"Mutazioni" di Giancarlo Dell'Antonia, all'Hotel de Russie
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"Mutazioni" di Giancarlo Dell'Antonia, all'Hotel de Russie

mercoledì 16 febbraio, 2011

Prosegue il ciclo di mostre contemporanee che l’Hotel de Russie dedica all’arte contemporanea.
Mercoledì 16 Febbraio 2011 alle ore 19.00 si inaugura l’esposizione ‘Mutazioni’ di Giancarlo Dell’Antonia.
L’artista bellunese presenterà ‘Immagini di Sintesi’ del 2001 e ‘Catene della mutazione’ del 2005, tra le fasi più significative del suo percorso artistico.[MORE]

L’inaugurazione si terrà alla presenza dell’Artista Mercoledì 16 Febbraio 2011 alle ore 19.00. La mostra rimarrà aperta al pubblico sino a Domenica 1 Maggio 2011.

‘Immagini di sintesi’ 2001 - Testo Riccardo Caldura
Dal catalogo della mostra alla galleria Biagiotti Contemporary Art, Firenze

Di primo acchito le immagini di Dell’Antonia possono sembrare delle fotografie, ma il riferimento fotografico, cioè la registrazione di un qualche dato della realtà fisica —volti, posture del corpo, mani, piante— di quella realtà medesima sembra essere soltanto un’eco lontana. L’immagine fotografica scansionata elettronicamente costituisce la prima fase di acquisizione del lavoro, fungendo così da materia prima. La quale viene poi sottoposta ad un minuzioso trattamento, ridefinita attraverso l’uso del mouse che percorre gli orli dell’immagine ingrandita in ogni suo particolare sulla superficie di uno schermo ad alta definizione. Un lavoro che ha delle affinità con gli interventi di chirurgia estetica, e con quel definire la materia proprio più della scultura che della pittura.

Nella maggior parte dei casi il lavoro di Dell’Antonia si concentra sulla ridefinizione del volto, sottoponendolo ad un trattamento di bellezza e allo stesso tempo anonimizzandolo. Le originarie immagini fotografiche dei volti —tratte da riviste oppure da proprie raccolte d’archivio— subiscono un processo di riappropriazione artistica, che le perfeziona ultraesteticamente grazie a canoni formali di ascendenza neoclassica. Questo processo di raffinamento raggela l’immagine dei volti, li rende immobili, volti di statue, o meglio volti di corpi che si stanno per trasformare in statue.

Se bellezza deve essere, sia allora quella che poteva trasparire da una Dafne sospesa per sempre da Bernini nel suo ramificarsi in alloro, oppure la levità senza tempo del volto della Ebe di Canova. La perfezione tentata via digitale da Dell’Antonia ha levigature virtuali, sfumati giochi d’ombra che ricordano gli effetti della luce sulla grana fine del marmo bianco di Carrara. Il restyling mira ad una assolutizzazione della bellezza sottraendo cioè occasionalità alle immagini fotografiche utilizzate inizialmente dall’artista; la bellezza avendo a che fare non con quel che è soggetto a mutamento (il singolo volto, l’individualità), quanto piuttosto con la perfezione di ciò che non muta (dunque il minerale, il marmo).

La ricerca di questo nucleo di bellezza, lungo la storia dell’arte, ha prodotto una serie di tentativi, di volta in volta neo o neo-neoclassici, in una sovrapposizione di riferimenti al classico come condizione remota, di sfondo, materia prima essa stessa a costituire una canonicità della reppresentazione del volto e del corpo umani, sottoposta di epoca in epoca a nuovi trattamenti di tipicizzazione e perfezionamento. Thorwaldsen che rifà neoclassicamente, cioè rigorizzandoli e abbellendoli, i volti delle statue del frontone del Tempio greco di Egina del V secolo a.C.; Leni Riefensthal che filma i corpi in movimento degli atleti alle Olimpiadi di Berlino del 1936 infondendo loro una plasticità greca; Tamara de Lempicka che richiama l’assieparsi di nudi muliebri in Ingres; Canova riletto fotograficamente da Mimmo Jodice. Esempi nei quali si viene focalizzando un’idea di bellezza astratta, fatta di volti dai tratti equilibrati, dalle epidermidi sulle quali la luce crea sfumature continue, come fosse acqua che scorre su sassi e li arrotonda, plasmandoli delicatamente. Ma in una pittura digitale, la luce non ha più alcunché di reale, non scorre su superfici, è la luce medesima ad essere simulata dal solo gioco dei pixel, disposti dall’accurato movimento del mouse.

