Cantautore folk, ma non solo: intervista a Mimì Sterrantino
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Cantautore folk, ma non solo: intervista a Mimì Sterrantino

sabato 9 maggio, 2015

VITERBO, 09 MAGGIO 2015 - Tra sonorità variopinte e testi ispirati e profondi, Mimì Sterrantino ci propone il suo primo album: Un lupo sul divano. Un disco il cui giudizio non si può fermare al primo ascolto. Inizialmente, infatti, si potrebbe pensare ad un cantautore folk fuori contesto, ma più si sta attenti sulle tracce, più ci si accorge delle variegate influenze musicali di Mimì Sterrantino & Gli Accusati e dell'acutezza dei testi. Questo, insomma, è un disco che una volta interiorizzato rivela in suo carattere: intenso, meditato e penetrante.
Buona lettura!

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Arrivato al tuo secondo lavoro discografico, che cosa ci puoi raccontare della tua carriera?
Pur avendo calcato tanti palcoscenici, più o meno importanti, mi sento quasi al punto di partenza.
In realtà mi accorgo che il periodo per la mia musica è totalmente sbagliato, il ciclo del folk rock forse un giorno tornerà, chissà se avrò ancora la forza di non essermi  arreso quando questo accadrà.
Capita che un giorno si è pieni di entusiasmo per una serata andata bene con tanti applausi, complimenti e dischi venduti, e il giorno dopo ci si sente totalmente svuotati causa un pubblico disattento e disinteressato.
Noto inoltre che il pubblico ha poca voglia di concentrarsi sui testi, poche realtà in Italia sono riuscite ad educare la propria clientela all’ascolto.


Come nasce la commistione di genere che si ritrova nei tuoi brani?
La passione per la musica mi è stata trasmessa da mio padre, negli anni settanta si esibiva nei locali di Taormina con la musica folk siciliana cantando e accompagnandosi con la chitarra.
Ho sempre amato ascoltare musica, ricordo le cassette che giravano in macchina durante i viaggi o semplici spostamenti ed i vinili impolverati che trovavo in casa: Battisti, Carosone, Modugno, Bennato, Celentano e Dalla erano all’ordine del giorno da bambino.
La mia fortuna però è stata anche avere la mamma svedese, ciò mi ha permesso di essere a contatto con la musica straniera da subito, ricordo la nonna che spesso cucinava con la musica di Elvis e dei grandi del Rock’n Roll, e da li il passaggio al Blues e successivamente al Rock è stato facile.
In seguito trovai un disco di Bob Dylan che mi affascinò sin da subito e cominciai ad appassionarmi ai suoi testi e diventò per me un punto di riferimento.
Da li in poi la musica di cantautori mi travolse, De Andrè, Conte e Gaetano tra gli Italiani  e Waits e Young tra quelli d’oltre oceano.
Ha influito tanto anche la mia grande passione per la musica etnica di tutto il mondo, e per quella tradizionale siciliana che porto sui palchi con l’altra parte di me, ovvero il gruppo di cui sono la voce principale, I Beddi.
Così nasce la commistione di generi.


Perché Un lupo sul divano? Cosa racconta agli ascoltatori?
Il lupo è un animale che mi ha sempre affascinato, ma in questo caso mi sono permesso di prendere la sua parte più selvaggia, quella vorace.
Con essa rappresento i fantasmi, le fobie e i blocchi mentali che si possono manifestare in ognuno di noi.
Il lupo è nella nostra testa e si nutre dei nostri sogni, ed essendo difficile da ammaestrare prende il sopravvento e ci rende impauriti e pigri.
Durante i concerti, nel presentare questo pezzo, auguro sempre agli ascoltatori di liberarsene al più presto in modo da poter godere a pieno dei bei momenti che la vita non offre spesso.


Dopo Spengo il televisore anche questo disco è registrato insime a gli Accusati, da cosa è caratterizzato il vostro legame musicale?
Gli Accusati sono un misto di talento e pura spontaneità.
La musica per loro è la vita, la vivono con gioia e divertimento senza malizia ne voglia di apparire.
Questo nei concerti traspare tanto, capita che li critichino per il loro modo di stare sul palco che non è propriamente da star ma quasi da timidi ragazzini alle prime armi, ma quello che fanno uscire dagli amplificatori e dagli strumenti è un muro di suono travolgente.
Mi trovo davvero bene con loro, ormai il feeling è perfetto e dal vivo si nota, ogni idea che metto sul piatto viene recepita velocemente, ci si diverte tanto a creare insieme. Hanno una sola pecca, sono dei ritardatari incalliti e per questo li ho odiati.
Comunque il legame musicale è senza ombra di dubbio l’amicizia.


Cosa ispira la scrittura delle tue canzoni?
La natura, le ingiustizie, l’amore, la fantasia, l’arte.
Una canzone può nascere in qualsiasi momento, guardando una foto, leggendo un quotidiano, strimpellando o bevendo un liquore, è una questione di atmosfere e sensazioni, l’importante è saperle cogliere.


Dal vivo come riproponi la tua musica e come viene accolta dal pubblico?
Sto cercando di vivere di musica anche se ammetto che è dura, quindi mi capita di suonare con svariate formazioni, con il gruppo intero è la mia preferita ma a seconda dei cachet mi esibisco in duo, in trio o anche da solo situazione che in tanti apprezzano dato che è così che ho cominciato a proporre le mia canzoni.
Come dicevo rispondendo alla prima domanda, la mia è una musica che più si addice a chi è attento all’ascolto, altrimenti può non prendere ed è capitato ahimè di suonare per me stesso nonostante la sala fosse piena.


Saluti i lettori di GrooveOn suggerendogli tre dischi secondo te fondamentali?
Tre dischi sono troppo pochi, non saprei ma ci provo:
Desire – Bob Dylan
Harvest – Neil Young
Rain dogs – Tom Waits

 

 

Federico Laratta
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