Caso Tarantini trasferito a Bari. Berlusconi probabile indagato
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Caso Tarantini trasferito a Bari. Berlusconi probabile indagato

martedì 27 settembre, 2011

 NAPOLI, 27 SETTEMBRE 2011 - Berlusconi sapeva che le ragazze portate alle “serate calde” da Gianpaolo Tarantini erano escort e sussiste l'ipotesi di una sua iscrizione nel registro degli indagati, in quanto avrebbe commesso il reato previsto dall'articolo 377 bis del codice penale, l'istigazione a mentire.
È questo il verdetto del Tribunale del Riesame di Napoli, che ha rianalizzato ieri il caso Tarantini, dopo la decisione del trasferimento degli atti a Roma, e che ha infine stabilito che la competenza territoriale non è di nessuno dei due tribunali, bensì di quello barese.[MORE]

È infatti a Bari che la vicenda sarebbe cominciata ed è lì che è ancora in corso il processo incrociato per sfruttamento della prostituzione a carico, fra gli altri, dello stesso Tarantini.
Ed è proprio a causa di quest'ultimo processo che Berlusconi avrebbe spinto “Gianpi” a mentire ai giudici in cambio di denaro.

L'inchiesta verrebbe così completamente rivoltata: il premier non sarebbe vittima di estorsione da parte di Tarantini, ma avrebbe indotto quest'ultimo a mentire.
La norma di legge prevista dall'articolo 377 bis, ha, secondi i giudici, “lo scopo di contrastare gli inconvenienti derivanti da un possibile uso strumentale e insidioso della facoltà di tacere e perfino di mentire davanti all’autorità giudiziaria”.

Questo ricostruzione, secondo il Riesame napoletano, è comprovata dalla “condotta processuale fin dall'origine assunta da Tarantini, volta a tenere il più possibile indenne il presidente del Consiglio da verosimili danni alla sua immagine pubblica derivanti dalla divulgazione dei risvolti più sconvenienti del processo pendente presso l'a.g. barese”, condotta “indotta dalla promessa (anche tacita o facta concludentia quali la nomina e la retribuzione di un avvocato indicato dal suo entourage) da parte del premier di farsi carico della situazione di Tarantini”.

La giustificazione della difesa (“spirito di liberalità e solidarietà del presidente del Consiglio nei confronti di un soggetto trovatosi in gravi difficoltà economiche”) è, per il Riesame, “inevitabilmente smentita non solo da una serie di argomentazioni di ordine logico, ma anche da una pluralità di circostanze di fatto emergenti dagli atti”.

Nell'ordinanza si legge inoltre che “è di tutta evidenza che l’aiuto ad un amico in difficoltà non si concretizza con modalità non trasparenti come quelle utilizzate in ogni occasione da Berlusconi”.
Il versamento di denato da parte del presidente del Consiglio a “Gianpi” e le altre “utilità” cominciano infatti “quando Tarantini viene indagato a Bari e culminano quando Gianpi, con il patteggiamento, avrebbe potuto contribuire a stendere un velo su notizie e fatti che avrebbero destato sicuro clamore mediatico” per il coinvolgimento del premier nella vicenda.

In questo processo perciò la condotta di Tarantini non sarebbe punibile, per questa ragione è stata disposta la sua scarcerazione insieme a quella della moglie.
Rimane accusato invece Valter Lavitola, ancora latitante all'estero. Dalle carte del riesame si legge infatti che per Lavitola sussiste “un elevatissimo rischio di recidiva specifica, desumibile dalla gravità dei fatti in contestazione ma anche dalle peculiari modalità esecutive del reato, avendo l'indagato dimostrato la propria capacità di continuare a delinquere pur trovandosi dall'altro capo del mondo”.

Marta Lamalfa


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