Messaggio dell'Arcivescovo Vincenzo Bertolone rivolto a fine processione del Venerdì Santo
Chiesa e Società Calabria

Messaggio dell'Arcivescovo Vincenzo Bertolone rivolto a fine processione del Venerdì Santo

venerdì 14 aprile, 2017

Quest'anno la processione della “Naca” per le vie del centro storico della città è stata curata dalla Reale Arciconfraternita dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista dei Cavalieri di Malta ad Honorem, presente nella parrocchia di San Giovanni Battista di Catanzaro.
Pubblichiamo il testo integrale della riflessione rivolta a fine processione dall'Arcivescovo Mons. Vincenzo Bertolone, presidente della CEC, al termine della processione del Venerdì Santo.
CATANZARO, 14 APRILE - Venerdì santo 2017, dopo la Via cruci Dietro la croce come Giuda? Sorelle e fratelli carissimi, abbiamo attraversato il centro storico, luoghi della memoria, siamo andati appresso a un crocifisso, vittima dei timori del Giudice romano e delle accuse infondate di alcuni membri del Sinedrio ebraico? Permettetemi delle domande. Siamo, forse, andati con l’animo di Giuda, di colui che consegnò il Maestro ai capi ebraici, forse ritenendo di far bene? . [MORE]

L’evangelista nota che era notte, non soltanto per indicarci l’ora del tempo, ma per descrivere il buio che si impadronisce di un uomo quando, invece di ascoltare le parole dell’amore, dell’amico, invece di osservare che il boccone veniva intinto per lui non contro di lui, si lascia invece vincere dal calcolo di tipo economico (Giuda teneva la cassa), dal calcolo di tipo politico (meglio consegnarlo ai Giudei che continuare a stargli appresso, avrà forse pensato Giuda), dal calcolo dei vantaggi (meglio non dare la vita per un perdente, avrà pensato Giuda, ma lo penserà di lì a poco lo stesso Pietro).Sorelle e fratelli, una volta lessi, non mi ricordo dove, che il più grande peccato di Giuda non è l’aver tradito il Signore, ma l’essersi allontanato dai Dodici, ovvero dal nucleo della prima chiesa, decidendo di porre fine alla sua esistenza impiccandosi.

Dietro la croce come Pietro?  Siamo andati, forse, come Pietro? Tutto il contrario, di quello che fa Giuda. Pietro segue a distanza, poi tradisce e rinnega; ma, nonostante sentisse il rimorso per aver rinnegato anch’egli Gesù per ben tre volte, decide di continuare la predicazione non allontanandosi mai più dagli insegnamenti del Rabbì. Forse, tra noi, ci sono persone che sono andate appresso al Crocifisso come Pietro. Forse, vivono a distanza dalla comunità cristiana, quasi per non compromettersi. Forse, più che lontani, si sentono allontanati da noi. Se abbiamo sbagliato, se vi abbiamo fatto allontanare, vi chiediamo perdono. Davanti al Crocifisso, vi diciamo: le nostre braccia sono aperte ad abbracciarvi, solo che lo vogliate. Sono le braccia della Madre chiesa, la quale, come Maria, abbraccia e stringe a sé chiunque è caduto, vinto dalla vita, dal dolore, dalle sofferenze.

Dietro la croce come la Madre? Siamo forse andati dietro la Croce come la Madre, come Maria Addolorata? Volesse il cielo che questi fossero i nostri sentimenti! I nostri antichi pregavano così: “O gran Regina dei Martiri e la più desolata di tutte le madri! Il tuo dolore è immenso come il mare, perché tutte le piaghe che tutti i peccati degli uomini hanno impresse nel sacro corpo del tuo divin figliuolo, sono altrettante spade che trafiggono il tuo cuore.

Ecco prostrato ai tuoi piedi il peccatore più indegno, sinceramente pentito d’aver maltrattato il divin Redentore. Le colpe che io ho commesso sono più gravi di quello che io possa soffrire per cancellarle. Deh! Madre beata, imprimi nel mio cuore le piaghe santissime del tuo amore affinché io non desideri che di patire e morire con Gesù crocifisso, e spirar l’anima penitente nel tuo purissimo cuore”. Ma la Madre, mentre accoglie nel grembo pietoso il Crocifisso deposto dalla croce, che sarà deposto nel sepolcro nuovo, già ci mostra la luce della Pasqua di resurrezione. Il Venerdì santo non è che il primo giorno.

Viene il giorno terzo, che è anche il primo – giorno che inaugura ogni nuova cosa -, ma anche l’ottavo – giorno che tutto completa e rivede in Dio. Scrive Paul Claudel in una sua bella poesia (“La Vergine a mezzogiorno”): “È mezzogiorno. Vedo la chiesa aperta. Bisogna entrare. Madre di Gesù Cristo, non vengo a pregare. Non ho niente da offrire e niente da domandare.

