Mons. Vincenzo Bertolone ha ordinato sei giovani Sacerdoti [Video]
Cronaca Calabria

Mons. Vincenzo Bertolone ha ordinato sei giovani Sacerdoti [Video]

lunedì 5 maggio, 2014

CATANZARO, 5 MAGGIO 2014 - IL 3 maggio 2014, nella cattedrale di Catanzaro l’arcivescovo Vincenzo Bertolone ha ordinato sei giovani sacerdoti. Si tratta di don Giuseppe Biamonte e don Valentino Cubello, appartenenti alla comunità parrocchiale “Santa Maria Assunta” di Gagliano in Catanzaro; don Ivan Modugno e don Davide Riggio, della parrocchia “Maria Madre della Chiesa” in Santo Janni di Catanzaro; don Felice Raffaele della parrocchia “Santa Famiglia” in Catanzaro, e don Vincenzo Bruno Schiavello della parrocchia “San Biagio Vescovo” in Serra San Bruno.  

Pubblichiamo integralmente 
La Liturgia della Festa dei santi Filippo e Giacomo

Letture: 1Cor 15,1-8; Sal 18; Gv 14,6-14

Al Padre, di cui i cieli narrano la gloria, lode e onore! A Gesù Cristo, che è Via Verità e Vita, lode e onore e gloria!
Allo Spirito Santo, forza interiore che ci fa annunciare con coraggio il Vangelo, lode onore e gloria! Introduzione e saluti



Carissimi fratelli e sorelle,
1. Sono davvero lieto di trascorrere con voi, per rendere grazie a Dio in questa liturgia di ordinazione presbiterale, il 7° anniversario della mia ordinazione episcopale dopo l’intensa, a tratti commovente, esperienza vissuta nella Terra Santa e poi in piazza San Pietro per l’indimenticabile giornata di una duplice canonizzazione! Per questa speciale missione vi invito a pregare affinché possa sempre esercitare con fedeltà a Cristo il mio servizio episcopale.

Siamo qui, convocati dal Signore, per celebrare un evento di grande grazia per la nostra Chiesa diocesana: l’Ordinazione presbiterale dei carissimi Giuseppe, Valentino, Ivan, Felice, Davide e Vincenzo. Li accolgo e saluto con profondo affetto e grande commozione. Saluto Sua Eccellenza Monsignor Antonio Cantisani, vescovo emerito di questa diocesi, che ringrazio per la sua presenza attenta e premurosa. Saluto con gratitudine, il Rettore, i Superiori del Seminario san Pio X, l’équipe formativa, i direttori spirituali ed i parroci che hanno accompagnato con cura e competenza i nostri cari giovani diaconi nel cammino di formazione.

Saluto ancora i sacerdoti venuti da varie diocesi e i presbiteri di questa Chiesa diocesana. Saluto infine con grande affetto le famiglie dei nostri ordinandi, le loro comunità di provenienza con i rispettivi sindaci e tutti voi qui presenti.

2. Abbiamo trovato. Carissimi diaconi è molto bella l’ordinazione presbiterale nel giorno della festa dei santi apostoli Filippo e Giacomo perché ci colloca nella linea della successione apostolica e, per le mani consacranti di un successore degli apostoli, venite immessi nel grado presbiterale del sacramento di Ordine. Filippo è l’unico dei primi discepoli ad essere incontrato personalmente da Gesù e da lui personalmente chiamato, quasi simbolo di ogni vocazione al discepolato. La vocazione – anche quella di speciale consacrazione - è sempre un incontro tu a tu, da persona a persona, com’è certamente accaduto anche nella vostra esistenza personale. L’apostolo Filippo avvertì subito il bisogno di comunicare la propria esperienza, incontrando Natanaele e perciò parla al plurale, come fanno anche gli altri primi discepoli: abbiamo trovato, abbiamo visto.

3. Come vedere Gesù? ci chiediamo anche noi, oggi. Filippo lo dice ad Andrea e, insieme, lo riferiscono a Gesù. Filippo, inoltre, pronuncia la sua bella professione di fede davanti a Natanaele che raffigura, per così dire, l’opponens, l’obiettante della disputa teologica: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella legge e i profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nazaret» (Gv 1,43). C’è dello sconcerto, in questa pur bella e sintetica professione di fede: un Messia di cui si conoscono le origini insignificanti – la piccola Nazaret! –, sembra, infatti, ben fuori dalle usuali attese messianiche del popolo dell’alleanza. Uno sconcerto dei discepoli che viene ribadito, appunto, dall’obiezione di Natanaele, alla quale Filippo risponde, più che con una risposta formale, con due imperativi operativi ed esistenziali: vieni e vedi. Ma prima che Filippo proponga la sua professione di fede, lo sguardo di Gesù era già su Natanaele: la vocazione, infatti, precede la stessa testimonianza di fede, lo sguardo del Risorto precede ogni mediazione, come anche nel vostro caso, carissimi candidati al presbiterato, in cui la mediazione della famiglia d’origine, del Seminario, dei direttori spirituali, dello studio filosofico-teologica, sono state certamente precedute dallo sguardo del Maestro, colui che, per primo, vi ha chiamati e ora, per il ministero gerarchico della chiesa, v’impone le mani per il servizio e per l’annuncio.

4. Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo. A sua volta, nella lettera di Giacomo, l’apostolo si autoproclama «servo di Dio e del Signore Gesù Cristo» Dispersi gli Apostoli, negli anni 36-37, Giacomo appare a capo della Chiesa madre (Atti 21,18-26). Paolo lo apostrofa come «fratello del Signore» (Gal 1,9) e gli riconosce un ruolo particolare nella gestione della prima comunità cristiana di Gerusalemme, insieme con Pietro. Testimone del Risorto (1 Cor15,7), a lui Pietro fa annunciare la sua liberazione (Atti 12,17), con lui prende contatto Paolo convertito (Gal 1,18s). Giacomo ha un ruolo importante nel cosiddetto Concilio di Gerusalemme (Atti 15,13-29).

Filippo e Giacomo sono le due figure apostoliche che dominano la Memoria liturgica di oggi. Le letture, che abbiamo proclamato, enfatizzano, in primo luogo, uno dei compiti della comunità cristiana e, in essa, dei presbiteri: l’annuncio della Parola di Dio e, in particolare del Vangelo. Trasmettere soprattutto il kèrygma, di cui abbiamo sentito oggi una bella formulazione: Cristo morì per i nostri peccati, fu sepolto, è risorto il terzo giorno, apparve a Cefa, ai Dodici, ai fratelli, a Giacomo, a Saulo che divenne Paolo. È, questa, la dinamica delle Scritture, la dinamica della Parola di Dio scritta: morte-resurrezione di Cristo e sua “rivelazione”, o apparizione personale, a coloro che sono chiamati a trasmettere quanto hanno ricevuto.

Per l’imposizione delle mani del vescovo, anche i presbiteri vengono, dunque, inseriti nella linea di questa recezione-trasmissione, della parola vivente di Dio, parola che consola, parola che conforta, parola di tenerezza, parola che accompagna, parola compassionevole di Dio, parola che cura le cicatrici dell’umanità ferita, parola di guarigione, parola di liberazione, parola che esprime l’eterno sorriso di Dio, il suo esserci attraverso il nostro servire. Dalla Parola attingete luce: la Parola illuminerà i vostri passi, la Parola nutra la vostra fede, interroga la vostra intelligenza, inquieta la vostra coscienza. La Parola di Dio, come spada a doppio taglio, penetra nelle giunture e nelle midolla. È questa Parola di Dio che deve trafiggere il vostro cuore e tenere sempre giovane la vostra anima. Allora, nutritevi della Parola di Dio, fate riposare il vostro cuore in essa, meditatela. Non chiudere gli occhi dopo averla letta, scrutatela con l’intelligenza della mente e del cuore. Gli uomini hanno fame e sete della Parola di Dio, non di parola umane. Le parole umane possono confortare per un giorno, possono illudere per un istante, ma è la Parola di Dio che nutre, illumina e riscalda il cuore. È dall’orizzonte della Parola di Dio che si apre il velo di speranza che è sempre appeso alla croce di Cristo.

L’imperativo di annunciare il Vangelo. L’ufficio di predicare il Vangelo e di annunziarlo all’assemblea sia, perciò, la vostra principale caratteristica, carissimi giovani. Inoltre, vi supplico: convertite ogni giorno questo kèrygma in fede viva, insegnatelo e compitelo. Dal Vescovo, successore degli apostoli, voi ricevete oggi, in primo luogo, l’imperativo di annunciare il Vangelo, di praticare, come presbiteri in cura d’anime, l’evangelizzazione! Da oggi, dovrete registrare un cambiamento nel più profondo del vostro essere; nella vostra persona ordinata, infatti, il soffio dello Spirito Santo si unisce al vostro respiro fisico, affinché quello che voi predicherete ed insegnerete non sia mera voce umana, ma la voce stessa di Cristo, vero Dio e vero uomo. Quello che i Greci avevano chiesto a Filippo: vedere Gesù. Siate “duces verbi ”: testimoni della parola, capaci di portare nel mondo una parola pronta a inquietare le coscienze, a consolare gli animi. Ecco vedete, l’annuncio del Regno di Dio è un annuncio di impegno che deve smuovere l’indifferenza – la grande malattia del nostro tempo! – che deve riuscire a passare oltre la pelle ed entrare nelle profondità del nostro essere; deve però, al tempo stesso, anche avere – come Cristo ha dimostrato durante la sua esistenza terrena – la dimensione dell’abbraccio, della consolazione, della tenerezza.

