercato distante e difficile da raggiungere”.
Michela: “La mia conoscenza del mercato dell’arte contemporanea è, per la verità, assai limitata. L’esperienza lavorativa più importante, in qualche misura connessa, l’ho avuta nel settore dell’editoria d’arte, principalmente di arte moderna, medievale e classica. Condivido quanto afferma Lorenzo sulla staticità e chiusura del mercato dell’arte contemporanea. A mio avviso, non c’è volontà di rischiare, di affrontare il nuovo. Non diversamente, per quanto riguarda il patrimonio artistico del Paese, staticità e chiusura si manifestano attraverso l’assenza di progetti, promozioni e investimenti”.

Nella morsa della crisi attuale assistiamo a un crescente svuotamento di risorse interne, per quale ragione non lascereste l’Italia?
Lorenzo: “Lavare i piatti in inglese mi comporta il doppio dello sforzo”.
Costanza: “Io il Paese l’ho lasciato, a dire il vero, non per molto certamente (poco meno di un anno) e lo rifarei se tornassi indietro, e magari anche in futuro, ma vorrei che fosse una scelta, non una necessità, come raccontano in mostra la storia e gli scatti della fotografa Francesca Barichello. È molto triste pensare di lasciare il proprio Paese perché non ci sono prospettive, pensare di andar via non perché si vuole ma perché non si può fare altrimenti, io qui ho le mie radici e la mia storia, vorrei anche il mio futuro”.
Michela: “Come Costanza, anch’io sono stata a Sidney per sei mesi, dove ho studiato e lavorato. La prospettiva era quella di acquisire un bagaglio di conoscenze e di esperienza che mi servissero in genere nella vita, anche lavorativa, nel mio Paese. Pensavo infatti e penso tuttora - nonostante le tante difficoltà - che per una giovane laureata in storia dell’arte medievale (come me) l’Italia fosse il migliore dei mondi possibili per un’occupazione lavorativa nel settore. La ragione non può che essere a tutti evidente. Perché non lascerei l’Italia? Giusta la premessa, lasciare l’Italia vorrebbe dire accontentarsi, ovvero prendere in considerazione altri indici di gradimento che non siano la ricchezza, la varietà e l’unicità del patrimonio artistico nazionale”.

Mai senza…
Lorenzo: “I miei vinili”.
Costanza: “Due forcine per capelli”.
Michela: “Il progetto di un viaggio… con biglietto di andata e ritorno”.

 

«Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.
La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi.
La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura.
E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.
Chi supera la crisi supera se stesso senza essere “superato”.
Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento
e dà più valore ai problemi che alle soluzioni.
La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza.
L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie d’uscita.
Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia.
Senza crisi non c’è merito.
E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze.
Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo.
Invece, lavoriamo duro.
Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla
».
(Cit. Albert Einstein)


(Immagini: su gentile concessione dei curatori alcune opere in mostra; in evidenza, invito, “Oporto”, di Fra.Biancoshock, 2013, cm 70x50, Stampa fotografica (particolare); “Attesa”, di Francesco Speranza, 2013, cm 60x40, Illustrazione digitale; “Senza titolo”, di Valeria Mottaran, 2013, cm 30x40, Stampa fotografica)[MORE]


Domenico Carelli

 


Autore
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