"Il cranio di Villella è un reperto storico", intervista a Montaldo, direttore del museo Lombroso
Cultura e Spettacolo Calabria

"Il cranio di Villella è un reperto storico", intervista a Montaldo, direttore del museo Lombroso

venerdì 25 gennaio, 2013

TORINO, 25 GENNAIO 2013 - Il cranio di Giuseppe Villella, attualmente custodito presso il museo di antropologia criminale "Cesare Lombroso" di Torino, è da tempo reclamato dal suo paese d'origine: Motta Santa Lucia, in provincia di Catanzaro.

Il teschio "della discordia" fu studiato dal criminologo nella seconda metà dell'Ottocento e, dal rilevamento di una "fossetta occipitale", Lombroso mise in piedi alcune teorie, legando l'anatomia del soggetto al brigantaggio. Villella era, infatti, accusato di essere un brigante e fu detenuto presso le carceri calabresi.

Il sindaco di Motta Santa Lucia, Amedeo Colacino, che ha portato in tribunale il museo "Lombroso" per ottenere il cranio, aveva spiegato ad Infooggi che, a suo parere, gli studi del padre della criminologia fossero influenzati da ideologie razziste.

Abbiamo intervistato il direttore del museo di antropologia criminale di Torino, il professor Montaldo, per capire se la resistenza di Torino è dettata dal fatto che i resti vengono considerati reperti storici a tutti gli effetti e per fare luce sulla questione razzista.[MORE]

Prof. Montaldo, il cranio di Giuseppe Villella è conteso sia dal Piemonte che dalla Calabria. Può spiegare quali sono le motivazioni che spingono il Museo Lombroso di Torino a trattenere i resti?
«Questo reperto fa parte della collezione raccolta da Cesare Lombroso all’inizio della sua attività di studioso, nel 1864. Pertanto è parte, insieme a quasi un migliaio di altri crani, della collezione del museo di antropologia criminale, cioè di una collezione di proprietà dello Stato italiano, tutelata dalla legge, il Codice dei beni culturali. Quindi non è il “Piemonte” che lo contende; è un bene pubblico, e come tale inalienabile. Questo sul piano del diritto. Se invece passiamo a considerazioni di carattere storico, questo reperto ha un valore particolarmente importante, poiché è su di esso che si è aperta una discussione che ha coinvolto la comunità scientifica internazionale: è insomma una testimonianza della storia della scienza, dei problemi e delle categorie interpretative utilizzate nel XIX secolo».

Le teorie di Lombroso vengono messe in dubbio da molti: quanto sono affidabili gli studi del criminologo di fine Ottocento? 
«Uno dei punti più sconcertanti delle polemiche sollevate intorno a questa vicenda è quella che chiama in causa la validità delle teorie lombrosiane. Il punto non è quanto di ciò che Lombroso ha scritto sia vero oggi (molto poco), ma quanto le sue teorie abbiano influito sulla cultura italiana e internazionale della sua epoca (molto). Da qui il valore della sua collezione, come detto sopra. Invece, si sostiene con un ragionamento paradossale che, poiché molte delle sue idee sono state smentite, tutto ciò che lo riguarda è insignificante e andrebbe distrutto. Allora dovremmo forse buttare via anche i resti di civiltà antiche, poiché il loro sistema di vita è stato superato dal nostro?».

Amedeo Colacino, Sindaco di Motta S. Lucia, città natale di G. Villella, ha spiegato che i crani studiati da Lombroso erano tutti d'origine meridionale. Cosa può dire in merito? Vi era, inoltre, qualche forma di "razzismo" negli studi del criminologo?
«Come ho già avuto modo di chiarire in varie occasioni e allo stesso avvocato Colacino, quando si è recato in visita al Museo Lombroso accompagnando l’on. Scilipoti, solo una piccola parte (meno di un centinaio) dei resti ossei è riconducibile a un’identità anagrafica più o meno precisa. Di questi, solo pochi sono certamente del Sud. Altri sono certamente piemontesi e lombardi. Vi sono poi resti non identificabili ma riconducibili ad aree geografiche, italiane o estere. Infine, oltre il 90% della collezione anatomica non è riconducibile a nessuna identità anagrafica: si tratta dei resti di persone senza fissa dimora, o non rivendicate dai parenti, i cui cadaveri sono stati rinvenuti a Torino nell’arco di vari decenni, fino all’inizio del Novecento, come indicano alcuni documenti dell’Archivio storico dell’Università di Torino e dell’Istituto di anatomia, che sono entrati a far parte delle collezioni universitarie, come avveniva anche nelle altre città sedi di facoltà mediche, dopo essere stati utilizzati per l’insegnamento. Affermare che i crani appartengano tutti a persone nel Mezzogiorno è falso; serve per alimentare una polemica contro questo Museo ed è strumentale anche a sostenere le tesi della conquista coloniale del Sud ad opera dei “piemontesi”: un revisionismo storico che ha prodotto altre leggende, come quella del “lager” di Fenestrelle, dove sarebbero state sterminate migliaia di soldati borbonici».

