La crisi è colpa anche della burocrazia
Economia Puglia

La crisi è colpa anche della burocrazia

mercoledì 17 luglio, 2013

LECCE, 17 LUGLIO 2013 - La situazione di crisi che da qualche tempo stanno vivendo i circa 600 lavoratori del gruppo Filanto SpA, la più grande industria calzaturiera del meridione fino a qualche decennio fa, rischia di assumere contorni ancora più drammatici. E tutto a causa di un impedimento di carattere burocratico che potrebbe avere risvolti e conseguenze di enorme portata sul piano sociale.

Con l’avanzare insormontabile della crisi economica che ha colpito il nostro Paese, molte aziende salentine, tra cui Filanto spa, Tecnosuole srl, Zodiaco srl, Labor srl, Italiana Pellami srl, Tessiltech srl, hanno cominciato un lento ed inesorabile declino che le ha costrette a ricorrere alla cassa integrazione straordinaria per procedura concorsuale al fine di evitare il fallimento. Come noto, il governo Monti ha varato nel 2012 il “decreto sullo sviluppo” che, tra l’altro, contiene una norma che semplifica notevolmente le procedure concorsuali, tra cui quella del concordato preventivo prevista dalla legge fallimentare. In base a questa norma le aziende in crisi possono avanzare al Tribunale competente l’istanza di ammissione alla procedura di concordato preventivo per poi presentare il piano completo nei tempi previsti, di solito non inferiori a 90 giorni prorogabili. [MORE]

E qui l’ostacolo burocratico. È accaduto che il ricorso agli ammortizzatori sociali è stato richiesto dopo la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, ma prima che fosse emanato il relativo decreto di approvazione. Inoltre, le predette aziende, avendo già fatto ricorso agli ammortizzatori sociali ben oltre la soglia temporale prevista nell’accordo tra Regione Puglia e parti sociali, si sono ritrovate nella situazione di non poter più ottenere una proroga della cassa in deroga. Pertanto, per evitare di privare centinaia di lavoratori di una forma di sostegno al reddito, si è cercato un ammortizzatore sociale alternativo alla casa integrazione in deroga. Procedura questa che, tra cavilli burocratici e affini, potrebbe richiedere molti mesi, lasciando di fatto i lavoratori e le loro famiglie – che peraltro non percepiscono un centesimo da sette mesi – in una prospettiva ancora più drammatica senza alcuna forma di sostegno economico. Come se non bastasse, nessuno ha pensato ad un percorso di riqualificazione professionale per ricollocare gli operai nel mondo del lavoro.

Per richiamare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sulla grave situazione, nella giornata di oggi i sindacati di categoria Filctem Cgil, Uiltec Uil e Femca Cisl, hanno chiamato a raccolta i lavoratori cassintegrati per una mobilitazione di massa. La manifestazione è partita da Casarano, città simbolo dell’industria calzaturiera salentina, laddove i rappresentanti dei lavoratori sono stati ricevuti dal sindaco Gianni Stefàno insieme anche ai sindaci di Castrignano del Capo, Patù, Ruffano e Gagliano. Tutti insieme si sono poi spostati in Prefettura a Lecce, dove hanno incontrato il viceprefetto, Guido Aprea, al quale hanno richiesto con urgenza la convocazione di un tavolo tecnico a livello regionale, dove siedano le istituzioni e la deputazione salentina.

«Questa è l’emergenza che occorre immediatamente tamponare – dicono i sindacalisti – ma non siamo affezionati alla questione della cassa integrazione. Bisogna puntare sul lavoro, attraverso una programmazione sinergica, di lungo respiro, che coinvolga ogni livello istituzionale». E le idee non mancano come quella di convincere i comuni ad assumere gli operai in alcune aziende del territorio, ad esempio quelle che si occupano dell’igiene pubblica. Burocrazia permettendo.

(foto da: www.leccesette.it)

Massimo Alligri


Autore
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