L’ultima neoclassicità è un puro prodotto di sintesi. Il volto —soggetto ricorrente in Dell’Antonia— subisce un processo di serializzazione; l’insieme dei tratti che dovrebbero caratterizzarlo, in realtà si risolvono in un alfabeto minimale di forme tipicizzate. Le labbra dal disegno perfetto —quasi sempre chiuse, o appena semiaperte come a simulare un respiro o un inizio di conversazione— la delicatezza delle pinne nasali, gli archi sopraccigliari rendono appena distinguibile un volto femminile da uno maschile. La serializzazione del volto esprime dunque un’altra modalità della sintesi, quella propria dell’androginia. Anche le posizioni che i volti assumono nelle singole immagini hanno qualcosa di canonico: di fronte, di profilo, di tre quarti. Cioè le movenze possibili hanno qualcosa di prestabilito, come busti a ruotare su piedestalli girevoli che avessero degli arresti predisposti. Il numero dei volti che appaiono nelle immagini di Dell’Antonia, sottolinea ulteriormente questo aspetto seriale e combinatorio.

Uno, tre, cinque, con l’alternarsi di vuoti dai neri profondissimi, fino al tutto pieno costituito dai soli primi piani dei volti. Come se questi si affacciassero ad una finestra, ma non con un movimento spontaneo, piuttosto secondo una sequenza prestabilita. Un lieve balletto meccanico di apparizioni. Nella catena di riferimenti neoclassicheggianti va certamente incluso anche il rallenty di Bill Viola. Enigmatiche creature dai tratti iperregolari che osservano noi; abitanti loro di un mondo a due dimensioni fatto non di linee o di volumi, ma di una tessitura omogenea di punti-pixel. Dell’enigma comunicano una serissima parodia, non dicendo niente, e simulando un silenzio che non ha alcuna profondità: immagini di superficie. Più che una finestra, il tramite, la trasparenza, mediante cui questi volti appaiono sembra essere una vetrina. Inoltrepassabile. L’estrema vicinanza dei volti, il loro affiorare non implica alcun contatto o attraversamento possibile. La trasparenza della vetrina, l’immobilità superficiale delle posizioni dei volti non permettono mai a noi che osserviamo quelle immagini di andare oltre la superficie. Lo sfondo di là dai volti, quando questi non riempiono completamente la superficie, è nero, lucido, uno sfondo insondabile e allo stesso tempo senza alcuna profondità. Il nero simula una oltreità che si risolve in pura epidermide. Algida, come algidi e privi di espressione sono i volti. L’immagine di sintesi di Dell’Antonia, il suo neoclassicismo, costituisce un esempio di come l’utilizzo della tecnologia si coniughi ad una negazione della corporeità, non meno che della singolarità dell’individuo.

Immagini disincarnate, seriali e affascinanti proprio perché accuratamente angelicate. Vicinissime e remote, e artificiali come possono esserlo delle elaborazioni ottenute attraverso complessi programmi di grafica digitale, programmi che a loro volta sublimano il fare della mano nella movenza di un mouse. Una angelologia aggiornata che ricorda le atmosfere di film come “Gattaca”, o con la lentezza ipnotica delle performance corali di Vanessa Beecroft. La perfezione, l’ideale di bellezza che attraversa le esperienze delle arti occidentali, ideale del quale gli Angeli canoviani della Morte sono stati uno splendido esempio, riappare attraverso l’algido nitore di queste immagini. La perfezione estetica, ora, ha a che fare con l’immagine tecnologica. Nei volti di Dell’Antonia non vi è più un referente reale, quanto solo un residuo di umana riconoscibilità, che rende le sue figure ancor più lontane da noi. Almeno quanto riconoscibili nonché lontani da noi sono i volti di umanoidi appartenenti a qualche ramo estinto lungo lo sviluppo dell’homo sapiens. Il cui stadio ulteriore, attraverso queste immagini, sembra essere rappresentato da un angelo che si annuncia nel nitore di un restyling al computer.

