Intervista a Zhang Dalei, Orso d'Argento a Berlino 2021 col corto "Day is Done"
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Intervista a Zhang Dalei, Orso d'Argento a Berlino 2021 col corto "Day is Done"

sabato 3 aprile, 2021

Per la rubrica UNCUT GEMS – diamanti grezzi, Day is Done di Zhang Dalei: le interviste di Antonio Maiorino sui migliori film d’autore del cinema contemporaneo mondiale. Spesso, inediti (in Italia), non ancora “sgrezzati” dallo sguardo dello spettatore; spesso, autentici gioielli nascosti.

Day is Done di Zhang Dalei ha vinto l’Orso d’Argento per il miglior cortometraggio al Festival di Berlino 2021, ma non ci saremmo stupiti se per qualche misterioso sortilegio avesse travalicato la categoria dei cortometraggi e fosse stato premiato tra i lunghi. Il tempo della visione di Day is done, infatti, sembra dilatarsi nell’adesione totale alle atmosfere, fino a perdere, nella contemplazione, la cognizione stessa della durata. Una famiglia si avvia in auto alla casa del nonno; il nipote Xiao Lei sta per partire per la Russia ed è tempo del saluto. Il pranzo insieme, il liquore versato e riversato; il nonno guarda il film che il giovane Xiao ha girato, Xiao guarda le foto di famiglia all’aperto. C’è la malinconia taciuta della separazione imminente, e non c’è bisogno di comunicarla a parole. Il regista Zhang Dalei riprende così il feeling e i personaggi di The Summer Is Gone, suo lungometraggio del 2016; ma – appunto – non conta più sottilizzare sulla durata, se l’umore, intriso di poesia, è lo stesso, tra la carezza del vento e della musica.


IL TRAILER DI DAY IS DONE



PERCHÉ INNAMORARSI DI DAY IS DONE

Cortometraggio per contemplatori, Day is Done di Zhang Dalei, non pretende che la contemplazione sia una forma di evasione da arditi romantici: il corto si gioca nell’abitudine di osservare, del vivere con presenza profonda la quotidianità, di percepire il peso e l’espressione dei silenzi. Il suo racconto è nell’intimità di una famiglia avvicinata ma non violata; nel segreto dei pensieri e degli umori a cui accostarsi, lasciando intatto – eppure chiaro – il segreto stesso. A differenza dei cortometraggi che puntano sull’impatto della giravolta narrativa, Day is Done è ricerca pura di afflato dello spettatore.


ANTONIO MAIORINO: come amo ripetere in diverse interviste, viviamo nell’epoca della serialità, non solo per le stesse serie tv o web, ma più in generale per una sorta di costante intertestualità tra i singoli film. ci sono prequel, sequel, remake, reboot e via dicendo. È come se i film facessero parte di storie più grandi. Lo si può dire anche di Day is Done, in ragione della sua connessione col tuo precedente The Summer Is Gone, o il film funziona da solo?

ZHANG DALEI: spero che il film possa presentare uno spazio e un tempo organici, in cui i personaggi vivano i propri percorsi di vita, come ruscelli che scorrono. Ciò che abbiamo fatto è stato selezionare una parte di queste vite e metterle in un film. In questo senso, il passato, il presente e il futuro è come se fossero film diversi. Day is Done è la naturale continuazione di The Summer Is Gone, ma allo stesso tempo esiste in maniera autonoma senza dover dipendere dal lavoro precedente, anche se indugia su simili stati sentimentali.


A.M: so che hai studiato a San Pietroburgo e nel film Xiao è diretto proprio in Russia. Questo mi dà lo spunto per chiederti cosa ci sia in generale di autobiografico in Day is Done.

Z.D: la parte autobiografica del film consiste nei miei veri sentimenti verso la famiglia, quelli vicini e quelli che ho perduto. Nel film Xiao potrebbe essere andato in qualsiasi altro posto, senza che questo influenzasse la trama. La Russia è un posto che amo, la sua cultura cattura il mio interesse e riflette i miei interessi personali.


A.M: Day is Done è un corto, ma sei riuscito a dare la sensazione d’immersione in un tempo più lungo della durata effettiva. In che misura a questo ritmo e a questo effetto hanno contribuito i movimenti della macchina da presa?