5. Come ministri ordinati, in modo particolare, siate dediti all’ufficio d’amore per i più poveri, che sono il tesoro più grande della Chiesa, anzi, come diceva il Beato Giacomo Cusmano, sono un altro sacramento. La carità comincia all’interno della vostra casa e della vostra famiglia ed è la traduzione operativa e fattiva della predicazione del Vangelo, nonché esemplificazione operativa della vostra fede nel Signore. Ogni predicazione del Vangelo, del resto, dev’essere e deve accadere, sempre, con le parole e le opere. L’incontro con Dio, che è Amore, porta, perciò, particolarmente il presbitero all’incontro amoroso con il prossimo, di cui deve conoscere le necessità; di cui deve portare ben volentieri le esigenze e i bisogni nella liturgia della messa e delle Ore, nonché nella sua instancabile preghiera personale

6. Un insegnamento mistico-religioso di Gesù. La pericope evangelica di oggi è quasi un discorso cuore-a-cuore, rivolto particolarmente a voi ordinandi; un testamento, o anche un discorso di addio, con il quale il Risorto intende far nascere nel cuore una profonda vita di amore, analoga a quella che avviene nella vita trinitaria. Una vita agapica. Il tema fondamentale del brano proclamato è, infatti, il rapporto tra Gesù e il Padre: lui soltanto può condurre ogni essere umano alla vera comunione col Padre, perché lui soltanto vive nel Padre e il Padre in lui. In questo senso, chi conosce Gesù – anche grazie all’annuncio e alla testimonianza del presbitero –, conosce il Padre. Riconoscere la gloria del Padre.

7. La missione di Gesù sarà continuata dalla Chiesa: le opere meravigliose dell’amore, già compiute dal Maestro, sono ora affidate alle mani ed ai piedi dei credenti e, tra loro, sono affidate particolarmente a voi che, pur essendo nella comunità, di fronte ad essa siete il segno del Cristo buon Pastore. Ecco perché vi esorto con tutta l’anima: carissimi giovani, la carità, che eserciterete trabocchi verso i più bisognosi e, soprattutto, si svolga nell’ambito più nascosto, che solo Dio conosce, perché è nei poveri e diseredati che Cristo in persona soffre e si manifesta e sulla nostra capacità di averlo riconosciuto in questi volti, saremo giudicati alla fine. Il vero volto di Cristo si manifesta attraverso ministri umili, sinceri, casti, formati, oranti e in sintonia con il presbiterio e con il Vescovo. L’amore non è un sentimento vago o emotivo: è l’osservanza dei comandamenti e delle parole di Cristo. Ecco perché, carissimi, dovete coltivare e praticare l’amore vero! Tutta la comunità diocesana vi attende, prega per voi, con voi vuole vedere Gesù.

8. Carissimi vi auguro di squarciare il vero dei cieli con il vostro cuore, con la vostra preghiera. Parlate a Dio degli uomini prima di parlare agli uomini di Dio, coltivate molto il silenzio. Non innamoratevi della verbosità fatua, non andate dietro alle mode del tempo, siate amici del silenzio, perché, come dice Bonhoeffer: «Nel silenzio è insito un profondo potere di chiarificazione e di concentrazione sulle cose essenziali». Cercate ciò che è essenziale nella vostra vita: Cristo Gesù .

9. Abbiate cura dell’altare: rappresenta Cristo stesso. Non solo vi dovete nutrire dell’Eucaristia, ma inginocchiatevi ad adorare Gesù nell’Eucaristia. Non temete di educare i giovani e le persone all’adorazione di Dio nell’Eucaristia. Abbiamo bisogno di cose solide, abbiamo bisogno di tornare a piegare le ginocchia, abbiamo bisogno di alzare il nostro sguardo dalla vanità di questa terra, dalle cose effimere che passano.

10. Carissimi Giuseppe, Valentino, Ivan, Felice, Davide e Vincenzo, Vi accompagni, la grazia del Signore, la mia preghiera e la mia benedizione.

Interceda per voi, facendovi sentire la sua rassicurante vicinanza e tenerezza, Maria Ss, la madre di Gesù, la madre dei discepoli di suo Figlio, in particolare la madre dei sacerdoti. Siate come Maria Immacolata, concentrati soltanto su Cristo Gesù! E Maria Santissima vi sia Madre, Maestra, Sorella di cammino.
Amen.[MORE]

 

+Vincenzo Bertolone


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