‘Catene della mutazione’ 2005 - Testo Riccardo Caldura
Tratto da: Rivista “Il Progetto” Trieste/Roma - Galleria Lipanjepuntin Trieste/Roma

Uscir di casa e attraversare luoghi che nulla hanno di esotico, perché costituiscono l’intorno che si percorre recandosi da...a, per svolgere le incombenze del lavoro, o della quotidianità, o prendendosi una pausa da entrambi. Guardare i luoghi che si stanno attraversando, allo stesso tempo percepire la loro familiare estraneità. Ciò che li rende familiari è la nostra abitudine ad essi: si sa cosa ci attende a quell’incrocio di strade, lungo quel viale, ma quel che sorprende è l’incoerenza e la convivenza dei segni, dei volumi, dei colori. Si è complicata di molto “La Passeggiata” che Palazzeschi aveva efficacemente descritto nel 1914, l’addensamento delle cose, il loro stare insieme senza coerenza: esempio mille volte letto per descrivere il nordest, e che ritorna come voluto richiamo ad un luogo comune, in una serie di scatti fotografici di Dell’Antonia. […]

A volte verrebbe la tentazione di diradare, di togliere le incongruenze e le sovrapposizioni delle ‘cose’, come in un software elaborato qualche anno fa da uno scultore milanese (Umberto Cavenago). Oppure accettare l’incongruo, prenderne atto, la realtà è questa e non ci è dato di scegliere, l’esotico essendo solo l’illusione di un luogo incontaminato. Rientrare in casa e provare a rendere l’immagine dell’incongruo ‘là fuori’, comprendere lo stratificarsi delle incoerenze e allo stesso pulirle, evidenziarle. Le prese fotografiche certificano che il mondo ‘là fuori’ indiscutibilmente esiste (come aveva osservato Roland Barthes). […]

Ma che immagine ci viene proposta? Dell’Antonia lavora per serie, raramente produce un solo lavoro, i titoli raccolgono le serie e permettono di comprendere meglio la sua interpretazione del mondo ‘primo’, cioè del mondo ‘là fuori’: “Paesaggio staccato”; “Mentre cammino si spostano i luoghi”. La sua dunque è la restituzione di un walkscape quotidiano[…].

La vicinanza del ‘geneticamente modificato’ la si può notare anche osservando una banale pozzanghera, come quella descritta da un noto scrittore e sociologo veneto, dal “bel colore arcobaleno, anche se in cielo non c’è nessun arcobaleno” (G.Bettin).

Non si tratta solo di emergenza ambientale, verso la quale è l’azione politica quella adatta a promuovere i cambiamenti, e nemmeno di acquisizione di aspetti che da tempo sono stati fatti propri dalla sociologia (l’immancabile richiamo alle teorie di Marc Augé) e dall’urbanistica contemporanee. Si tratta di elaborare il dato, per produrre una immagine in grado di restituire la mutazione subita dall’intorno. Quale sarà allora la ‘mappa’ della città in grado di rappresentare la dimensione ibrida dell’organismo urbano?


Biografia

Giancarlo Dell’Antonia, nasce a Lorenzago di Cadore (BL), vive e lavora a Vittorio Veneto (TV).

Espone dagli anni ottanta in gallerie private e spazi pubblici, presente in collezioni pubbliche e private.

Ha esposto in numerose città italiane e straniere tra cui Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Siena, Verona, Trieste, Padova, Salerno, Perugia, Parigi, Salisburgo, Detroit.

Nel 1999 è uno degli autori invitato a partecipare alla mostra “Fantasimilia. Dalla fotochimica alla fotoelettronica”, a cura di Italo Zannier con la collaborazione di Sabrina Zannier, al Craf Centro Ricerca e Archiviazione della Fotografia di Spilimbergo (PN), mostra importante dedicata ad una selezione di autori italiani che iniziano ad utilizzare per la produzione dell’immagine fotografica la tecnologia digitale.

