Come dare un'occhiata a ET
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Come dare un'occhiata a ET

martedì 7 febbraio, 2012

 Tutti gli astronauti che hanno avuto la fortuna di entrare in orbita hanno rivolto uno sguardo verso la Terra e hanno scoperto quanto la presenza dell’uomo abbia inciso sul volto del nostro pianeta soprattutto a causa dei grandi tappeti luminosi formati dalla luci delle città. Oggi i ricercatori suggeriscono che presto, in modo simile a quello adottato dagli astronauti verso il nostro pianeta, avranno la possibilità di verificare la presenza di vita intelligente proprio osservando l’eventuale illuminazione artificiale su altri pianeti. Per ora non ciò non è ancora possibile, ma presto, con l’avvento dei telescopi di nuova generazione, sarà possibile arrivare a questo traguardo, inaspettato fino a pochi anni fa.

La fantascienza è piena di grandi opere in cui sono state immaginate enormi e caotiche città, ricche di mezzi di locomozione futuristiche e di luci stroboscopiche: basti pensare a libri come quelli del Ciclo della Fondazione di Asimov, a film come Blade Runner e del ciclo di Star Wars.[MORE]

Eppure nessuno prima dei ricercatori Abraham Loeb e Edwin L. Turner ha pensato di sfruttare queste fantasie come la base per un’idea sconcertante: utilizzare le luci artificiali come traccianti di vita intelligente.
A novembre l’articolo dei ricercatori rispettivamente dell’università di Hardvard e dell’università di Princeton ha reso stupefatti i suoi lettori (lo trovate all’indirizzo http://arxiv.org/abs/1110.6181): se l’articolo in questione non avesse i crismi di una pubblicazione scientifica lo si potrebbe quasi definire fantascientifico in quanto gli autori non risparmiano scenari a dir poco trasgressivi.
Eppure nelle conclusioni tratte da Loeb e Turner c’è qualcosa di intrigante che non manca di stimolare la fantasia e di indurre alla riflessione.

L’idea dei due ricercatori L'illuminazione artificiale è disponibile in due forme termica, proveniente da lampade a incandescenza , e quantistica, sotto forma di luci fluorescenti e LED. Gli spettri o le combinazione di colori di questa illuminazione artificiale hanno una forma sicuramente diverse da quelle di fonti di luce naturali come i vulcani: per tale ragione la presenza di luci create da una civiltà aliena sarebbe facilmente distinguibile.


I problemi dell’osservazione Con i telescopi fino ad oggi disponibili è possibile osservare la luminosità riflessa proveniente dal Sole (albedo) di un asteroidi provenienti dalla Kuiper Belt, una regione posta alla periferia del nostro sistema solare. Sono oggetti scuri, tanto che la loro albedo è tipicamente compresa tra il 4% e il 10%. Per un valore medio di albedo di tali asteroidi ad una distanza di 50 UA dal Sole (circa 7 miliardi e mezzo di km) si ha che il flusso di luce riflesso verso la Terra è 360 volte meno intenso di quello ottenuto se l’intera superficie dell’oggetto fosse illuminata come le nostre grandi città. Si ha una eguaglianza tra flusso naturale e artificiale quando quest’ultimo viene prodotto in un’area 19 volte più piccola della superficie dell’asteroide illuminata dal Sole. Quindi, a conti fatti, con la tecnologia oggi a disposizione riusciamo a vedere una città come Tokio posta ai confini del nostro sistema solare. Non di più. E come sappiamo dalla numerose missioni di sonde come Voyager e Galileo, la vita all’interno del nostro sistema solare, al di fuori della Terra, è un’ipotesi assai remota. Inoltre non è scontato assumere che una eventuale civiltà aliena ritenga necessario dover illuminare la notte per poter svolgere più facilmente le proprie attività.


Gli sviluppi futuri Per poter indagare sull’esistenza della vita nel nostro Universo con tale metodo occorrono perciò telescopi più potenti e soprattutto una metodologia appropriata di misura: Loeb e Turner, in tal caso, propongono una soluzione tanto semplice quanto raffinata. Dato che i pianeti riflettono la luce delle stelle a cui sono legati e la quantità della luce riflessa varia con il quadrato della distanza (raddoppiando la distanza stella-pianeta, la luminosità di quest’ultimo cala di quattro volte), se riuscissimo a seguire un pianeta extrasolare lungo tutta la sua orbita, il flusso luminoso di una eventuale radiazione in arrivo sarebbe caratterizzato da una componente naturale e da una componente artificiale, in proporzioni che variano con la fase del pianeta. Più la fase è grande, maggiore è la superfice planetaria che vediamo illuminata dalla stella e, di conseguenza, minore è quella illuminata artificialmente. La fase massima (pianeta pieno) coincide congiunzione superiore, quella minima (emisfero notturno rivolto verso di noi) con la congiunzione inferiore.
Ciò che mostrerà lo spettro planetario sarà quasi sempre un miscuglio delle due illuminazioni che si intensificano o si indeboliscono con l’alternarsi delle fasi. Già da qui si potrebbero ricavare degli indizi interessanti, ma non sufficienti perché non si può escludere totalmente che sia la stella a produrre quelle che sembrano impronte di luce artificiale, poi semplicemente riflesse dal pianeta.
Si è visto precedentemente che il flusso riflesso cala o cresce col quadrato della distanza. Si supponga che il pianeta sia nel punto più lontano della sua orbita (apoastro): lì riceverà meno luce (per unità di superficie) che in altri punti dell’orbita, e quindi ne rifletterà di meno. Il contrario accade al periastro. Ma ciò vale solo per la luce naturale. Infatti, il flusso generato dalla luce artificiale, essendo questa solidale al pianeta, rimarrà invariato lungo tutto l’orbita e quindi può essere distinto spettroscopicamente dall’altro flusso. In pratica: il flusso in funzione del tempo della luce naturale ha un andamento più sinuoso, mentre quello della luce artificiale è più rettilineo e osservazioni protratte su lungo periodo possono discriminare i due flussi.

In conclusione Con i radiotelescopi di nuova generazione (fra cui ALMA e LMT) e con periodi di osservazioni ragionevolmente lungo (circa un anno) si potrebbero avere buone opportunità di rilevare illuminazione artificiale su altri pianeti.
Chissà se queste tecnologie e queste metodologie non sia già state ideate da eventuali ET posti su pianeti lontani? In tal caso sarebbero comunque troppo lontani per arrivare a comunicare con noi: un loro arrivo oggi implicherebbe la loro partenza, anche con motori al limite della massima efficienza, milioni di anni fa ovvero quando la Terra era solo un ammasso di lava o comunque quando la vita stava appena sorgendo. Per ora quindi nessuna visita di alieni, ma, forse, ci possiamo scambiare qualche occhiatina.

 


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