Tanta Juve a Monaco, ma non basta: passa il Bayern
Sport Calabria

Tanta Juve a Monaco, ma non basta: passa il Bayern

mercoledì 16 marzo, 2016

MONACO DI BAVIERA,16 MARZO 2016 - Non ci credeva, nessuno. O quasi. Diciamocelo chiaro. Sotto qualche logo famoso, qualche tempo fa, campeggiava un "impossible is nothing" che, stavolta, sembrava più un'ostentazione d'orgoglio, qualche sera fa, recitata a labbra strette dai pochi fedeli tanto fedeli della religione che venera la Zebra. Ma non lo chiamate neppure "quasi miracolo", che un miracolo di per sé presuppone una qualsivoglia forma d'impotenza precedente del miracolato. E, stavolta, impotenza non c'è stata. Semmai il contrario, ché una dimostrazione di forza non ha bisogno di miracoli. Se la forza c'è, in fondo, conta solo avere un condottiero che abbia le chiavi per sprigionarla. La squadra piemontese a tre stelle e strisce bianconere, che lo scrivente tifoso avverso della rivale più vicina milanese stavolta chiama Juventus rendendole onore, ha scalato l'Everest ed ha dimostrato quanto le strade impervie siano pane sol per le anime valorose, che le percorrono di corsa, schivando uno, due e tre ostacoli, e, con la lucida freddezza dei figli della madre dei vincenti, ormai raramente incinta quella tricolore,  trafiggono Golia quando possono e devono. Un pò come la marcatura di Cuadrado, che parte da lontano, fin da quanto Forrest Gump Morata inaugura la corsa dalla selva oscura dei difensori bavaresi, come i sogni che conducono #finoallafine, e non sul binario a capolinea Allianz Arena, ma, se ci credi, verso l'atto finale in casa della rivale milanese di cui sopra. Quantomeno lascia vivere la speranza, per altri quarantacinque lunghi e goduti minuti.

[MORE]Il dogma bianconero della potenza, quello del "Noi siamo la Juventus e siamo più forti d'ogni cosa", stasera è un pò meno dogma, ed ha un motivo in più per non essere smentito, per chiedere d'esser catalogato fra le verità assolute. E la non reazione tedesca dei primi quarantacinque minuti sembra come il pragmatismo degli infedeli, allibiti dinanzi l'inspiegabile. Barzagli s'erge a vero profeta della guerra dura ma leale, disinnescando Lewandowski senza far male. Bonucci ci mette il resto, se serve il pizzico d'agonismo. Il Profeta, quello che qualcuno considera scomunicato, è chiamato ancora alle armi, in prima linea, e dispensa palloni. Guai a sottovalutare le menti fredde, venditori di calma, merce rara, snervante quando perdi ma così preziosa. Pogba è la restante parte della Juventus oltre l'agonismo: se gioca a calcio, il calcio passa dai suoi piedi. E, ferendo in partenza i biondi, che in realtà son vittima del fuoco amico visto l'errore del difensore bavarese, Paul accende le speranze. I continui rifornimenti in battaglia di Lichtsteiner, fra coperture e sovrapposizioni, e di Evra, la Zebra esperta, che di notte come queste ne ha vissute parecchie, da vincente. E lancio una boutade: non è un caso il fatto che questa Juve, da quando il terzino francese veste la maglia bianconera, regali emozioni anche continentali. Ma se sarà a tradirti proprio lui, che non calcia via quella maledetta palla in pieno recupero, forse fa più male. Peccato che l'armata italica manchi di cecchini: Cuadrado potrebbe esultare ancora, sul finire della prima parte dei giochi, ma Neuer tiene in vita il sogno di vincere la guerra. Di fronte, il capitano della nazionale azzurra, ricorda ancora quanto sia difficile, per un tedesco, battere un italiano fra i pali.

I secondi quarantacinque minuti sono il risveglio dal torpore di Golia, il copione cambia ed in scena il sottofondo musicale scandisce note piene d'ansia. Forse l'eccessivo sacrificio fisico degli uomini del Generale Allegri. O, forse, la dimostrazione che i panzer tedeschi subiscono, incassano, ma hanno pure forza devastante per reagire. Così la linea Maginot predisposta a Vinovo diviene fragile sotto gli attacchi d'un onnipresente Douglas Costa, fenomeno e d'un Muller di lotta e di governo. Ribery s'accorge che la partita è iniziata. E si vede: esce coi crampi, grande sacrificio. Vidal, che mostra solo i muscoli nel primo tempo dimenticandosi che a calcio serve anche il cervello, trova la retta via. Ed il risultato è 2-2. Lewandowski inaugura, Muller completa la rimonta. Se l'avesse mandata via, forse parleremmo di un altro risultato. Ma la guerra non è lampo, e continua oltre i 180 minuti.

E Guardiola dimostra che conosce meglio di chiunque altro i suoi soldati. Azzecca tutti i cambi. Coman e Thiago Alcantara firmano la rimonta. E decretano che, a vincere la guerra, stavolta sono i tedeschi. Ed ora, il difetto a registro accanto il nome Hernanes qualche rigo più su, è il difetto che, in sala, qualcuno gli rimprovera. Coman, altro subentrato in corsa, è il vero punto di svolta a favore dei tedeschi: un assist e la perla del quarto gol. Il rimpianto in Corso Galileo Ferraris sarà forte, oltre la beffa. Nel calcio non sempre vincono i più forti. Stasera, di certo, non è stata eliminata la più debole.

Chapeau Juventus.

(Foto Sportmediaset)


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