Tradizioni e fede come luoghi di conoscenza e incontro attraverso lo Spirito del Vangelo
"La spir@le della conoscenza" Lazio

Tradizioni e fede come luoghi di conoscenza e incontro attraverso lo Spirito del Vangelo

sabato 24 agosto, 2013

ROMA, 24 AGOSTO 2013 – La conoscenza, nell’accezione più ampia e completa del termine, può essere definita come la reinterpretazione, o meglio la corretta ricollocazione di informazioni in un dato campo o contesto. Tutto diventa conoscenza e accresce la conoscenza personale e umana, se alla fonte vi è lo spirito di condivisione. Sicuramente, anche le tradizioni sono “conoscenza”, fatte di piccoli e grandi gesti e di abitudini, non da intendersi solamente come tali, ma da riproporsi anche come testimonianza e assimilazione di una lunga memoria biblica e agiografica. [MORE]

Vive ancora in Italia, cresciuta sullo stesso terreno della religione cristiana, una ricca componente di preghiere, di canti e di tradizioni religiose nate per opera spontanea del popolo nel corso dei secoli.
Se da un lato si possono cogliere le evidenti differenze fra preghiere e canti strettamente liturgici e quelli più spiccatamente popolari, seppur sempre di ispirazione religiosa, dall’altro non si deve nascondere una palese verità: essi coesistono nella vita religiosa del nostro popolo e, spesso, la parte di creazione puramente popolare si mescola così intimamente alla parte religiosa dettata dalla Chiesa che non è possibile separarle in modo netto.
Le tradizioni e i canti della nostra gente non rappresentano semplicemente una nota folcloristica del costume di un popolo, ma ne svelano e contemporaneamente ne educano l'anima profonda, “inculcando” nel popolo alcune verità fondamentali come il senso dell'oltretomba, il valore comunitario della musica e del canto sacro. Si tratta di un patrimonio “religioso”, “culturale”, e contemporaneamente, anche se a suo modo, “artistico”, costitutivo della nostra identità storica.
Giovanni Paolo II ha sapientemente sintetizzato tali aspetti con queste parole: «La fede tende per sua natura ad esprimersi in forme artistiche ed in testimonianze storiche aventi un’intrinseca forza evangelizzatrice e valenza culturale».

Il fatto che stiamo vivendo un’epoca di forte evoluzione non ci deve far dimenticare, infatti, la realtà storico-religiosa dalla quale veniamo, per meglio comprendere non come novità, ma piuttosto come seguito, i cambiamenti in atto anche oggi.
La preghiera liturgica della Chiesa nel corso dei secoli ha formato profondamente il popolo di Dio plasmandone la spiritualità e formandone la preghiera e le tradizioni. Il succedersi dei tempi liturgici e delle festività annuali ne hanno ritmato la vita e le tradizioni, creando un terreno stupendo per il germogliare di mille avvenimenti e usanze, segnando così l’evolversi di una spiritualità popolare a volte talmente tenace e profonda da sfidare i secoli.
Le “devozioni” sono divenute così amplificazione della Liturgia, espressione di una fede di secoli a cui ogni fedele ha dato il suo contributo e a cui si sente affezionato in quanto rappresentano un legame vivo con la sua storia, quella della sua famiglia, e dei suoi avi: in una parola, la sua tradizione che ha l’emozione di condividere con tutti gli altri; questa condivisione collettiva sostiene la fede popolare e riscalda il cuore dell’intera comunità cristiana.
Nella religione popolare rientrano, infatti, le devozioni promosse da personalità e correnti della spiritualità che si sono radicate nella consuetudine religiosa delle comunità ecclesiali, intrecciandosi spesso con istanze e tradizioni reli¬giose locali, trasformandosi in segnali mitici di autoaffidamento per le emergenze di insicurezza e di precarietà tipiche della società postcapitalistica e consumistica, non riuscendo però a sostituire la serena letizia che proviene da una fede semplice e profonda.

Le devozioni popolari arricchiscono la comunità nella misura in cui esprimono un desiderio di approfondimento religioso e di preghiera: si tratta di un linguaggio che il popolo parla e comprende. Come ricordava Paolo VI, con esse “tocchiamo un aspetto dell’evangelizzazione che non può lasciare insensibili… Per lungo tempo considerate meno pure, talvolta disprezzate, queste espressioni formano oggi un po’ dappertutto l’oggetto di una riscoperta”. Bisogna naturalmente vigilare perché tali momenti di devozione non si sostituiscano ai momenti ordinari di vita liturgica della comunità parrocchiale, come pure alle forme di meditazione e di preghiera, personale e comunitaria, legate ai grandi filoni di spiritualità della tradizione.
La Chiesa è di per sé stessa “tradizione” e la capacità di trasferire nella propria vita quotidiana la fede in Cristo, fa sì che la fede sia autentica compagna di viaggio nelle vicissitudini della nostra vita, segno di un’autentica maturità cristiana. Questo è il vero compito delle devozioni e delle tradizioni popolari: ravvivare continuamente la nostra fede, secondo quella che potremmo chiamare una vera e propria “scelta metodologica”.


Rosangela Muscetta [http://www.economia-conoscenza-itc-km.blogspot.it]
 


Autore
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