La fecondazione artificiale
Parola e Fede

La fecondazione artificiale

martedì 12 giugno, 2012

Oggi risponde alla domanda di Marisa il sacerdote Francesco Brancaccio, docente presso l’Istituto Teologico “Redemptoris Custos” di Cosenza.

D. Io e mio marito siamo sposati da 6 anni, ancora senza bambini. Come si pone la Chiesa nei confronti dell'inseminazione artificiale? Grazie. Marisa da Caserta

R. Cara Marisa,

la valutazione etica degli interventi biomedici sulla procreazione, condotta dalla ragione illuminata dalla fede, non può essere racchiusa nel breve spazio di questa rubrica. Posso darti però alcuni riferimenti essenziali, tratti da due documenti ecclesiali che sintetizzano i fondamenti e le applicazioni della questione. Mi riferisco a due Istruzioni della Congregazione per la Dottrina della Fede: Donum Vitae (1987) e Dignitas Personae (2008). Per ogni approfondimento puoi accedere direttamente a queste fonti.

«Per quanto riguarda la cura dell’infertilità, le nuove tecniche mediche devono rispettare tre beni fondamentali: a) il diritto alla vita e all’integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento fino alla morte naturale; b) l’unità del matrimonio, che comporta il reciproco rispetto del diritto dei coniugi a diventare padre e madre soltanto l’uno attraverso l’altro; c) i valori specificamente umani della sessualità, che “esigono che la procreazione di una persona umana debba essere perseguita come il frutto dell’atto coniugale specifico dell’amore tra gli sposi”» (DP 12).

«Alla luce di tale criterio sono da escludere tutte le tecniche di fecondazione artificiale eterologa e le tecniche di fecondazione artificiale omologa che sono sostitutive dell’atto coniugale. Sono invece ammissibili le tecniche che si configurano come un aiuto all’atto coniugale e alla sua fecondità» (DP 12). In altri termini non sono conformi ai valori cristiani del matrimonio e della sessualità le tecniche che prevedono il ricorso a gameti provenienti da donatori esterni alla coppia. Sono accettabili le tecniche di «inseminazione artificiale omologa… in cui il mezzo tecnico risulti non sostitutivo dell’atto coniugale, ma si configuri come una facilitazione e un aiuto affinché esso raggiunga il suo scopo naturale» (DP 12, DV II,B,6).[MORE]

«Oltre a queste ragioni di principio, sono poi alcune circostanze concrete nella applicazione delle ART [tecniche di riproduzione artificiale], alla luce delle attuali possibilità tecniche, ad aggravare il giudizio etico negativo su di esse. Tra queste, vogliamo ricordare soprattutto l'enorme numero di embrioni umani persi o distrutti in seguito a queste procedure, una vera "strage degli innocenti" dei nostri tempi: nessuna guerra o catastrofe ha mai causato tante vittime. Accanto ad essi, vi sono anche gli embrioni che, per varie ragioni, finiscono per essere crioconservati; essi, se rifiutati dai committenti, "rimangono esposti a una sorte assurda, senza possibilità di offrire loro sicure vie di sopravvivenza lecitamente perseguibili"» (Pontificia Accademia per la Vita).

Non in ultimo sono da tenere presenti le conseguenze o i rischi per la salute psico-fisica della donna e del nascituro, eventualmente connessi alle tecniche impiegate. Non è lecito che questi risvolti siano sproporzionati rispetto all’obiettivo della fecondazione. E’ dovere dei genitori ottenere le informazioni più complete rispetto a tutte le possibili implicazioni delle tecniche a cui si sottopongono. «L'atto medico non dev'essere valutato soltanto in rapporto alla sua dimensione tecnica, ma anche e soprattutto in relazione alla sua finalità, che è il bene delle persone e la loro salute corporea e psichica» (DV II,B,7).

Al di là della valutazione sulle tecniche biomediche, permane come dato di fatto la sofferenza e il sacrificio che sono causati agli sposi dall’impossibilità o dalla difficoltà di mettere al mondo un figlio. Il loro desiderio «esprime la vocazione alla paternità e alla maternità inscritta nell'amore coniugale» (DV II,B,8). Certo, non si può parlare di un “diritto” degli sposi ad avere un figlio, perché un figlio non è l’oggetto di un diritto altrui, ma è piuttosto il soggetto del diritto «di essere il frutto dell'atto specifico dell'amore coniugale dei suoi genitori» e di «essere rispettato come persona dal momento del suo concepimento» (DV II,B,8). A volte la sofferenza dei genitori resta quindi irrisolvibile e nessuno può pretendere di immedesimarsi pienamente in essa dall’esterno.

È chiaro che l’impossibilità di procreare non sminuisce il valore del matrimonio, dell’amore dei coniugi e della loro vocazione, ma la sofferenza per un figlio atteso resta una dura prova. E la prova può essere pienamente vissuta solo nella fede, che permette di unire ogni sacrificio personale alla croce di Cristo, croce che genera amore, forza, redenzione, salvezza. Una prova che per gli sposi cristiani diventa missione: missione di testimoniare Cristo anche nel sacrificio e di assumersi responsabilità di bene nella Chiesa e nel mondo. Una prova che può spingere a una preghiera fiduciosa, nascosta, sofferente, affidata alla maternità della Madre della Redenzione, la Vergine Maria, nella certezza che il Signore non lascia mai inascoltati i gemiti di chi si affida a lui e li accoglie secondo il bene più grande che solo Lui conosce.

Marisa, la tua questione può essere illuminata solo dalla luce del Signore e dal suo Spirito. Le parole di spiegazione sono importanti e a volte necessarie, ma lo Spirito, che porta al cuore la percezione della verità e dell’amore di Cristo, è oltre le parole. Invochiamolo con fiducia, anche per persone che nella tua stessa situazione non riescono a confrontarsi con la fede. Sia lo Spirito del Signore, attraverso il Vangelo e la croce di Cristo, a donare verità e pace nei nostri cuori e infonderci la forza di vivere la nostra missione nelle concrete situazioni della nostra vita.

Sac. Francesco Brancaccio


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