Repubblica Centrafricana, la pulizia etnica dei musulmani
Estero Valle d'Aosta

Repubblica Centrafricana, la pulizia etnica dei musulmani

venerdì 31 luglio, 2015

 BANGUI (REPUBBLICA CENTRAFRICANA), 31 LUGLIO 2015 – I miliziani in Repubblica Centrafricana hanno approfittato del vuoto politico del paese per intraprendere una pulizia etnica dei musulmani, con l'intenzione di eradicarne la comunità dal paese; è quanto afferma Amnesty International. Stando agli ultimi dati forniti da Joanne Mariner, i musulmani nella parte occidentale del paese sono stati costretti ad abbandonare le proprie case. Più di 30,000 cittadini musulmani sono tenuti in enclavi sparse su tutto il territorio e sorvegliate dalle forze dell'ONU, mentre coloro che abitano le aree più rurali sono maggiormente presi di mira dalle milizie.

“Non è loro consentito di esprimersi come musulmani; se si trovano al di fuori delle enclavi non possono pregare né vestirsi in modi che li identificherebbero come musulmani”, ha spiegato Mariner, “la loro sopravvivenza dipende da una quotidiana negoziazione con i combattenti anti-Balaka”. Mariner ha inoltre aggiunto che in tanti sono stati costretti a convertirsi al Cristianesimo, o subire le persecuzioni della comunità.

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Oltre un milione di persone sono state dislocate, da quando i ribelli musulmani Seleka hanno preso il controllo della capitale Bangui, nel 2013. A seguito di una ondata di abusi perpetrati dai ribelli Seleka, è emerso un nuovo gruppo anti-Balaka per fronteggiare la nuova leadership. Ma gli anti-Balaka, composti da combattenti cristiani e animisti, hanno anch'essi preso di mira la minoranza musulmana del paese, considerata vicina ai ribelli Seleka. Il rapporto di Amnesty, basato su una serie di interviste fatte ai residenti in tutta la Repubblica Centrafricana, dice che le milizie “sono gli artefici di una violenta ondata di azioni atte alla pulizia etnica, nel tentativo di forzare i musulmani a lasciare il paese”.

“La continua instabilità e minaccia proveniente dagli anti-Balaka deriva dalla totale assenza di uno stato”, continua Mariner. Nonostante la violenza sia sostanzialmente diminuita dalla fine del 2014, il paese rimane ampiamente insicuro. Il collasso dell'apparato governativo e la fragilità del governo di transizione hanno lasciato ampie parti del paese alla mercé dei gruppi miliziani nelle periferie. Uno dei problemi principali della Repubblica Centrafricana è la difficoltà a identificare le reali radici della crisi. Il rapporto di Amnesty arriva pochi giorni dopo che il Comitato Internazionale di Soccorso ha dichiarato che la CAR “ha bisogno urgentemente di un nuovo inizio, o facilmente diventerà un caso studio di Stato fallito”.

In aprile, inoltre, un inviato degli Stati Uniti ha reso noto che quasi tutte le 436 moschee presenti nella Repubblica Centrafricana sono state rase al suolo durante le violenze, mentre dall'inizio della crisi più di 6.000 persone sono state uccise. “La sfida principale è l'assenza di sicurezza. È chiaro che il governo ha ancora tanta strada da fare, ma sta diventando strettamente necessario prendere il controllo almeno sulla sicurezza”. La Croce Rossa Internazionale ha inoltre fatto sapere che sono oltre 1.000 le persone ancora in cerca dei loro cari, un anno dopo essere stati separati dall'ondata di violenze.

Da un punto di vista sanitario, più della metà della popolazione – circa 2,7 milioni di persone – hanno bisogno di cure mediche, mentre Medici senza Frontiere ha descritto il paese come in uno stato di prolungata emergenza sanitaria cronica.

La Repubblica Centrafricana ha un governo di transizione dal gennaio 2014. Le prossime elezioni sono previste il prossimo 18 ottobre.

Foto / Fonte: aljazeera.com

Dino Buonaiuto


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