Vangelo del Giorno: Ed era notte (Gv 13,21-30)
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Vangelo del Giorno: Ed era notte (Gv 13,21-30)

sabato 14 settembre, 2019

Per comprendere le tenebre che avvolgono Giuda, appena esce dalla luce divina che risplende sul volto di Cristo Gesù e che illumina il Cenacolo, è cosa buona lasciarsi aiutare dal Libro della Sapienza. Nella notte della Pasqua le tenebre avvolgono il mondo senza Dio, ostile a Lui. La luce avvolge i figli dei santi e li accompagna lungo il loro glorioso emigrare: “I tuoi giudizi sono grandi e difficili da spiegare; per questo le anime senza istruzione si sono ingannate. Infatti gli ingiusti, avendo preteso di dominare il popolo santo, prigionieri delle tenebre e incatenati a una lunga notte, chiusi sotto i loro tetti, giacevano esclusi dalla provvidenza eterna. Credendo di restare nascosti con i loro peccati segreti, sotto il velo oscuro dell’oblio, furono dispersi, terribilmente spaventati e sconvolti da visioni. Neppure il nascondiglio in cui si trovavano li preservò dal timore, ma suoni spaventosi rimbombavano intorno a loro e apparivano lugubri spettri dai volti tristi. Nessun fuoco, per quanto intenso, riusciva a far luce, neppure le luci più splendenti degli astri riuscivano a rischiarare dall’alto quella notte cupa.
Appariva loro solo una massa di fuoco, improvvisa, tremenda; atterriti da quella fugace visione, credevano ancora peggiori le cose che vedevano. Fallivano i ritrovati della magia, e il vanto della loro saggezza era svergognato. Infatti quelli che promettevano di cacciare timori e inquietudini dall’anima malata, languivano essi stessi in un ridicolo timore. Anche se nulla di spaventoso li atterriva, messi in agitazione al passare delle bestie e ai sibili dei rettili, morivano di tremore, rifiutando persino di guardare l’aria che in nessun modo si può evitare. La malvagità condannata dalla propria testimonianza è qualcosa di vile e, oppressa dalla coscienza, aumenta sempre le difficoltà. La paura infatti altro non è che l’abbandono degli aiuti della ragione; quanto meno ci si affida nell’intimo a tali aiuti, tanto più grave è l’ignoranza della causa che provoca il tormento. Ma essi, durante tale notte davvero impotente, uscita dagli antri del regno dei morti anch’esso impotente, mentre dormivano il medesimo sonno, ora erano tormentati da fantasmi mostruosi, ora erano paralizzati, traditi dal coraggio, perché una paura improvvisa e inaspettata si era riversata su di loro. Così chiunque, come caduto là dove si trovava, era custodito chiuso in un carcere senza sbarre: agricoltore o pastore o lavoratore che fatica nel deserto, sorpreso, subiva l’ineluttabile destino, perché tutti erano legati dalla stessa catena di tenebre.
Il vento che sibila o canto melodioso di uccelli tra folti rami o suono cadenzato dell’acqua che scorre con forza o cupo fragore di rocce che precipitano o corsa invisibile di animali imbizzarriti o urla di crudelissime belve ruggenti o eco rimbalzante dalle cavità dei monti, tutto li paralizzava riempiendoli di terrore. Il mondo intero splendeva di luce smagliante e attendeva alle sue opere senza impedimento. Soltanto su di loro si stendeva una notte profonda, immagine della tenebra che li avrebbe avvolti; ma essi erano a se stessi più gravosi delle tenebre (Sap 17,1-20). Per i tuoi santi invece c’era una luce grandissima; quegli altri, sentendone le voci, senza vederne l’aspetto, li proclamavano beati, perché non avevano sofferto come loro e li ringraziavano perché non nuocevano loro, pur avendo subìto un torto, e imploravano perdono delle passate inimicizie. Invece desti loro una colonna di fuoco, come guida di un viaggio sconosciuto e sole inoffensivo per un glorioso migrare in terra straniera. Meritavano di essere privati della luce e imprigionati nelle tenebre quelli che avevano tenuto chiusi in carcere i tuoi figli, per mezzo dei quali la luce incorruttibile della legge doveva essere concessa al mondo” (Sap 18,1-4).

Dette queste cose, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte (Gv 13,21-30).

Se leggiamo con luce di Spirito Santo questi capitolo del Libro della Sapienza (XVI. XVII. XVIII. XIX), troviamo che in essi sono descritti anche i nostri giorni, conquistati interamente dalle tenebre. Anche per il nostro mondo si può dire: “È notte. È buio. È il regno delle tenebre”. Cristo è la luce del mondo. Il cristiano è la luce del mondo. Se il mondo esce dalla luce di Cristo, è nelle tenebre. Inizia per esso la lunga notte del buio. Se però è il discepolo di Gesù che esce dalla luce di Cristo, è lui che diviene tenebra e infesta il mondo con il suo buio morale e spirituale. Giuda dalle tenebre finì nelle tenebre eterne. Allora i figli degli empi perirono nel Mare Rosso, condotti dalla loro cecità. Chi è nelle tenebre metta ogni buona volontà per tornare nella luce. Chi rimane oggi nelle tenebre di falsità e peccato mai potrà raggiungere la luce eterna.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni discepolo ritorni nella luce radiosa di Cristo Gesù.

Notizia segnalata da (Homilyvoice)

   
 


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