Dell’Antonia è tra i primi artisti in Italia ad adoperare la tecnologia digitale per il trattamento dell’immagine, conosciuto per la sua riflessione sulle questioni dell’uomo contemporaneo, base di una ricerca tra naturale e artificiale, tanto nel considerare le condizioni, quanto per dedurne le possibili trasformazioni sia nella rappresentazione dell’uomo che del paesaggio. Attraverso la tecnologia e lo studio rigoroso (fotografia, composizione, disegno) Dell’Antonia sembra modificare le condizioni percettive di un ambiente che rimane comunque in grado di comunicare la necessità delle proprie trasformazioni, la forza dei radicamenti e la potenza di uno sguardo capace di trovare nella lucida razionalità della percezione la sintesi del reale e della sua astrazione.

Tra le mostre le personali si ricordano: “Scraps” nel 2007, con Cosua, alla galleria Alberta Pane di Parigi, galleria con cui attualmente collabora. Nel 2003 “Qualcosa di sottile mi scivola dalle mani”, a cura di Boris Brollo, Galleria Civica Moderna e Contemporanea, San Donà, Venezia; nel 2001 “Immagini di sintesi”, a cura di Riccardo Caldura, Galleria Biagiotti Arte Contemporanea di Firenze; nel 2000 “La stanza critica”, a cura di Lorenzo Michelli, Galleria C-Zone - Trieste. 1999 “Abitanti”, a cura di Riccardo Caldura, con Penso, Galleria Biagiotti Arte Contemporanea, Firenze.

Tra le mostre collettive si ricordano: invitato nel 1997 a “Aperto Italia 97”, Giovane Arte e Giovane Critica, da Sabrina Zannier, Trevi Flash Art Museum, Trevi (PG). Invitato da Elio Grazioli per la seconda edizione (1977) de “Il Punto”, Galleria Continua, San Gimignano, Siena. Partecipa a MATRIX: I^ rassegna centroeuropea d’arte moltiplicata, a cura di Giuliana Carbi, testo di Riccardo Caldura, 1999, Trieste Contemporanea Galleria Tommaseo, Trieste.

Nel 2000 Next Museum E-Moma, a cura Jef Bourgeau The Museum of New Art - Detroit.

Nel 2001 -Bloody_Body_Value_Nobody, cured by Maria Campitelli Marina Grznic, Radmila-Iva Jankovic, Anton Ledere, Margarethe Makovec, Galeria Marino Cettina, Umago Croazia. 2003 “at.it.3/energie”, Rotunde di Salisburgo AG, a cura di Ana Mas, Karl A. Irsigler, R. Caldura, Salzburg, Austria.

Nel 2006 tiene un workshop sulla propria ricerca nell’analisi della città metropolitana presso l’Accademia di Brera di Milano su invito di Jacqueline Ceresoli al corso di Città e metalinguaggio presentando “CityFlower” una riflessione sulla possibile città. Partecipazione alla mostra “La Nuova Scena Urbana, cittàmorfosi”, a cura di Jacqueline Ceresoli, Milano.

Nel 2007 partecipa con la Galleria Alberta Pane di Parigi al Diva Art Fair, Louvre des Antiquaires, Parigi.
Finalista nel 2009 alla seconda edizione del Premio Terna 02 Arte Contemporanea, a cura di Gianluca Marziani e Cristiana Collu, Roma. Sempre nel 2009 mostra “Limite alla rovescia”, a cura di Daniele Capra ed Elena Forin, Vittorio Veneto TV

Nel 2010 presente a “Urban Display”, a cura di Riccardo Caldura, Galleria Contemporaneo, Mestre Venezia;
e mostra Stratifications, a cura di Daniele Capra, con I. Eskinja, F. Girardeau, B. Kladar, M. Lelouche alla Galleria Alberta Pane di Parigi.





Benedetta Borghese
PR & Communications Manager
Hotel de Russie Roma – Hotel Savoy Firenze
Tel. 06 32 88 88 47 E-mail [email protected]
www.roccofortecollection.com



(notizia segnalata da PAOLA di pietro)


Autore
https://www.infooggi.it - Il Diritto Di Sapere

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