"Calabria - Rapporto Immigrazione 2014", intervista a Roberta Saladino
Interviste Calabria

"Calabria - Rapporto Immigrazione 2014", intervista a Roberta Saladino

mercoledì 3 dicembre, 2014

COSENZA, 3 DICEMBRE 2014 – Il Centro Studi e Ricerche IDOS, sotto il patrocinio dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha curato il Dossier Statistico Immigrazione 2014 “Dalle discriminazioni ai diritti”, un lavoro scientifico di pregio, presentato in anteprima regionale all’Università della Calabria il 29 ottobre scorso.

In filigrana si legge che «nell’ultimo decennio, l’interesse degli immigrati per il territorio calabrese si è fatto sempre più consistente, incontrando una buona accoglienza. La Calabria, così, ha smesso prima i panni di terra di emigrazione e poi quelli di territorio di accoglienza e transito, per indossare le vesti di un luogo di inserimento stabile per molti cittadini stranieri che lasciano le proprie terre in cerca di migliore fortuna».

Il capitolo dedicato alla Calabria è firmato da Roberta Saladino, Dottore di Ricerca in “Storia Economica, Demografia, Istituzioni e Società nei Paesi del Mediterraneo” dell’Unical, nonché Referente Scientifico del Centro Studi e Ricerche IDOS per la Calabria.

La professoressa Saladino risponde ai microfoni di InfoOggi
 

Dal dossier emerge che l’area calabrese in cui si registra la più densa presenza di popolazione straniera residente è quella della provincia di Cosenza - 33,1%, con 28.636 immigrati. I dati principali del tasso migratorio su scala regionale?
Il Tasso migratorio interno regionale (che indica il movimento migratorio degli stranieri all’interno dei Comuni Italiani) al 31 dicembre 2013 è pari a -7,6 per mille, questo indicatore è stato più che compensato da quello positivo con l’estero pari a 98,4 per mille, un valore notevolmente alto (superiore a quello medio nazionale che è pari a 50,6 per mille).
Da questi dati si evince che verosimilmente il contingente degli immigrati residenti in Calabria è totalmente alimentato da flussi migratori con l’estero.

La questione immigrati, sempre meno di rado, viene associata al concetto di illegalità: vittime di pregiudizi e paure, i migranti si dividono tra clandestinità e vita border line. Il ruolo delle politiche sociali nella cooperazione allo sviluppo del territorio?
Le politiche sociali hanno un ruolo importante nella cooperazione allo sviluppo del territorio, esse però dovrebbero essere fondate su strategie di inclusione e coesione sociale (al fine di evitare episodi come quello accaduto un paio di anni fa a Rosarno e quello più recente a Roma). Credo che in questo modo si possano arginare le criticità e valorizzare le potenzialità del fenomeno migratorio, che già porta diversi vantaggi in campo economico, come quello culturale, ma che potrebbe ulteriormente giovare al Paese se indirizzato da una visione progettuale più ampia e di lungo respiro. Affinché le politiche sociali ossia la promozione di un rapporto di interazione orizzontale tra individuo e società, di mutuo scambio tra immigrati e comunità di accoglienza possano essere realmente efficaci nella cooperazione allo sviluppo del territorio ed organiche abbiamo bisogno di un monitoraggio continuo e costante del fenomeno “Immigrazione”. Solo attraverso la raccolta dei dati statistici di natura sociodemografica ed economica si possono avere le informazioni del fenomeno, quindi ottenere gli elementi conoscitivi essenziali al fine di poter elaborare delle corrette politiche sociali (Di seguito un grafico che sintetizza i processi di studio dei fenomeni sociali a cui la Demografia tende a dare risposta).

I dati statistici rimandano anche a valutazioni in termini di apporto economico degli immigrati alle diverse attività imprenditoriali e produttive: nuove opportunità per la regione?
Nel 2013 l’imprenditoria straniera in Calabria, (definendo come Imprese Immigrate quelle in cui oltre la metà dei soci e degli amministratori o il titolare, se imprese individuali, sono nati all’estero) hanno superato per la prima volta le 12mila unità (per la precisazione 12.112). Le imprese immigrate in Calabria hanno avuto un aumento dell’10,8% rispetto al 2010, indubbiamente sono cifre importanti se si considera che i titolari e soci di impresa italiani sono diminuiti dell’1,9% rispetto al 2010. Per effetto di questi opposti andamenti, il peso dell’imprenditoria straniera in Calabria ha raggiunto a fine 2013 il 6,8%. Si concentrano soprattutto nella provincia di Cosenza, Reggio Calabria e Catanzaro (rispettivamente 3.936, 3.559 e 3.178). Le imprese immigrate a conduzione femminile rappresentano il 25,8% di quelle complessive.
Delle 12.112 imprese immigrate il 91,5% è rappresentato da imprese individuali, la loro incidenza si riscontra prevalentemente nella provincia di Catanzaro e di Reggio Calabria (rispettivamente 94,4% e 94,0%).
Il 65,9% dei titolari di impresa in Calabria proviene da quattro Paesi e si tratta nell’ordine, Marocco, Germania, Cina e Svizzera.
Il principale comparto di attività è il commercio in cui prevale la vendita al dettaglio.
Il settore economico che ha registrato la quota maggiore di lavoratori nati all’estero assicurati all’Inail nel corso dell’anno è stato quello dei servizi (49%), mentre il 25% è risultato impiegato nell’agricoltura (sia in termini assoluti che relativi, i livelli più alti di occupati nel settore primario si registrano nella provincia di Cosenza, in cui è presente la Piana di Sibari che rappresenta una delle maggiori aree regionali a vocazione agricola) e il 18% nell’industria, la restante percentuale (8%) corrisponde a settori non determinati. Rispetto alla dimensione aziendale, come di consueto la grande maggioranza (86%) di tali lavoratori è risultata occupata in micro imprese (da 1 a 9 addetti), con percentuali simili in tutte le provincie.

