Lettera di Ruggero Pegna a Tano Grasso
Cultura e Spettacolo Calabria

Lettera di Ruggero Pegna a Tano Grasso

venerdì 18 novembre, 2011

LAMEZIA TERME (CZ), 18 NOVEMBRE 2011- Egregio signor Grasso, ho appena appreso la notizia delle sue dimissioni. Le scrissi quando lessi il suo cosiddetto progetto culturale, le scrivo ora, a conclusione di questa sua avventura lametina. Le espressi subito la mia disapprovazione per quello che, a tutti gli effetti, era un manifesto offensivo di Lamezia e dei suoi cittadini, gliel’ho riscritto a proposito degli stessi insulti che ha ripetuto sull’opuscolo del suo festival, gliela esprimo anche ora, nella speranza che l’aiuti a comprendere le ragioni del suo fallimento ed evitarle, in futuro, di accettare incarichi per i quali non ha, secondo me,  la necessaria competenza e la giusta predisposizione umana.  [MORE]

Come le scrissi allora, a mio parere, essere assessore alla Cultura è cosa ben diversa da esserlo alla legalità o alla sicurezza o a come vuole chiamarlo. Un progetto culturale non può essere monotematico, non deve essere preceduto da premesse irriguardose verso la città che si amministra, non può non tenere in alcuna considerazione le realtà positive esistenti, non può ridursi all’autocelebrazione di se stessi.

Lei, egregio signor Grasso, forse non per colpa sua, si è sentito eroe in terra di briganti o, come ha sempre detto, terra di mafia, evitando di documentarsi sul contesto che avrebbe dovuto guidare con la delega avuta e, cosa ancor più grave, di non voler prendere atto che in questa città esistessero alcune delle realtà culturali più brillanti, produttive e stimate, sia a livello regionale che nazionale, peraltro portate avanti da operatori che, sulla propria pelle, da sempre sostengono i temi della legalità, della lotta a ogni forma di criminalità, della crescita culturale come strumento di affrancamento da logiche perverse di ogni tipo, operatori che hanno dato luce a Lamezia in non poche occasioni.

Forse, dopo l’articolo dell’altro ieri di Repubblica, finalmente se n’è accorto. Non è con un festival di libri sulle mafie, peraltro a costi ingenti e ingiustificati, che si combatte il male. Piuttosto, è con l’azione costante esercitata con momenti di pacifica aggregazione e confronto di ogni tipo e genere culturale, e non solo parlando di mafia in ogni occasione, che si formano le coscienze e producono i conseguenti comportamenti. E’ con il sostegno ai cittadini che fanno bene e producono anche per la collettività, tra mille difficoltà, che si aiuta una città a crescere, migliorare, emarginare il male, riappropriarsi della propria completa dignità e del più impermeabile senso civico. Cultura è anche lavoro, occupazione, impegno di giovani e professionalità in ambiti per i quali mostrano attitudine e capacità.

E Lamezia di queste positività ne è ricca e ne semina. Lei, in questo periodo da assessore, ha invece combattuto, o al minimo sminuito o ignorato, ogni iniziativa positiva, frutto del lavoro e dei sacrifici di anni (molte le ha fatte emigrare), per assurgere a ruolo di messia in una realtà infestata da delinquenza e crimini. Ovviamente, la colpa non è solo sua, ma non mi dilungo.

Forse, chi l’ha voluta qui le aveva descritto una realtà diversa e, nel rispetto di questa immagine da Bronx pieno di fantasmi, utile ai supereroi per fare carriera, lei ha ritenuto di non dover aprire gli occhi per guardarsi realmente intorno. Anche oggi che va via, lo fa sbattendo la porta, insultando la città in cui, di tanto in tanto, è venuto per il disbrigo di qualche adempimento da assessore. Lo fa, ancora, al limite della calunnia di un territorio che, invece, doveva aiutare ad amministrare. Si rassegni e se ne faccia una ragione: il suo fallimento è tutto suo, la città non c’entra niente.

E’ vero, Lamezia, come tutte le realtà del Sud e del Paese, presenta fenomeni di criminalità. Per questo, a maggior ragione, un assessore alla cultura, come a qualsiasi altra latitudine, ha innanzitutto il compito di valorizzare le energie positive, di coordinare con loro la crescita e la realizzazione di progetti e aspirazioni, contribuire a occupare e, al contempo, produrre benessere, senso etico e moralità. La strada che lei ha scelto, invece, è stata quella di ignorare, di abbattere quanto costruito, di non dialogare e contrastare le eccellenze del settore, di voler dare, a tutti i costi, un’immagine della città ben più negativa di quanto non fosse nella realtà.

Egregio signor Grasso, sono certo che, ancora una volta, comprenderà le mie parole e vorrà accettare gli auguri sinceri per altri incarichi, magari più gratificanti, in cui possa mettere il suo impegno e la sua esperienza, concretamente, a servizio degli altri, magari semplicemente testimoniando il suo coraggio e la sua storia, senza inutili invasioni di campo o immaginarie traversate del deserto.

Ruggero Pegna,
promoter e produttore, (Consigliere Nazionale Assomusica)
 

 


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