Domenica di Pentecoste: Commento alle letture
Parola e Fede Lazio

Domenica di Pentecoste: Commento alle letture

venerdì 2 giugno, 2017

 Commento alle letture della Domenica di Pentecoste Anno A (2017)[MORE]


Prima Lettura At 2,1-11


LA PAROLA
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

LA STORIA
Dio entra con forza, potenza nel luogo dove si trovavano i discepoli di Gesù e si presenta sotto forma di lingue di fuoco. Queste lingue si dividevano. Una volta divise, si posarono su ciascuno di loro. Ognuno ricevette in sé una lingua di fuoco. Ognuno ricevette Dio sotto forma di lingua di fuoco. Dio entra dentro l’uomo in forma visibile, ma anche in forma divorante. Entra per distruggere l’uomo vecchio e far nascere l’uomo nuovo. Il fuoco è uno. Le lingue sono molte. Per ricomporre l’unità dell’unico fuoco occorre che tutti coloro sui quali le lingue di fuoco si sono posate vivano una comunione strettissima, divengano una cosa sola, una sola vita, un solo corpo, un solo “respiro”.
La comunione dei discepoli è essenziale, indispensabile, Nessun discepolo da solo dirà, manifesterà, rivelerà tutto Dio. Ogni discepolo potrà rivelare, dire, manifestare una “lingua” del fuoco che è Dio. Anche lui ha bisogno delle altre lingue per conoscere il suo Dio in pienezza di verità e di carità. La comunità dei discepoli del Signore vive della forza della lingua di fuoco di ogni persona che la compongono.
Dio riunisce i linguaggi delle famiglie della terra in un solo linguaggio che è quello dell’amore e della carità. Tutto il mondo ora conosce questo solo linguaggio. Chi parla la carità, l’amore è compreso dal mondo intero. Chi non parla questo linguaggio, mai potrà essere compreso dai suoi fratelli. Il linguaggio della carità, dell’amore, è il linguaggio universale dei discepoli di Gesù e di nessun altro.

INSEGNAMENTO PER NOI
Sono i doni dello Spirito Santo, messi a frutto, che attraggono e aggregano. Ognuno possiede una forza di attrazione personale. Tutti però attraggono all’unico Vangelo, all’unico Cristo Gesù, all’unica comunità del Signore. I doni diventano una ricchezza se messi insieme e condivisi. Le membra sono molteplici ma uno solo è il corpo che è la Chiesa e uno e il capo che è Cristo.

Seconda Lettura 1Cor 12,3b-7.12-13


LA PAROLA
nessuno può dire «Gesù è Signore» se non sotto l'azione dello Spirito Santo. Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. ]E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito.

LA STORIA
La verità è una, i carismi sono molti. Paolo afferma che c’è diversità di carismi; ce ne sono una molteplicità infinita, come infinita è la grazia di Dio che lo Spirito Santo deve dare all’umanità. Quanti sono i carismi? Tanti quanti sono gli uomini sulla terra, anzi molto di più. Un solo uomo potrebbe essere arricchito da parte dello Spirito Santo di più doni e di più carismi. Affermata questa prima verità, Paolo ne afferma subito un’altra. Se i carismi sono tanti, infiniti, uno solo però è il suo Autore, una sola è la fonte: lo Spirito Santo di Dio.

Il carisma, il ministero non è mai per la propria persona. Esso è per gli altri. È per gli altri, ma non in un modo individualistico, bensì in un modo comunionale. Ogni manifestazione particolare dello Spirito è data per l’utilità comune. Un ministero, un dono, un carisma, una grazia non sono per la persona che li riceve, sono per l’utilità comune. Ognuno deve sentirsi arricchito dal carisma dell’altro, poiché il Signore all’altro il carisma non gliel’ha dato per se stesso, ma per noi, per noi non inteso alla maniera di singolarità, della persona singola, ma di tutti messi insieme.


INSEGNAMENTO PER NOI
Ognuno diventa ricchezza per l’altro perché il dono non è per se stessi ma per l’utilità comune.

Vangelo Gv 19,20-23


LA PAROLA
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».


LA STORIA

Gesù mostra loro le mani e il fianco per attestare la perfetta identità tra il Crocifisso e il Risorto. Vedendo il Signore i discepoli gioiscono. La gioia è quella di aver ritrovato la Persona che era stata persa con la morte. È anche la gioia di sapere che nessuno potrà più togliere loro il Maestro e il Signore. La presenza di Cristo dona gioia. Questo devono sempre ricordarsi i discepoli. Perché se lo devono ricordare? Perché anche la loro presenza – che è vera presenza di Cristo Gesù – deve dare gioia agli altri fratelli.
Invece molte volte la nostra presenza dona tedio, fastidio, ansia, disturbo, allontanamento, tristezza. Porta gioia non la vicinanza, ma la lontananza da certe persone.
È questa la nuova vita che gli Apostoli dovranno generare nel mondo. Sono loro i datori di questa nuova vita, perché sono loro i collaboratori di Dio e i ministri di Cristo Gesù.
Gesù costituisce ministri del suo perdono i suoi Apostoli. Attraverso il loro ministero i peccati saranno perdonati e attraverso il loro ministero non perdonati.

Don Francesco Cristofaro

 


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