Osservazione delle distanze anche per la fabbricazione di forni e camini
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Osservazione delle distanze anche per la fabbricazione di forni e camini

lunedì 3 luglio, 2017

CATANZARO, 03 LUGLIO - Chiunque voglia fabbricare forni o camini presso il confine deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza. Questo lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 15246/2017, depositata il 20 giugno. [MORE]

Il caso. Il proprietario di un appartamento al primo piano di uno stabile conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale competente, il proprietario dell’appartamento al piano terreno chiedendo rimozione del barbecue per il mancato rispetto delle distanze legali - avendolo costruito a circa un metro dalle sue finestre - e, in via subordinata, lamentando la violazione del Regolamento di Igiene e dell’articolo 890 c.c..

Il Tribunale accoglieva la domanda dell’attore e condannava il proprietario dell’appartamento sottostante ad astenersi dall’utilizzare il barbecue, in quanto fonte di nocive e fastidiose immissioni di fumo e odori nel soprastante appartamento, rilevando che il comignolo della costruzione si trovava alla distanza minima di circa un metro dalle finestre dell’attore.

Il convenuto impugnava la sentenza di primo grado innanzi alla Corte d’Appello territoriale che rigettava l’appello.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione articolandolo su tre motivi.
Con il primo motivo il ricorrente lamentava la violazione dell’art. 890 c.c. e deduceva che, ai sensi della predetta norma, laddove, come nella specie, non esistevano norme regolamentari in tema di distanze per la messa in opere di camini, la presunzione di nocività e pericolosità non era assoluta, ma era superabile ove si dimostrasse che nel caso concreto non sussistesse alcun pericolo o danno per il fondo vicino.
Con il secondo motivo il ricorrente deduceva la violazione dell’art. 115 c.p.c. e sosteneva che la Corte di appello aveva erroneamente applicato la nozione del notorio ritenendo di comune esperienza la nocività delle immissioni provocate dal barbecue senza avere valutato in concreto la effettiva nocività e pericolosità del manufatto, amovibile in quanto soltanto appoggiato al suolo.
Con il terzo motivo il ricorrente lamentava la violazione dell’art. 113 c.p.c. e dell’art. 890 c.c. sostenendo che la Corte di appello non aveva dato ingresso alla prova testimoniale ritualmente da lui proposta in primo grado ex art. 183 c.p.c., poi ribadita in atto di citazione in appello e, pertanto, a suo dire, avrebbe violato l’art. 113 c.p.c. perché non avrebbe seguito le norme di diritto, omettendo l’assunzione degli elementi probatori volti a consentire al giudicante una completa analisi della fattispecie.

Il Supremo Collegio rilevava la disciplina dell’art. 890 c.c. laddove stabiliva che chi voleva fabbricare “forni o camini” presso il confine, per i quali poteva sorgere pericolo di danni, doveva osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza. Il rispetto di dette distanze era collegato ad una “presunzione assoluta di nocività e pericolosità” che prescindeva da un “accertamento concreto” ogni qual volta esisteva “un regolamento edilizio comunale che stabilisca la distanza medesima”. Qualora questa disposizione regolamentare non ci fosse stata, opera una presunzione di pericolosità relativa che poteva essere superata dalla parte che avesse interesse al mantenimento della costruzione, dimostrando che era possibile ovviare al pericolo o comunque al danno del fondo vicino.
In quest’ultimo caso, la presunzione da superare, essendo di pericolo e non di danno, prescindeva dall’accertamento in concreto del danno, “dovendo invece essere valutata in concreto la pericolosità del forno ancorché non in attività”.
Pertanto, era irrilevante l’accertamento svolto con il forno in funzione essendo sufficiente la potenzialità dell’esalazione nociva o molesta.

Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese giudiziali.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express
 


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