Takata: leader mondiale di airbag dichiara bancarotta
Economia Campania

Takata: leader mondiale di airbag dichiara bancarotta

lunedì 26 giugno, 2017

TOKYO, 26 GIUGNO – Arriva all’epilogo uno dei maggiori scandali della storia automobilistica: al termine del consiglio di amministrazione, tenuto all’alba a Tokyo, il produttore giapponese di Airbag Takata ha richiesto formalmente la procedura di fallimento al tribunale di Tokyo e negli Stati Uniti.[MORE]

La causa, il numero crescente di indennizzi a livello globale che hanno provocato una perdita netta di oltre 700 milioni di dollari. I debiti totali accumulati dall’azienda hanno raggiunto l’equivalente di 8,03 miliardi di euro, che includono i costi sostenuti dai produttori di auto per gli airbags difettosi. Si tratta della maggiore insolvenza mai registrata da una società nipponica.

Fino all’ultimo Takata aveva tentato di evitare il ricorso alle procedure fallimentari, ma l’intesa con le Case automobilistiche, che hanno sostenuto anticipatamente i costi dei richiami in officina, si è rilevata impossibile. In un comunicato, il presidente e amministratore delegato dell’azienda ha annunciato le dimissioni scusandosi con creditori.

Nata nel 1933 e controllata dalla famiglia del fondatore, Takata è diventata, negli ultimi decenni, uno dei principali produttori mondiali di componentistica per la sicurezza. Nel 2013 erano iniziati richiami dovuti al malfunzionamento dei dispositivi che hanno provocato l’aumento dei costi dei risarcimenti. La situazione ha iniziato a precipitare verso la fine del 2014, quando alcuni incidenti negli Stati Uniti connessi agli airbag a rischio di esplosione in condizioni estreme hanno provocato la morte di sei persone: alcuni degli airbag di Takata disponevano di meccanismi di gonfiaggio difettosi che espandendosi con troppa forza rilasciavano schegge di metallo. Nel maggio 2015 la National Highway Traffic Safety Administration raddoppiò l’ordine di richiamo a ben 33,8 milioni di vetture. In totale, oltre 50 milioni di auto sono state richiamate a livello globale da diverse compagnie automobilistiche per il problema degli airbag,al quale sono collegati 16 incidenti mortali; circa 100 milioni gli airbag da sostituire. Solo a fine 2015 Takata annunciò che non avrebbe più prodotto airbag con tecnologia basata sul nitrato di ammonio. Nel gennaio di quest’anno Takata raggiunse un settlement da un miliardo di dollari negli USA.

Il destino della Takata è segnato: travolta dallo scandalo degli airbag difettosi, l'azienda giapponese ha dichiarato bancarotta sia nel proprio Paese che negli Stati Uniti, e ha trovato un accordo per la cessione dei propri assets alla rivale americana Key Safety Systems, oggi parte del gruppo cinese Ningbo Joyson Electric Corp., per 175 miliardi di yen ( 1,59 miliardi di dollari). Secondo le informazioni diffuse da Automotive News, l'acquisto sarà formalizzato all'inizio del 2018 per una cifra di circa 1,59 miliardi di dollari, pari a quasi 946 milioni di euro, ma non includerà tutte le attività dell'azienda e in particolare alcuni dei settori coinvolti nei richiami. È prevista l'apertura di un nuovo centro di controllo a Tokyo, mentre non sarebbero in pericolo i posti di lavoro.

La notizia della bancarotta, già nell'aria da giorni, mette il punto fine a una crisi iniziata nel 2008 con un richiamo della Honda e costata la vita fino a oggi a 16 persone, con altri 180 feriti accertati. La causa va ricercata nel sistema di apertura dei cuscini con nitrato di ammonio. Dopo anni di analisi, falsi test truccati e cause, la Takata si è dichiarata colpevole: nei mesi scorsi le è stata comminata una multa di 1 miliardo di dollari, ma è ancora impossibile calcolare l'ammontare dei danni che l'azienda dovrà realmente pagare.

Secondo alcuni analisti una cifra di 10 miliardi di dollari potrebbe essere realistica, considerando anche le compensazioni dovute alle case automobilistiche coinvolte (19 in totale). I numeri del richiamo sono da record: oltre 100 milioni di veicoli affetti da problemi dal 2008, con aggiornamenti sulle vetture che potrebbero terminare solo nel 2019.

Fonte immagine:kemprugegreen.com

Alessia Panariello

 


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