La responsabilità di chi esegue opere di ristrutturazione del palazzo ha prescrizione decennale
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La responsabilità di chi esegue opere di ristrutturazione del palazzo ha prescrizione decennale

giovedì 11 febbraio, 2016

11 FEBBRAIO 2016 - Costituiscono gravi difetti dell'edificio anche quelli che riguardano elementi secondari e accessori (impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi, ecc.) tali da compromettere la funzionalità globale dell'opera. Pertanto, è responsabile ai sensi dell'articolo 1669 del Codice civile, alla stregua del costruttore, l'impresa che ha effettuato interventi di modificazione o riparazione su un preesistente edificio destinato a lunga durata, i quali interventi rovinino, in tutto o in parte, o presentino evidente pericolo di rovina o gravi difetti.  [MORE]

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sezione seconda civile, con la sentenza n. 22553/2015 depositata in data 4 novembre.

Un condominio di Genova aveva citato in giudizio un’impresa di costruzioni per ottenere il risarcimento di alcuni danni causati da lavori edili effettuati nel palazzo. Lo scarso pregio delle opere aveva, infatti, cagionato danni da infiltrazione al condominio, che quindi chiedeva, ai sensi dell’art. 1669 c.c., il risarcimento di tali vizi all’impresa che aveva realizzato i lavori. Il suddetto articolo afferma, infatti, che “quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta”. L’impresa edile si difendeva in giudizio sostenendo che l’art. 1669 c.c. riguardava solo i casi di costruzione di edifici e non anche le opere di manutenzione e ristrutturazione di palazzi già esistenti.

Tanto il Tribunale che la Corte di Appello, dando ragione al condominio, condannavano l’impresa edile al risarcimento dei danni causati e in particolare, la Corte specificava che gli interventi edilizi posti in essere non potessero essere considerati una mera manutenzione straordinaria dal momento che avevano comportato l’accorpamento di due edifici, il completo rifacimento delle scale, la modifica dei prospetti liberi e la ricostruzione di due solai. Altresì, nel giudizio erano stati accertati i vizi lamentati dovuti alle modalità costruttive e ai materiali inidonei scelti dalla società che aveva effettuato i lavori.

L’impresa appaltante ricorreva in Cassazione per ottenere l’annullamento della sentenza di appello sostenendo la non applicabilità, al caso in esame, della responsabilità dell’appaltatore ex art. 1669 c.c. in quanto non aveva restaurato l’edificio svolgendo lavori di consolidamento o ripristino, ma solo rinnovato e sostituito parti di un edificio interamente edificato da terzi. Inoltre, sosteneva, ai sensi dell’art. 31, lett. b, L. n. 457/1979 (Norme per l'edilizia residenziale), che i lavori svolti dovevano considerarsi come manutenzioni straordinarie, in quanto definite così dalla legge quelle opere e modifiche “necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici”.

La Corte di Cassazione rigettava integralmente le argomentazioni della impresa ricorrente e in particolare affermava che fosse applicabile al caso concreto la responsabilità per la rovina e difetti di cose immobili (e la conseguente prescrizione decennale del diritto al risarcimento di cui all’art. 1669 c.c.) poiché questa non si applica ai soli casi in cui siano riscontrabili vizi riguardanti la costruzione dell’edificio, ma anche (in maniera estensiva) nel caso di modificazioni e riparazioni apportate ad edificio preesistente. La responsabilità dell’appaltatore, quindi, non è limitata alla fase genetica della costruzione del palazzo, bensì estesa anche ai successivi lavori realizzati sull’edificio che abbiano caratteristiche di intervento costruttivo.

In conclusione, quindi, la Corte affermava il principio in ragione del quale anche gli autori dei lavori di riparazione di un palazzo possono rispondere ai sensi dell’articolo 1669 c.c. qualora detti interventi abbiano «una incidenza sensibile o sugli elementi essenziali delle strutture dell’edificio ovvero su elementi secondari od accessori, tali da compromettere la funzionalità globale dell’immobile stesso».
 

Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express
 


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