Pugnala un bambino afghano che gli chiede del cioccolato, 18 mesi al granatiere Daniel Crook
Estero Sicilia

Pugnala un bambino afghano che gli chiede del cioccolato, 18 mesi al granatiere Daniel Crook

lunedì 5 dicembre, 2011

DISTRETTO DI NAD 'E ALI, PROVINCIA DI HELMAND (AFGHANISTAN), 5 DICEMBRE 2011 – La vicenda risale a marzo del 2010, ma le autorità britanniche ne hanno dato notizia solo nei giorni scorsi. Il ministero della Difesa britannico ha reso nota l'espulsione dall'esercito, con relativa condanna a 18 mesi di carcere, per Daniel Crook, che in servizio in Afghanistan lo scorso anno ha, sotto gli effetti dell'alcol, accoltellato un bambino. Il motivo? Apparentemente nessuno. [MORE]

Stando a quanto racconta Haji Shah Zada, padre del piccolo assassinato, Daniel Crook, che nell'esercito ricopriva il ruolo di granatiere, avrebbe fermato due persone in bicicletta, tra i quali il piccolo Ghulam Nabi, 10 anni, ai quali il militare avrebbe intimato di tornare indietro.
Secondo quanto riportato dalla Procura che ha indagato sul caso, il bambino stava chiedendo a Crook – che stando la ricostruzione fatta dal The Telegraph non stava pattugliando e si trovava da solo – di comprargli un dolce di cioccolata. Per tutta risposta è stato pugnalato con la baionetta nella zona lombare.

Secondo quanto emerge dalla ricostruzione fatta dalla corte marziale che lo ha processato, il soldato era così ubriaco da essere stato costretto a ricorrere alle cure mediche prima di iniziare il suo turno di pattuglia. Proprio l'evidente stato in cui si trovava rendeva necessaria la confisca del suo fucile, confisca alla quale Crook aveva sostituito una baionetta e due granate. Si deduce, alla luce di questo, anche il motivo per cui al momento del fatto Crook si trovasse da solo.

Tornato alla base, Crook avrebbe fatto rapporto sull'accaduto, pur non sapendo spiegare – né ai suoi commilitoni né, successivamente, alla corte marziale – il motivo di quel gesto.

«I militari britannici sono in Afghanistan per ricostruire il paese e scovare gli insorti, non per pugnalare un bambino», ha detto il padre di Ghulam, che ha anche raccontato come il piccolo, nonostante siano passati ben diciotto mesi, non sia ancora tornato a scuola e che i militari abbiano “chiuso la pratica” indennizzando la famiglia con 800 dollari, nonostante le spese sostenute per le cure siano state ben più alte e la richiesta di risarcimento di 40mila dollari. «Lo abbiamo portato di corsa all'ospedale di Lashkar Gah, ma i dottori ci hanno detto che non potevano curarlo e ci hanno mandato a Kandahar», ha concluso.

Un portavoce del ministero della difesa britannico ha comunque tenuto a sottolineare come il primo obiettivo delle truppe britanniche e dell'Isaf sia quello di proteggere i civili, e che ogni trasgressione subisce profonde ed accurate indagini.

La vicenda, evidenzia il Guardian, è solo l'ultimo episodio di una serie di procedimenti aperti contro militari britannici, accusati di causare vittime tra i civili afgani, come quello che ha coinvolto il sergente Mark Leader ed il capitano Jody Wheelhouse della Royal Marines, artefici dell'aggressione a Mohammad Ekhlas, 48enne prigioniero «ferito e disarmato», come ha evidenziato Michael Hunter, il giudice della corte marziale a cui è stato affidato quest'ultimo procedimento. Dal marzo 2010 sono sei i militari britannici finiti davanti alla corte marziale, per un totale di 99 procedimenti dal 2005 al marzo di quest'anno.

I militari delle forze nazionali e dell'Isaf sono in Afghanistan per «ricostruire il paese e proteggere i civili». Ma con quali standard? È davvero così semplice, per un militare, prelevare delle armi ed andarsene in giro? E se, per ipotesi, invece che un bambino in bicicletta il Daniel Crook della situazione avesse trovato un mercato e avesse iniziato a sparare a casaccio, cosa sarebbe successo? Se fosse stato “dall'altro lato della democrazia”, se fosse stato un kamikaze saltato nel bel mezzo di un mercato la risposta è ben nota. Ma il piccolo Ghulam non è altro che uno dei tanti – troppi - “effetti collaterali” dell'esportazione della democrazia.

Andrea Intonti


Autore
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