Morì nel crollo del palco di Laura Pausini. Meno di 2000 euro alla famiglia del giovane operaio
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Morì nel crollo del palco di Laura Pausini. Meno di 2000 euro alla famiglia del giovane operaio

mercoledì 25 luglio, 2012

REGGIO CALABRIA, 25 LUGLIO 2012 – Non sarà certo un risarcimento economico che riporterà in vita Matteo Armellini, giovane operaio trentunenne morto lo scorso 5 marzo mentre lavorava alla costruzione del palco al Palacalafiore di Reggio Calabria, che avrebbe dovuto ospitare il concerto di Laura Pausini, ma la somma ricevuta dalla madre e le motivazioni del risarcimento sembrano una beffa a corredo della tragedia. Durante i lavori di montaggio il palco crollò, schiacciando Matteo e uccidendolo immediatamente. Nel pomeriggio di ieri è la madre di Matteo a raccontare gli esiti di questa dolorosa vicenda. In un'intervista rilasciata al TgCom24, Paola Armellini rivela di aver ricevuto un risarcimento per la morte del figlio: 1.936,80 euro. Causale: “Pratica di infortunio o malattia professionale”.

«Vorrei una spiegazione – è lo sfogo della madre - non tanto per i 1.936,80 euro, ma perché mio figlio è morto sotto un palco e nell'oggetto del pagamento c'è scritto “risarcimento per infortunio e malattia professionale”. È un problema di rispetto, di dignità, Matteo non aveva ancora cominciato a lavorare, gli è caduta in testa tutta la struttura. Non voglio, non ci sto che la morte di mio figlio venga liquidata così. Faccio affidamento alla giustizia ma sappiamo che un processo così può andare avanti moltissimi anni. Io, da quel 5 marzo, non ho saputo più niente».[MORE]

In questi mesi Paola Armellini ha cercato di fare luce sulla vicenda e di comprendere le cause della morte di suo figlio, scoprendo un mondo di lavoratori “sommersi” – molti dei quali giovani e giovanissimi – privi di ogni garanzia e di ogni tutela. «Bisogna rivedere il modo in cui viene gestito il lavoro dei ragazzi che collaborano all'allestimento dei palchi, non hanno alcuna copertura assicurativa. Ai miei tempi – continua la signora Armellini - un sindacato non avrebbe mai permesso una cosa del genere. Vorrei che il nome di mio figlio venga ricordato e che finisca questo che io chiamo mercato del lavoro, chiedo ai sindacati e alle forze sociali di intervenire. Sono ragazzi che cercano di guadagnare dei soldi anche per aiutare le famiglie, ma devono essere tutelati».

Grandi colpe per l'assenza di ogni tutela, di orari fissi, paghe regolari o contributi, secondo Paola Armellini vanno individuate nel gioco retto dalle cooperative, che non assumono, ma fanno lavorare “a partita IVA”. Matteo formalmente era un freelance, ma di fatto lavorava da operaio, facendo turni massacranti anche di 16 ore. «I cantanti raccontano la vita della gente comune», afferma Paola, ma «non sanno neanche tutto ciò che ruota dietro lo showbiz live». Al momento, l'unica certezza «è che la vita di mio figlio non vale neanche duemila euro».

Serena Casu

(immagine da www.gds.it)
 

 


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