In pizzeria...per ricordare una verità semplice  e profonda
Parola e Fede Piemonte

In pizzeria...per ricordare una verità semplice e profonda

venerdì 8 agosto, 2014

Cari lettori, in questo mese di Agosto la rubrica Parola e Fede vi propone una serie di riflessioni in modo da ristorare non solo il corpo, in questi mesi di vacanza, ma anche lo spirito. Non smettiamo mai d'interrogarci e alimentare quella sana curiosità che ci porta ad amare sempre più Cristo e la sua Chiesa. 

Partiamo con una semplice domanda: Amate la pizza?

Bene! Immaginate, una sera, di uscire per andare in pizzeria. Quella sera, magari, la vostra fame è più forte del solito. Durante il percorso, state già immaginando il tipo di pizza che sceglierete: è come se sentiste già il suo profumo e il gusto dei suoi ingredienti; la fame aumenta sempre più.Ops!!! Ma cosa accade quella sera? Arrivati in pizzeria, accade qualcosa d’insolito, d’increscioso: i camerieri arrivano tardi per annotare l’ordine, mancano le posate sul vostro tavolo, non hanno portato ancora nulla da bere e quando, circa un’ora dopo dall’ordinazione, arrivano le pizze, vi accorgete che alcune di esse non sono ancora del tutto cotte, altre sono così bruciacchiate da fare invidia al carboncino del caminetto. A tutto questo si aggiunge il fatto che i camerieri si mostrano persino seccati dalla perplessità che iniziate a manifestare e reputano fastidiosa la vostra presenza, assumendo comportamenti poco accoglienti.
Vi chiedo a questo punto: davanti a un’esperienza simile, volendo rimanere nelle regole della buona educazione e dovendo trovare una soluzione consona per il futuro, quale decisione prendereste fra le tre proposte qui di seguito?
“Non mangerò più pizza in vita mia!”
“Cambierò pizzeria!”
“Quando avrò voglia di mangiare pizza, me la preparerò sempre a casa mia!”.
Ovviamente, stiamo pensando tutti alla stessa risposta: “Cambierò pizzeria!” Non mi priverò del cibo che amo, solo perché chi doveva garantirmi un buon servizio, me lo ha negato! Normalmente, siamo indotti a non agire da irrazionali o da estremisti; cerchiamo, infatti, di ritenere sempre buono quello che è conveniente per noi, non solo in un preciso momento, ma anche per il futuro. Il cattivo servizio non ci spinge a rinunciare a quella piccola bontà che è la pizza.

Sull’onda lunga di questo racconto, che nello scherzo racchiude un insegnamento, vorrei riflettere su alcuni ragionamenti di tanti fedeli in relazione a problemi personali di fede. Essi possono essere sintetizzati da frasi del genere: “Quella persona mi ha trattata male!”, “Non condivido come la pensa tizio!” o ancora: “Che cosa vado a fare in chiesa se c’è gente come quella lì che….!” Sono davvero numerosi tali sfoghi che, sicuramente, palesano situazioni dolorose, a volte anche scandali, ma che, in nessun caso, giustificano un atteggiamento di condanna generalizzata della Chiesa e, in nessun caso, dovrebbero essere utilizzati per scagliarsi contro Dio o la fede in generale. Non ci si può privare di Cristo, nostra vera ricchezza, solo perché qualcuno si comporta male.
Inoltre, se non ci si priva mai della pizza, benché un cameriere sia stato sgarbato con noi, perché dinanzi al cattivo esempio di qualcuno dovremmo interrompere, definitivamente, il rapporto con Dio che non c’entra nulla? [MORE]

Pensaci bene, amico: anche Giuda ha tradito Gesù, ma cosa c’entrano gli altri apostoli? Essi hanno continuato a esser fedeli al loro Maestro. Sulla croce, con Gesù, c’erano due ladroni: uno era malvagio, l’altro si è pentito dei suoi errori. La storia umana è fatta di uomini santi e di peccatori, di persone che sbagliano e di altre che si sforzano di convertirsi. Il giudizio, quindi, lasciamolo a Dio e, per le persone che sbagliano, pensiamo sempre che, in fondo, siamo tutti in un cammino graduale di perfezione. Non è mai giustificabile la scelta di abbandonare Dio o di non accogliere i mezzi che nutrono la nostra fede, appellandosi agli errori altrui.

Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma io non abbandono Dio, perché lo porto sempre dentro di me, nel mio cuore.” La situazione è simile a quella di un figlio che al padre che gli chiede qualcosa di preciso, risponda: “Non ti preoccupare, io ti porto nel cuore, nei miei pensieri e ti voglio bene!” Intanto, però, questo figlio non realizza quanto il padre gli ha chiesto di fare, giustificandosi e nascondendosi dietro l’errore di qualche persona che non ha nulla da spartire con quanto Dio domanda a lui personalmente.
Su cosa dobbiamo riflettere, quindi, cari amici? Sul fatto che siamo noi a dover cambiare atteggiamento nei confronti di Dio; per divenire migliori, non bisogna aspettare, rimandare, subordinando il nostro impegno a un eventuale cambiamento altrui. Se desideriamo davvero che gli altri cambino, infatti, dobbiamo far vedere e far parlare la luce di Dio nella nostra vita. In che modo? Con la fedeltà alla sua Parola, con la testimonianza nell’amore, nel volersi bene, con la perseveranza nella fede, con il cammino nella grazia, con la partecipazione alla mensa dell’eucarestia, con la richiesta del perdono e della confessione e, soprattutto, con un’intensa preghiera sia per noi, sia per chi ha bisogno - più che delle critiche - della nostra amorevole attenzione.

Don Alessandro Carioti
Parroco e Docente presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose in Catanzaro

 

(Fonte foto: www.medioevodaraffaele.com)

Si ricorda che ognuno può porre i propri dubbi scrivendo al seguente indirizzo di posta elettronica [email protected] . Si cercherà di fornire a tutti una risposta. 


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