Cambio di rotta con People Have Secrets: intervista a The Mondrian Oak
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Cambio di rotta con People Have Secrets: intervista a The Mondrian Oak

venerdì 6 marzo, 2015

VITERBO, 6 MARZO 2015 - Nuova uscita discografica per The Mondrian Oak, con People Have Secrets si confrontano con un diverso genere e con un diverso approccio compositivo. Il terzo disco della band è prodotto da Seahorse Recording, distribuito da Audioglobe ed in promozione con Lunatik. Noi di GrooveOn li abbiamo intervistati per voi.
Buona lettura!

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Nella prima fase della vostra carriera avete sfornato due dischi post rock-metal strumentale, riscuotendo anche un certo successo critico, e avete calcato palchi insieme a nomi piuttosto grandi. Com’è stata questa esperienza?
Scrivere due dischi interamente strumentali è stato sicuramente interessante, oltre che complesso. Al tempo avevamo degli ascolti molto poco variegati, benché avessimo estrazioni diverse. A tutti e tre piacevano moltissimo i Cult of Luna, per cui decidemmo di suonare una nostra versione di quello che in quel periodo ci piaceva ascoltare. Ognuno ovviamente poi portava con sé il proprio bagaglio di influenze, il che rese il nostro primo disco un po’ sconclusionato, a mio parere. Per il secondo, Aeon, decidemmo di essere più compatti e coerenti all’interno delle composizioni, eliminando giri a vuoto e tempi morti. Non è stato un processo semplice, ma devo ammettere che ad oggi Aeon continua a piacermi parecchio. Ad essere onesti, l’attività live non è mai stata del tutto soddisfacente. Abbiamo incontrato tantissime band di valore, con molte siamo rimasti in stretto contatto, da altre ci lasciamo addirittura lasciati ispirare. Essendo però la nostra musica molto introspettiva e criptica non siamo mai riusciti a comunicare e coinvolgere il pubblico come desideravamo. Non che molte serate non siano andate bene, anche a livello di risposta umana; ci eravamo semplicemente chiusi in un circolo pseudo-elitario che ben presto ci ha esasperato.

Perché avete abbandonato questa strada?
Tendenzialmente per i motivi sopra esposti: non ne potevamo più della barriera che si veniva a creare fra noi ed il pubblico ad ogni concerto, una barriera che oltretutto eravamo noi stessi ad innalzare, vuoi per la mancanza di una voce all’interno delle composizioni, vuoi per una esagerata chiusura della musica stessa. È una scelta che, se tornassi indietro, ripeterei all’infinito. Ma sempre dopo aver scritto Aeon.

In People Have Secrets debuttano la voce e delle composizioni dure e aggressive. State già raccogliendo commenti positivi, ma cosa ci potete dire di più su questo disco?
Questo disco è il risultato di un processo di scrittura estremamente spontaneo. Le cose sono veramente andate nel più semplice dei modi: un giorno ho detto a Francesco, il chitarrista, “Francé, mi sono stufato. Suona veloce, tutto in battere”. Il che cozza decisamente col fatto che il primo pezzo ad essere sfornato sia stato The Slider, ma che vuoi farci. Una volta scritti sette brani abbiamo iniziato la ricerca di un cantante che andasse a completare al meglio il materiale a disposizione. La ricerca è stata di fatto brevissima, in quanto Michele è stato il primo cantante che abbiamo ascoltato, e ci ha entusiasmato sin dal primo momento. Eravamo in piena fase anni novanta, a livello di ascolti, e lui ci ha dato esattamente quel che volevamo. Sia R.O.A.K. che Rotten Chicks & Paranoid Kings sono state scritte con la sua voce come riferimento mentale, e trovo il risultato entusiasmante!

Da cosa traete ispirazione per la scrittura dei vostri brani e di cosa parlano i testi?
Quando scriviamo un brano tendiamo ad utilizzare un approccio alla “buona la prima”; se la base di chitarra (che è sempre la prima ad essere delineata) o lo scheletro della canzone non ci entusiasmano dopo tre o quattro tentativi, il pezzo viene cestinato. Ti risponderei per cui che l’ispirazione per i nostri brani viene dai brani stessi: sono un po’ come dei tasselli del domino, una volta tirato fuori il primo gli altri seguono di conseguenza. I nostri testi sono un’esclusiva di Michele, per cui farei fatica a dirti quali siano esattamente i temi trattati. Posso dirti però che l’aspetto vocale che più ci interessa è la ritmica, piuttosto che la melodia, il che penso traspaia dalle canzoni. Se un giorno il nostro cantante mi si presentasse davanti e mi dicesse “d’ora in poi nei testi voglio solo dire la parola ‘merda’”, fintanto che lo facesse con una bella ritmica, sarei perfettamente d’accordo.

Dati sia la lingua inglese che il sound americano, state vagliando l'opportunità di presentarvi ad un pubblico internazionale?
Di fatto riteniamo che l’inglese sia l’unica lingua utilizzabile in un certo tipo di musica, per cui la scelta è dettata da una non-scelta. D’altronde l’unico gruppo italiano che riesco ad ascoltare sono i Verdena, il che ti dà un’idea di quanto reputi adatto la nostra lingua al cosiddetto “rock”. Le virgolette non sono a caso. Ovviamente ci piacerebbe molto presentare il nuovo materiale ad un pubblico internazionale: i vecchi dischi hanno avuto più successo all’estero che in patria, per cui sarebbe bello vedere la risposta dei nostri vecchi ascoltatori!

Salutate i lettori di GrooveOn consigliandogli tre dischi la cui conoscenza è secondo voi fondamentale?
Certo! Vi propongo il mio personalissimo trio della disperazione: se non lo avete mai fatto, il che è peccato mortale, iniziate col perdervi in Jane Doe dei Converge. All’istante. Se riuscite ad uscirne, potete gettarvi dentro Aurora di Ben Frost, e soffrirvela per bene. Se poi, per un qualche tipo di miracolo, riuscite ad emergere anche da lì, datevi il colpo di grazia con Perdition City degli Ulver. Potete ringraziarmi su www.mondrianoak.com, o sulla nostra pagina Facebook!

 

 

Federico Laratta

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