Quinta domenica di Pasqua - Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto
Parola e Fede Lazio

Quinta domenica di Pasqua - Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto

sabato 28 aprile, 2018

Quinta domenica di Pasqua - Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto.  

Prima Lettura At 9, 26-31

In quei giorni, Saulo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo.
Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso. 

La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero. [MORE]

Pensiero.
San Paolo ogni qualvolta ha parlato di se stesso non ha mai negato il suo passato e tutto il suo odio verso i cristiani. Si procurava lettere firmate per mettere in prigione o uccidere i cristiani. La sua conversione avviene sulla via di Damasco mentre è in corsa per andare ad arrestare i credenti. Lo ha sempre confessato. Ha però sempre celebrato il suo presente come opera purissima della misericordia di Dio. Gesù ha arrestato la sua corsa di odio e gli ha chiesto di iniziare un cammino di evangelizzazione e di testimonianza della grazia di Dio. Non era molto amato dai Greci i quali cercavano di ucciderlo e, allora, i discepoli pensano di proteggerlo e lo conducono a Cesarea. Guardiamo il tutto con altri occhi. Paolo è troppo prezioso agli occhi di Dio. Cristo Gesù non lo ha chiamato perché aveva bisogno di un martire, ma perché gli era necessario un missionario con il suo zelo. Il martirio ci sarà ma alla fine della sua vita, quando avrà terminato la sua corsa.


Seconda Lettura 1 Gv 3, 18-24

Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.
In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa.
Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito.
Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

Pensiero.
La seconda lettura di oggi ci chiede di verificare il nostro amore per il Signore. Qual è la differenza di un amore a parole e di un amore con i fatti? Le parole volano nel vento e si disperdono e se anche sono delle più belle, rimangono tali. Con la bocca posso dire ad una persona: “ti voglio bene” e magari con i fatti la posso calunniare, tradire, disprezzare. Lo stesso vale con Gesù. Con la bocca posso dirgli: “ti amo” e poi con i fatti non vivo una vita nella grazia dei sacramenti, sono un bugiardo, un adultero, un bestemmiatore, non faccio nulla per crescere spiritualmente. Beh la differenza è abbastanza evidente.

Vangelo Gv 15, 1-8

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Pensiero.
Noi siamo i tralci dell’unica vite che è Gesù. Oggi ci viene annunciata con chiarezza una grande verità: solo se restiamo uniti a Cristo, alla sua Parola, possiamo portare frutti buoni altrimenti, non solo non porteremo buoni frutti ma il Padre ci getterà via. Un cristiano non può camminare senza Cristo. Non ha motivo di esistere. E’ chiaro il monito di Gesù: senza di me non potete far nulla e, ancora, se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. Perché a volte non siamo esauditi? Proprio perché pensiamo di essere con Dio ma con la nostra vita e le nostre azioni siamo lontani da lui. Oggi facciamo questo proposito di voler essere sempre attaccati a Lui.

Mi metto in discussione:
1. Il mio amore per Gesù è di sole parole o di fatti concreti e quotidiani?
2. Mi sforzo di camminare ogni giorno nella Parola del Signore?
3. Quale pagina del Vangelo mi viene ancora difficile da vivere?

Don Francesco Cristofaro


Autore
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