Vengo solamente,  Madre, a vederti. Vederti, piangere di felicità, sapere questo Che sono tuo figlio e tu sei qui. Solamente per un momento mentre tutto si ferma. Mezzogiorno!... Perché sei bella, perché sei immacolata, La donna finalmente ristabilita nella Grazia, La creatura nel suo onore primo e nella sua fioritura ultima,  Com’ è uscita da Dio nel mattino del suo splendore originale.  Intatta ineffabilmente, perché sei la Madre di Gesù Cristo, Che è la verità fra le tue braccia, e la sola speranza e il solo frutto.  …Perché è mezzogiorno, perché siamo in questa giornata che è oggi,  Perché sei qui per sempre, semplicemente perché sei Maria, semplicemente perché esisti, Madre di Gesù Cristo, sii ringraziata”.

Sii ringraziata Maria, che oggi affidi al sepolcro il frutto delle tue viscere! Sii ringraziata perché nel mezzogiorno che è Pasqua, ce lo restituisci Risorto. È Pasqua, è mezzogiorno per la città e per il mondo. La morte è vinta, Cristo, nostra Pasqua, trionfa! “Da questo balcone benedetto voglio dirvi il mio grazie perché esemplarmente, avete partecipato alla solenne processione della Naca manifestando la vostra fede: tutti, sacerdoti e popolo, intellettuali, professionisti, operai e gente umile, avete fatto  brillare il vero volto  di Catanzaro e mi è spontaneo chiedermi, ma qual’è la vera’ anima del ‘popolo’ di Catanzaro? La fede in Cristo ci dà la vera visione della vita perché Cristo ha rivelato agli uomini: Il Padre, il senso della vita e della morte, Il senso del mondo dando una risposta alle grandi domande di sempre (chi siamo, dove andiamo, da dove veniamo, perché viviamo?) Amici carissimi, Cristo è la verità ed oggi: "nel tempo dell'inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario" come dice (George Orwell).

Ma la verità, in questo tempo nebbioso, non sempre trova ascolto. Perfino il mistero di morte e resurrezione di Cristo rischia di essere ridotto ad uno spettacolo, seguito con indifferenza da persone sedute ai tavoli dell’esistenza. Nel tempo di mutamenti socioculturali, in cui non vi sono punti di riferimento etico e sociale e, di conseguenza, non si sa più dare corpo a parole come fraternità o dignità umana, preferendo votarsi a una società delle macchine (Bergson avrebbe detto macchinica!) e della tecnologia digitale e della ipercomunicazione, praticata da giovani e giovanissimi per molte ore al giorno.

Più che di macchine, di tecnologia abbiamo bisogno di uomini veri e di tanta umanità. Più che d'intelligenza artificiale abbiamo bisogno di dolcezza e di bontà naturali. Senza queste virtù e qualità, la vita sarà violenta e tutto andrà perduto. Non consegniamo le nuove generazioni a gente senz'anima, a uomini-macchina, con una macchina al posto del cervello e del cuore! Il regno di Dio è nel cuore degli uomini. Pur di fronte al senso di angoscia generato dal buio dei nostri tempi, come i Chassidim di M. Buber possiamo ancora dire: “Tutta l’angoscia che l'uomo prova vien fuori da egli stesso, poiché la luce di Dio sempre ci inonda, ma l’uomo — accentuando troppo la vita del corpo — crea un’ombra, cosicché la luce non può raggiungerlo”[1]. Si tratta di togliere questo cono d’ombra e di far brillare la luce che è Cristo: Lumen Christi, Deo gratias! Di questa luce in grado di diradare le nebbie del tempo, Cristo fu ed è un riverbero luminosissimo e le vibrazioni della sua umanità e la trasparenza della sua anima li offro stasera alla vostra riflessione perché, sono certo, vi aiuteranno ad orientarvi e districarvi nella nebbia dei nostri poveri giorni.

Cari amici, Chiesa e città, un binomio che ha attraversato secoli di storia: dal Medioevo all’Illuminismo, dall’agostiniana De Civitate Dei all’archetipo biblico di Babilonia e Gerusalemme. Città e Chiesa non sono separate, sono distinte, sono compagne di viaggio, magari per strade diverse però tutte orientate verso la stessa direzione e verso la stessa meta: la salvezza dell’uomo. La salvezza è una parola che non è sequestrabile da nessuno perché è un valore assoluto, non è una parola, una prerogativa di pochi, ma è una necessità e un’urgenza di tutti”. Carissimi amici, “A Cristo Signore affido questa     città   e        tutta l’arcidiocesi perché             la protegga, perché       regni  sempre        in      questa         città nel cuore di             questo       popolo 

 


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