Turchia, Erdogan: reintroduzione della pena di morte. Via a sospensioni e licenziamenti
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Turchia, Erdogan: reintroduzione della pena di morte. Via a sospensioni e licenziamenti

martedì 19 luglio, 2016

ANKARA - Non si arresta la repressione del presidente turco Erdogan nei confronti degli autori del fallito colpo di stato, con centinaia di arresti tra i militari e migliaia di epurazioni nella pubblica amministrazione. Non solo: Erdogan ribadisce l’intenzione di andare avanti sulla reintroduzione alla pena di morte. [MORE]

"La pena di morte c'è negli Stati Uniti, in Russia, in Cina e in diversi Paesi nel mondo. Solo in Europa non c'è" ha dichiarato lunedì 18 luglio il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Ai microfoni della CNN ha aggiunto: "Ogni decisione spetta al Parlamento. E qualunque sia la decisione del Parlamento, io la approverò".

Queste dichiarazioni hanno generato tensione all’interno dell’Ue: difatti, Erdogan avrebbe ricevuto una telefonata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, in cui avrebbe espresso la sua totale opposizione alla scelta di reintrodurre la pena di morte. Inoltre, l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell'Ue, Federica Mogherini, ha rilasciato un’intervista in cui ribadisce che la Turchia è ancora considerata una “partner” dell’Ue, il cui obiettivo primo è “il ritorno al rispetto dello stato di diritto.” Tuttavia, riguardo a futuri rapporti, si esprime così: "potrebbe servire una nuova riflessione strategica; ma in un secondo momento, ora la situazione si deve stabilizzare".

Queste tensioni fra Unione europea e Turchia sono dovute al fatto che, nel caso in cui il governo turco reintroducesse la pena di morte, si creerebbe un’ incompatibilità insanabile. Infatti, come ha spiegato recentemente il ministro degli Affari Esteri italiani Paolo Gentiloni a Radio Anch’io: “se la Turchia dovesse reintrodurre la pena di morte i negoziati per l'adesione di Ankara all'Unione europea si interromperebbero. E' chiaro che non sta né in cielo né in terra di continuare un qualsiasi percorso negoziale con un Paese che reintroducesse la pena di morte, visto che tra i principi dell'Unione europea c'è ovviamente l'abolizione della pena di morte".

Occhi puntati sulla capitale turca, che domani prenderà un’importante decisione, come annunciato da Erdogan ad una folla di sostenitori davanti alla sua residenza nella sponda asiatica di Istanbul: "Riuniremo il Consiglio di Sicurezza Nazionale. […] Dopo la riunione annunceremo un'importante decisione" .

Intanto, prosegue “l’epurazione” del e nel governo turco, come aveva dichiarato il presidente Erdogan:” faremo pulizia all'interno di tutte le istituzioni dello Stato per liberarle dal "virus" che ha innescato la rivolta sfociata nel tentativo di colpo di stato di venerdì sera.”

Il vice premier turco Numan Kurtulmus ha recentemente aggiornato le cifre di quest’operazione colossale: 9.322 le persone arrestate, ma sono in continuo aumento, così come le sospensioni. Tra gli arrestati, 100 agenti di polizia, 6.038 soldati, 755 tra giudici (due della Corte Costituzionale) e procuratori, e 650 civili, mentre per 316 è stata confermata la custodia preventiva. Aggiungendosi agli arresti di massa, la "purga" colpisce anche esercito e polizia, sospende 30 prefetti su 81 e solleva dai loro incarichi 8.777 dipendenti del ministero dell'Interno, con circa ottomila agenti costretti a riconsegnare armi e distintivo, 614 gendarmi e 47 governatori di distretti provinciali.

La Diyanet, ovvero la Presidenza turca per gli Affari religiosi (massima autorità islamica dipendente dallo Stato) , ha comunicato l’allontanamento di 492 dipendenti - tra cui imam e docenti di religione – perché sospettati di avere legami con la rete di Fethullah Gulen, accusato da Ankara di essere la mente dietro il fallito golpe. L’uomo, dapprima un predicatore islamico moderato e alleato di Erdogan, si è trasformato in un suo accanito oppositore, risiedente negli Stati Uniti. La Diyanet, inoltre, non consentirà i funerali islamici per i golpisti uccisi.

Lo Yok, il Consiglio per l’alta educazione (organo costituzionale che ha la supervisione delle università tuche) ha chiesto le dimissioni di 1.577 rettori della Turchia, tra cui 1.176 da università pubbliche e i restanti da fondazioni universitarie; mentre il ministero dell’Educazione turco ha revocato la licenza d’insegnamento a 21 mila docenti di scuole private Infine, circa 1.500 impiegati sospesi in tutto il Paese dal ministero delle Finanze.

Il premier turco Binali Yildirim ha aggiornato anche il bilancio delle vittime del tentato golpe: morte 208 persone, di cui 145 civili, 60 poliziotti e 3 soldati. Oltre 100 golpisti uccisi.

(foto da direktno.hr)

Eleonora Ranelli


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