Salute: l'italiano con diabete si sente depresso, stressato e discriminato
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Salute: l'italiano con diabete si sente depresso, stressato e discriminato

giovedì 12 dicembre, 2013

CAMPOBASSO, 12 DICEMBRE 2013 - Depresso, stressato, discriminato: questo il vissuto dell’Italiano con diabete che emerge dallo studio internazionale DAWN2 (Diabetes Attitudes Wishes and Needs), realizzato da International Diabetes Federation (IDF), International Society for Pediatric and Adolescent Diabetes (ISPAD), International Alliance of Patients’ Organization (IAPO) e Steno Diabetes Center, con il contributo non condizionato di Novo Nordisk.

In Italia, il 51% delle persone con diabete dichiara di soffrire lo stress della malattia; solo i “colleghi” polacchi se la passano peggio (57%) in Europa, i cugini spagnoli si trovano nelle nostre stesse condizioni (51%), lontani gli altri: Francia (40%), UK (28%), Germania (27%). L’Italiano con diabete è anche più depresso (18%), anche se sempre meno del polacco (19%), ma in questo caso sembra che la situazione sia uniformemente diffusa: Spagna e UK (17%), Francia, Germania e Olanda (14%). Ancora i polacchi in testa alla classifica del senso di discriminazione (24%), spuntano a sorpresa gli olandesi (20%) davanti ai connazionali e agli spagnoli (19%), leggermente più staccati gli altri. [MORE]

“Questi risultati rappresentano solo una delle numerose analisi e valutazioni che l’enorme massa di dati raccolti durante lo studio DAWN2 permette”, spiega Marco Comaschi, coordinatore per l'Italia dello studio. “Si tratta dell’indagine più ampia mai svolta, con lo scopo di fotografare e interpretare il mondo del diabete dal punto di vista della persona, del familiare e del medico, per evidenziare in particolare l’impatto della malattia sulla vita di tutti i giorni e il rapporto della persona con diabete con le strutture sanitarie e sociali, pubbliche e private. L’obiettivo dichiarato del DAWN2 è quello di spingere le Istituzioni dei vari Paesi a costruire modelli di sanità centrati sulla persona”, prosegue.

Lo studio ha coinvolto oltre 15.000 tra persone con diabete, familiari e operatori sanitari (medici, infermieri, dietisti), intervistati in 17 Paesi di 4 continenti. In Italia è realizzato sotto l'egida di Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation, Diabete Italia, Comitato per i diritti della persona con diabete e il pieno coinvolgimento operativo di CENSIS e della Fondazione Mario Negri Sud. Il ruolo di garante del progetto, attraverso la verifica del rispetto e dell’osservanza di tutti i principi di natura sociale, etica e solidaristica, è del Ministero della Salute, sancito con l’accordo di programma siglato nel maggio 2006.

“È il primo studio di queste dimensioni che ponga particolare attenzione agli aspetti psicosociali della gestione del diabete, coinvolgendo non solo le persone con la malattia, ma tutti coloro che hanno a che fare con il diabete, familiari per primi”, sostiene Salvatore Caputo, Presidente di Diabete Italia.

“I risultati dello studio DAWN2 mettono in evidenza un quadro che deve destare attenzione”, spiega Antonio Nicolucci, Coordinatore Data analysis board dell’Italian Barometer Diabetes Observatory e Responsabile Dipartimento farmacologia clinica ed epidemiologia della Fondazione Mario Negri Sud, centro scelto per elaborare e analizzare i dati provenienti dai vari Paesi. “Se, infatti 4 Italiani con diabete su 10 dichiarano che le cure cui devono sottoporsi interferiscono con la loro vita quotidiana, un dato assolutamente in linea con la media internazionale, molti altri indicano un forte disagio sociale e un importante peso psicologico che grava sui familiari”, aggiunge.

Ai dati illustrati precedentemente, infatti, si aggiunge un 65% di Italiani con diabete che accusa un impatto negativo della malattia sulle proprie condizioni fisiche (oltre la media internazionale, al 62%) e un 60% che teme il rischio di ipoglicemia, poco sopra la media pari al 59%. “Un insieme di situazioni che genera un grave senso di oppressione nei familiari, i quali ci dicono, in oltre 1 caso su 2 di essere preoccupati per le condizioni dei loro cari e lo sono molto più rispetto a quanto accade negli altri Paesi, in cui il livello di preoccupazione si ferma al 40%”, conclude Nicolucci.

“Lo studio dei determinanti sociali e della qualità di vita della persona con diabete appare oggi la strada percorribile per affrontare questa malattia e tutta la cronicità in genere non solo come condizione clinica, ma come fattore socio-sanitario sul quale intervenire", commenta Ketty Vaccaro, Responsabile Welfare e Salute della Fondazione CENSIS. “Il diabete rappresenta una patologia silente che è ancora poco conosciuta, spesso sottovalutata, e la non conoscenza del problema è il maggior alleato nel suo avanzare pandemico. Risulta necessario impegnarsi partendo dall’informazione per poi affrontare in termini corretti il tema della prevenzione”, aggiunge.

“I risultati dello studio DAWN2 mettono in evidenza ciò che già avviene nel caso di altre malattie come il morbo di Alzheimer e la malattia psichiatrica: l’emergere di un forte disagio sociale correlato alla condizione, che coinvolge soprattutto le famiglie. Il rischio è che, in un clima di recessione economica come quello che stiamo vivendo, possa peggiorare”, chiude Renato Lauro, Presidente dell’Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation.

(Notizia segnalata da Diego Freri)


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