Alda Merini, la poetessa dei Navigli
Cultura e Spettacolo Lombardia

Alda Merini, la poetessa dei Navigli

martedì 1 novembre, 2011

MILANO, 01 NOVEMBRE 2011- Era il primo novembre di due anni fa quando, all'ospedale San Paolo di Milano, nel reparto di oncologia, si spegneva Alda Merini una delle principali poetesse del Novecento. Dotata di una personalità originale, audace e irriverentente, ma soprattutto sensibile, troppo, al punto che la sua fragilità emotiva la portò ad essere ricoverata per lunghi periodi nell’Ospedale Psichiatrico Paolo Pini di Milano perchè, "non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta". [MORE]

Non sapeva, Alda, che invece di "scatenar tempesta", le sue poesie, patrimonio dell’UNESCO, avrebbero generano in chi le legge un turbinio di emozioni, di sensazioni. “Vi ho amato tanto, vi ho amato tutti”, queste le sue parole di commiato. Tuttavia, più di ogni altra cosa, probabilmente, la poetessa dei Navigli, amò la poesia: "Se la mia poesia mi abbandonasse,come polvere o vento, se io non potessi più cantare come polvere o vento, io cadrei a terra sconfitta, trafitta forse come la farfalla e in cerca della polvere d’oro, morirei sopra una lampadina accesa, se la mia poesia non fosse come una gruccia che tiene su uno scheletro tremante, cadrei a terra come un cadavere che l’amore ha sconfitto".

Oltre alle sue poesie, forse, in pochi sanno che per mantenere vivo il suo ricordo è stata istituita una casa-museo, una casa atelier della poesia, situata via Magolfa, a pochi passi dall'abitazione della poetessa, in Ripa Ticinese, lungo il Naviglio della Ripa. Entrando nella casa museo, al piano terra c'è un piccolo auditorium. Sopra c'è l'ambiente ricreato con i mobili, il letto, il pianoforte e un po' di disordine fra carte, libri, mozziconi, perchè "l’ordine in casa mia c’è, ma nessuno lo vede. Notano tutti un avvincente disordine, ma non osano dirlo perché si sentono anche male. Con il mio disordine del resto ho guarito molte nevrosi".

Forse, il motivo della scarsa conoscenza di questo spazio dedicato all'arte è da ricercare, in parte, nell'anonimato in cui il museo è stato abbandonato. Infatti, nessuna targa è stata affissa al fine di identificare il luogo, nessun logo istituzionale, nessuna indicazione riguardo gli orari di apertura al pubblico. Alda, voce degli esclusi e degli emarginati, avrebbe sofferto tanto di questo abbandono, per lei che "la vita l’ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio. Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno…. per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara”.

Rosy Merola


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