Corte europea condanna Italia: "Violato diritto coppia gay a non essere discriminata"
Politica Emilia Romagna

Corte europea condanna Italia: "Violato diritto coppia gay a non essere discriminata"

giovedì 30 giugno, 2016

STRASBURGO - La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia a risarcire i "danni morali" a una coppia gay alla quale è stato negato il ricongiungimento familiare. Per i giudici di Strasburgo infatti, rifiutando di rilasciare il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare a un cittadino neozelandese che voleva vivere con il suo compagno italiano, l'Italia ha violato il diritto della coppia a non essere discriminata. [MORE]

Secondo la sentenza dovrà esserci un un risarcimento di 20mila euro, e viene indicato un principio etico e una via giuridica da rispettare. La condanna diventerà definitiva in tre mesi se le parti non ricorreranno in appello. La decisione, presa per sei voti contro uno, contesta all'Italia la violazione degli articoli 14 e 8 della Convenzione europea dei diritti umani: il primo proibisce la discriminazione, il secondo sancisce il diritto al rispetto per la vita familiare e privata.

A richiedere questo ricongiungimento è stata una coppia  che vive ad Amsterdam che ha ritenuto di essere stata discriminata sulla base dell'orientamento sessuale e pertanto ha presentato ricorso. Dopo aver vissuto in Nuova Zelanda fino al dicembre 2003 la coppia ha deciso di trasferirsi in Italia. Il cittadino neozelandese è arrivato con un permesso di studio temporaneo e ha chiesto successivamente un permesso di studio per motivi familiari, ma il 18 ottobre 2004 le autorità di Livorno avevano respinto la richiesta sostenendo che non sussistessero i criteri previsti. Nel 2005 il tribunale civile di Firenze aveva dato loro ragione, ma il ministero degli Interni era ricorso in appello.

Per i giudici di Strasburgo, "l'interpretazione restrittiva della nozione di famiglia costituisce, per le coppie omosessuali, un ostacolo insuperabile per l'ottenimento del permesso di soggiorno per motivi familiari", non tenendo conto "della situazione specifica dei richiedenti e in particolare della loro impossibilità di ottenere una forma legale di riconoscimento della loro relazione in Italia".
 

 

Giuseppe Sanzi


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