Inoltre gli immigrati costituiscono per gli italiani un beneficio demografico, che si ripercuote anche a livello pensionistico. La loro età media è di 33,3 anni, contro i 44 anni della popolazione autoctona (dato Istat: Regione Calabria al 31.12.2013): tra gli immigrati non comunitari gli ultrasessantacinquenni sono appena il 3%, sei volte di meno rispetto agli italiani.
In questo contesto è estremamente positivo il ruolo degli immigrati, che per la loro giovane età sono quasi esclusivamente contributi e non fruitori di prestazioni pensionistiche: i cittadini stranieri, che percepiscono in Italia una pensione di vecchiaia, sono meno di 100.000, con un’età media che supera i 70 anni il che li qualifica come non appartenenti ai nuovi flussi di immigrati dai Paesi a forte pressione migratoria.[MORE]

Gli immigrati e la scuola, un altro tema spinoso…
Le migrazioni internazionali e l’insediamento stabile e di lunga durata di famiglie e minori di origine straniera ha determinato nel corso degli anni una presenza sempre più consistente degli studenti stranieri nel sistema scolastico italiano. Nell’anno scolastico 2013/2014 in Italia sono iscritti più di 802.785 studenti stranieri con un’incidenza del 9,0% sul totale, mentre in Calabria sono iscritti 12.922 pari al 4,1% di tutti i 312.774 scolari calabresi.
I figli degli immigrati presenti nelle scuole italiane risultano essere esposti a diverse aree di criticità, in primo luogo si evidenzia da diversi anni una loro più accentuata canalizzazione verso gli istituti tecnici e professionali nel passaggio dalle secondarie di primo grado a quelle di secondo grado. La quota di iscritti a questi istituti, che in media in Italia è del 53,9%, raggiunge infatti il 76,4% tra gli alunni di cittadinanza straniera.
Non è semplice definire quanto possa pesare, su tale dinamica, l’influenza, diretta o indiretta, di famiglie e insegnanti, né se per i ragazzi si tratti necessariamente di una scelta al ribasso, tuttavia il rischio è che anche i futuri adulti con passato migratorio continuino ad occupare lavori e posizioni sociali di secondo livello e di status economico e sociale inferiore rispetto ai cittadini nazionali.
Un secondo fattore di preoccupazione è la dispersione scolastica, particolarmente diffusa in Italia e in crescita anche tra i figli degli immigrati, presso i quali sta anzi risultando più frequente per una concomitanza di ragioni, non ultima la loro più precaria condizione socio-economica e la necessità di fare ingresso il prima possibile nel mercato del lavoro.
Terzo elemento di problematicità è il rendimento scolastico, che tra i figli degli stranieri è più basso e si accompagna ad una più alta esposizione a ritardi scolastici, bocciature, ripetizioni, abbondoni.
Ultimo fattore di preoccupazione, ma il più grave di tutti in termini di discriminazione, è il bassissimo accesso alla scolarizzazione di rom, sinti e caminanti. Il loro numero, nel 2013/2014, è di soli 11.470 iscritti. Per la gran parte si concentrano in poche regioni italiane, in particolare Lazio (2.175, il 19,0% della presenza complessiva in Italia), Lombardia (1.751, il 15,3%), Piemonte (1.217 e 10,6%), Calabria (1.177 e 10,3%), Veneto (978 e 8,5%) ed Emilia Romagna (712 e 6,2%).
Quest’ultimo contingente di studenti appartiene ad una popolazione, che in parte sfugge alle statistiche perché include al proprio interno, cittadini italiani, cittadini comunitari e cittadini non comunitari. Inoltre, per via dello stigma sociale che in tutte le epoche e in tutti i Paesi accompagna l’immagine dello “zingaro”, in molti non dichiarano la propria appartenenza etnica, ammettendola o nascondendola.

Nel capitolo che ha curato, Calabria – Rapporto Immigrazione 2014, rileva inoltre un nuovo trend, legato alla “crescente femminilazzione del fenomeno” immigrazione. I fattori determinanti?
La componente femminile è un elemento strutturale dell’immigrazione in Italia e rappresenta più della metà della popolazione straniera residente, il 52,7% sul totale alla fine del 2013.
In Calabria la componente femminile nel corso degli anni è andata sempre più crescendo, infatti se al 2001 rappresentava il 45,9% della popolazione straniera oggi costituisce il 53,5%, verosimilmente tale incremento è legato ai ricongiungimenti familiari (i permessi di soggiorno per motivi familiari per le donne son passati da 2.800 del 2001 a 4.700 nel 2013) e all’impiego delle donne nel settore terziario (in particolare sono coinvolte nel lavoro assistenziale e domestico, questo è un fenomeno destinato a crescere a causa del progressivo invecchiamento della popolazione autoctona) e in quello primario.

 

* La prossima presentazione del Dossier si terrà presso la Camera di Commercio di VV il 13 gennaio 2015.


Domenico Carelli

(Foto gallery: Roberta Saladino, Dottore di Ricerca dell’Unical) 


Autore
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