"Cose nostre - Malavita" di Luc Besson, un ibrido insipido di action comedy e gangster movie
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"Cose nostre - Malavita" di Luc Besson, un ibrido insipido di action comedy e gangster movie

mercoledì 23 ottobre, 2013

Cose nostre - Malavita di Luc Besson è tratto dal romanzo Malavita di Tonino Benacquista e porta il marchio di fabbrica Martin Scorsese, produttore esecutivo del film, di cui ne omaggia Quei bravi ragazzi (Goodfellas).

In continuo oscillare fra farsa e dramma, fra parodia e humor, fra citazioni e nostalgia, Cose nostre - Malavita mescola caratteristiche stilistiche del gangster movie e dell’action comedy, per affrontare sul piano narrativo lo scontro fra cultura francese ed americana; la storia ha per protagonista una famiglia di mafiosi americani in Normandia, sotto la tutela del programma di protezione testimoni, impegnati nel tentativo di vivere una vita normale. Il risultato complessivo, che non riesce a coniugare con originalità gli intenti della parodia, del dramma e della farsa, è quello di un ibrido insipido, banalmente citazionista.[MORE]

Sebbene il cinema abbia iniziato a realizzare i suoi primi splendori nel buio di un’autentica mancanza di consapevolezza, di certo ha poi costruito la sua fortezza nella terra feconda di quella primigenia ingenuità, nutrendosi di tutte le meraviglie che questa, senza volerlo, aveva disvelato ed esaltato.
Peccato che oggi di quella che è divenuta una fin troppo chiara consapevolezza si faccia grande merce ed abuso. Non si fa che assistere ad encomi ed omaggi, celati od espliciti, citazionistici o autoreferenziali, di autori e di generi che raccontano e ricordano se stessi o un passato ingombrante in cui la creatività attuale non riesce più a reinventare e rielaborare una ricognizione a favore di nuovi orizzonti,
Una pecca comune non è fortunatamente la tendenza principale, ma poco a poco questa diviene un nuovo filone cinematografico: il meta-cinema, il film come strumento attraverso cui attuare un discorso sul cinema - che non ha il cinema come scopo - ove anche il racconto e i personaggi siano pretesto e sottotesto di una dissertazione sull’estetica o sul linguaggio, come se la storia del cinema stia lì per volgersi all’ora del suo tramonto o voglia intenzionalmente celebrare la propria fine, non tanto per mancanza di idee o mezzi con cui guardare al futuro, ma per nostalgia: nostalgia di qualcosa che si è già vissuto (come può accadere a registi del calibro di Martin Scorsese) o che si è ardentemente desiderato (l’alloro che il giovane cineasta ha timore di non poter raggiungere percorrendo un sentiero già così grandiosamente battuto).

Se è indubbio che il cinema nasce sotto il segno della contaminazione più viva con le grandi arti del passato, non è già di per sé ogni nuova opera il frutto del confronto, del contatto con quelle precedenti?
Non guardava forse David Lynch - creando le protagoniste di Mullholland Drive - a Quelle due (The Children’s Hour) di William Wyler o Quentin Tarantino in Kill Bill alla protagonista de La sposa in nero di François Truffaut? Sì, no, forse. Non importa. Il raccordo, narrativo o visivo, è suggerito dai labirinti della fantasia, non sottolineato, riferito, esplicitato, ma assimilato, assorbito, dunque trasformato in qualcos’altro. Ogni elemento coesiste con il suo doppio, ormai indistinguibile nello spazio dell’immaginazione, il passato è reinventato per far scaturire, vivo, un nuovo mondo.
Oggi il cinema ama spesso naufragare nell’ammirazione sterile dei propri riferimenti illustri, fermarsi in gloria, guardarsi allo specchio, nel tentativo di ripetere un movimento irripetibile, come accade nella scena in cui il padre di famiglia, Giovanni Manzoni (interpretato da Robert De Niro), commenta Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese dopo la proiezione in un cineclub. Ma mentre si ricorda e si omaggia un passato glorioso, cosa fa il nuovo cinema? Seduto a guardare, come fosse uno spettatore, non prende sul serio la responsabilità del plot e dell’azione. Cose nostre - Malavita lo dimostra ampiamente: la storia manca di originalità, si nutre di facili cliché: lo scontro fra cultura francese e americana - semplificato dal conflitto fra francesi snob e americani eccentrici alla ricerca di burro di noccioline - ha come unico significato la parodia dei generi (gangster movie e commedia francese).

Il confronto con i modelli è dunque solo occasione di autocompiacimento, per rimirarsi o rimirarli, non rappresenta il motore per una reinterpretazione originale ma serve solo ad aggiungere un altro film a tanti titoli di un genere nuovo: il cinema cinefilo.
Diviene il primo passo dell’atto del creare - vedere, ammirare, ripetere - l’unico e sufficiente a realizzare il secondo passo (più semplice): il film come opera di citazione, fine a se stessa.
Cose nostre - Malavita è testimonianza di questa tendenza attuale, un prodotto senza alcuna ambizione, appiccicato (a stento) fra i “ricordi” di storia del cinema, come una volontà esplicita - divenuta script, scena, inquadratura - di citarli (autocitarli) ed elogiarli.



Titolo originale: The Family
Regia: Luc Besson
Interpreti: Robert De Niro, Michelle Pfeiffer, Tommy Lee Jones, Dianna Agron, John D'Leo, Jon Freda, Dominic Chianese, Domenick Lombardozzi, David Belle, Vincent Pastore, Joseph Perrino, Paul Borghese
Origine: USA, Francia 2013
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 111'

Gisella Rotiroti


Autore
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