Jobs Act, la Camera dice sì: il testo torna al Senato
TERAMO, 25 NOVEMBRE 2014 – Il Jobs Act vince alla camera con 361 voti favorevoli, 6 no. Non c’è stato bisogno del voto di fiducia, né di alcuna modifica da parte del testo del Senato che tornerà, per la terza volta, a Palazzo Madama per il sì definitivo. Ma non sono valse a nulla le parole di unità espresse da Orfini verso il PD: 29 dissidenti, su 307, hanno abbandonato la Camera.
Jobs Act, il sì della Camera: 260 deputati fuori prima del voto
La Camera è favorevole al Jobs Act, ma 260 deputati, tra cui gli esponenti del FI, della Lega, del Movimento 5 Stelle e 29 dissidenti del PD hanno abbandonato l’aula prima del voto. Tra i presenti in aula, Giuseppe Civati e Luca Pastorino hanno confermato il loro no, mentre i civatiani Paolo Gandolfi e Giuseppe Guerini si sono astenuti. I dissidenti, tra cui Gianni Cuperlo, rosy Bindi e Stefano Fassina, hanno firmato un documento spiegando le ragione della loro uscita, ‹‹il problema non è come licenziale, ma come assumere›› aveva dichiarato Cuperlo in vista del voto. All’appello mancavo 11 deputati PD, tra cui Enrico Letta, per giustificati motivi.
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I 260 deputati avevano sperato, con il loro gesto, di non raggiungere il quorum richiesto. Anche gli esponenti di FI hanno abbandonato l’aula, ‹‹il governo ha perso una grande occasione per il lavoratori e per l’impresa›› ha affermato Daniela Santanché ‹‹non c’è un imprenditore che con questa riforma assumerà qualche persona››. Contrari anche gli esponenti del Movimento 5 Stelle, che hanno tenuto una conferenza stampa bendati da un fazzoletto bianco, che riportatava la scritta “licienziAct”. Gli esponenti del M5S, in merito al loro gesto, hanno dichiarato, ‹‹Matteo Renzi condanna a morte i lavoratori. Il Jobs Act riduce i diritti, riduce in schiavitù››.
Erica Benedettelli
[immagine da ilvelino.it]
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