BARI, 12 GIUGNO - Nella consueta girandola post-elettorale che vede partiti e partitini ricucirsi presunte vittorie ed addebitare ai propri avversari altrettante presunte sconfitte, c’è un dato che dovrebbe riflettere ma continua ad essere trascurato: quello di un astensionismo che rischia ormai di divenire addirittura maggioranza del Paese.[MORE]
Si tratterebbe a prima vista di un autentico paradosso. Senonchè, il divenire politico sembra essersi attestato su un immobilismo che ignora il rifiuto costante di una grossa fetta del Paese rispetto agli appuntamenti elettorali (e cruciali) , nascondendosi appunto dietro presunti successi e contemporanee soddisfazioni a discapito dei flop avversari. Questo è il nodo politico della contemporaneità (da risolvere): ricercare le radici alla base della disaffezione del cittadino e della dissoluzione sociale rispetto ad una politica nella quale si fatica a credere ed ancor più ad identificarsi. Come un nomade abituale, che lascia casa propria per non tornare più, salvo eventuali fuori programma, nei quali la democrazia diviene non più regola ma mera eccezione e semplice contorno di vita.
Così, anche quest’anno il partito degli astensionisti amplia ed allarga le proprie maglie, a spese di un sistema partitico a corto di consensi. Ed è su questo che andrebbe operata una riflessione, non solo da parte della stessa opinione pubblica, ma dal sistema politico nella sua complessività, chiamato a trovare risposte a domande sempre più incandescenti ed in tempi sempre più stretti.
Se l’avvento di M5S ha decretato nel Belpaese la concezione di trasformare (in alcuni casi) l’astensionismo in voto di protesta, avulso da ideologie e distinzioni partitiche, pare ora che il complessivo sgonfiamento del grillismo riporti le lancette del tempo ad un astensionismo senza pari, ed addirittura sopra la metà dell’elettorato 'consapevole' in città clou come Genova, terra del leader M5s.
Certo, è bene obiettare (giustamente, d’altra parte) come il dato amministrativo debba comunque necessariamente circoscriversi a realtà locali e spesso variegate rispetto al panorama nazionale. E’ il caso di quanto accaduto nella tornata di ieri: poiché sgonfiamento del grillismo non equivale a definitivo tramonto di una compagine che stando ai sondaggi resta la prima forza del Paese, in un tripolarismo confusionario ed attanagliato dalla malattia peggiore della democrazia, insita in quell’astensionismo che la politica mira troppo spesso a nascondere, nonostante analisi futili e spesso di circostanza.
La chiave del rilancio del Paese starebbe invece in una attenta valutazione del fenomeno astensionista, nel tentativo di catalizzare il rapporto cittadino-istituzioni, sempre più ai ferri corti dopo delusioni ed avvento di populismi che inneggiano alla paura e molto spesso ad un disfattismo claustrofobico e non necessarimente corrispondente alla realtà reale, poiché ognuno (populisti compresi) ha la (realtà) propria.
Ai presunti vincitori di una tornata elettorale stranamente silenziosa, posta in secondo piano a vantaggio del tragicomico fallimento sulla legge elettorale, il compito di ricordare le domande giuste, e possibilmente di trovare risposte concrete e di richiamo al senso civico ed ai valori di una democrazia che avrebbe bisogno di tutti. Soprattutto della maggioranza astensionista. Quella maggioranza silenziosa, capace di regnare solitaria rispetto ai silenzi assordanti della politica nazionale.
foto da: infooggi.it
Cosimo Cataleta
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