Z.D: la prospettiva di Day is Done è contemplativa, in linea con la mia abitudine ad osservare con attenzione. È quello che faccio nella vita ed è anche ciò che fa in maniera naturale un cineasta; così, in modo naturale, prendono forma i movimenti della macchina da presa del film, il suo ritmo. A parte questo, anche creare degli intervalli è importante: una sorta di ampio spazio negativo che possa mettere in contatto lo spettatore col suo spazio di vita. L’omissione di certe informazioni, così come la trasmissione d’informazioni attraverso il suono, richiede non solo comprensione, ma anche empatia.


A.M:  il film comincia con una conversazione in auto tra i familiari diretti alla casa del nonno. È una scena fantastica nella sua naturalezza, perché consente allo spettatore di stabilire una relazione con i personaggi e sentirsi coinvolto. In seguito nel corto non solo i dialoghi contribuiscono a questo coinvolgimento, bensì anche i silenzi e le musiche. In che modo?

Z.D: la parte più importante di questo corto è l’atmosfera del tempo e dello spazio. Con essa, e con la progettazione dei personaggi, il racconto stesso ha modo di svilupparsi. La conversazione che avviene in auto è a sua volta un passaggio silenzioso. È una parte di ambiente e non deve necessariamente farsi carico di una funzione narrativa. Anche il silenzio successivo è riempito dall’ambiente: è lo stesso tipo di linguaggio. La musica è un altro linguaggio espressivo che non ha bisogno di spiegazione o traduzione.


A.M:  una domanda su come sia cambiata la figura dello spettatore oggi. C’è una scena in cui il nonno guarda il film del nipote e commenta; il nipote gli dice: “Just watch it”, guardalo e basta. Pensi che questa indicazione possa essere volta anche allo spettatore del terzo millennio? Gli spettatori sono spesso distratti, i critici fin troppo attenti: bisognerebbe forse semplicemente immergersi in un film senza farsi troppe domande?

Z.D: sì: guardalo e basta, relazionati col film secondo i tuoi sentimenti e ciò che capisci. Personalmente, non amo lanciare troppe domande perché si può semplicemente discutere del film dopo averlo visto.  


A.M: la Giuria che a Berlino ha premiato Day is Done con l’Orso d’Argento ha scritto tra le motivazioni: “La messa in scena superbamente allestita appare naturale e non invadente”. Penso che questa considerazione si sublimi in una scena in particolare: il pranzo di famiglia, in cui la macchina da presa osserva a distanza, dalla finestra del cucinotto attiguo, “senza sedersi a tavola”, come se non volesse invadere la scena.

Z.D: sì, è ancora una volta il frutto della mia abitudine ad osservare. Il gusto dello spazio e del tempo diventa più importante della narrazione. Non possiamo arbitrariamente decidere quale parte del film visto nell’insieme sia più importante o significativa delle altre. Sia i personaggi che gli oggetti sono integrati nello spazio, per cui è necessario guardare ad essi come ad un unico insieme.



A.M: abbiamo iniziato la nostra intervista cercando di raccontare cosa ci fosse di personale, ossia di legato alla tua vita, nel film Day is Done. Pensi però che più in generale si possa dire che il corto sappia rappresentare il rapporto tra le diverse generazioni in Cina? Il nonno guarda le foto di famiglia dall’album, il nipote dallo smartphone: a prescindere dal mezzo, il senso della famiglia sembra straordinariamente forte in entrambe.

Z.D: sì, o almeno è così che percepisco la relazione tra le diverse generazioni e i legami familiari: più sei vicino a qualcuno, più è difficile esprimersi, ma i sentimenti si accumulano fino al punto in cui esplodono, e quando succede, in genere, il sentimento è diventato una qualche forma di rammarico. Ad ogni modo, le emozioni nascoste non restano del tutto impercepite da chi ti sta accanto, perché anche gli altri provano sensazioni simili. È una forma di tacita comprensione.


A.M: in conclusione, diresti che Day is Done è un film su quelli che partono, su quelli che restano o su entrambe?

Z.D: su entrambe.


SCHEDA DEL FILM

ANNO: 2021
PAESE: Cina
REGIA: Zhang Dalei
DURATA: 24'
CAST: Kong Weiyi, Zhang Chen, Guo Yanyun, Zhao Hua, Hao Mengfu, Li Xuejian
SCENEGGIATURA: Zhang Dalei
FOTOGRAFIA: Lyu Songye

SOUND DESIGN: Li Danfeng
PRODUZIONE: First International Film Festival Committee
VENDITE: Rediance | 
[email protected]

(immagini: fotogrammi da Day is Done. Si ringrazia Xu Jing)

Antonio Maiorino


Autore
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