Lombroso identificò nel cranio di Villella una "fossetta occipitale". Può spiegare ai lettori di cosa si tratta e come mai lo studioso ritenne che l'anomalia potesse essere legata al comportamento criminale?
«Si tratta di una particolarità anatomica, presente in maniera più o meno marcata in moltissime persone, alla quale, dopo l’ampio dibattito cui facevo riferimento sopra, non è stato attribuito un particolare valore rispetto al comportamento, criminale o meno. Lombroso, avendo trovato questa fossetta nel cranio di un individuo morto in carcere, condannato per furto e incendio (a suo dire) la ricollegò (indebitamente) al comportamento criminale, sotto la suggestione della teoria evoluzionistica, poiché questa particolarità anatomica si trova anche nel cranio di alcuni animali. Fu un errore scientifico, che non aveva alcuna connotazione razzistica, ma tipico di un’epoca in cui la metodologia della ricerca scientifica non aveva ancora assunto uno statuto rigoroso e le conoscenze sull’evoluzione dell’uomo erano appena all’inizio. D’altra parte, gli errori scientifici si commettono ancora oggi, ed è questo uno dei messaggi di educazione museale che l’attuale allestimento del museo intende trasmettere al visitatore».


In Calabria, Villella viene definito un patriota. Secondo i dati in possesso dal Museo Lombroso, chi era realmente?
«Al momento, tutto ciò che è stato possibile scoprire sulla base di documenti storici affidabili, rinvenuti negli archivi calabresi, si trova in un articolo che la collega Maria Teresa Milicia, dell’Università di Padova, ha pubblicato sul Corriere della Sera il 14 ottobre 2012, da cui emergerebbe la biografia di un piccolo delinquente comune, che aveva già subito almeno una condanna per rapina dai tribunali borbonici. Ma per le stesse ragioni richiamate sopra, c’è chi lo vuole dipingere come un “patriota”».

Il Sindaco Colacino ha affermato che non esiste alcuna autorizzazione ministeriale che consenta di trattenere a Torino i resti di Villella: cosa può dire in merito? E' stato interpellato il Ministero competente?
«Come già detto, si tratta di un reperto che fa parte di una collezione pubblica ottocentesca. Sulla permanenza di tale reperto presso il museo torinese si deve esprimere la magistratura, com’è noto. Aggiungo solo che, quando abbiamo ricevuto la notificazione dell’ordinanza del tribunale di Lamezia Terme che disponeva la consegna del reperto al Comune di Motta Santa Lucia abbiamo provveduto a informare le autorità di tutela (Sovrintendenza competente, Direzione regionale e Ministero dei Beni culturali)».

Come intende muoversi il Museo Lombroso per far valere le proprie ragioni?
«L’Università di Torino ha presentato un ricorso, tramite l’avvocatura dello Stato di Catanzaro. La corte di appello ha accolto l’istanza di inibitoria dell’esecutività dell’ordinanza di primo grado. Siamo in attesa di conoscere la decisione nel merito».

Se i resti di Villella arrivassero in Calabria, verrebbero seppelliti. Ritiene che in tal modo si andrebbe a perdere un reperto di valore storico ed antropologico d'interesse per le generazioni future?
«Questa è la preoccupazione principale, che tutti i discorsi fatti intorno alla riproducibilità del reperto non valgono a diminuire. Si tratta dei resti di un uomo, ma anche di un reperto sul quale un altro uomo ha lasciato un’iscrizione e ha costruito una teoria che ha avuto una circolazione mondiale. Ha quindi una doppia natura, di resto umano ma anche di documento storico. Aggiungo solo che il razzismo, di cui viene accusato Lombroso e di cui più o meno indirettamente è stato investito questo ente museale è, a mio avviso, frutto di una polemica strumentale, funzionale ad acquisire consenso per fini diversi. Non solo Lombroso si occupò della delinquenza a tutte le latitudini, oltre che di molti altri temi di cui il Museo è testimonianza, ma egli aveva moltissimi seguaci nel Sud Italia, come è ampiamente documentato nel suo archivio. Pensi che a istituire per lui la cattedra di Antropologia criminale, nel 1906, fu proprio un napoletano, il ministro Leonardo Bianchi».

Nel mese di Marzo ci sarà il ricorso in appello da parte dell' Università di Torino per la sentenza che ha dato ragione al sindaco Colacino, solamente allora si saprà quale sarà la sorte del cranio di Giuseppe Villella.

(Foto degli interni del museo "Lombroso", da comune.torino.it)


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https://www.infooggi.it - Il Diritto Di Sapere

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