Parla la modella "curvy" Elisa D'Ospina, in campo contro i disturbi alimentari
Interviste

Parla la modella "curvy" Elisa D'Ospina, in campo contro i disturbi alimentari

venerdì 4 aprile, 2014

BOLOGNA, 4 APRILE 2014 - Anoressia, bulimia, binge sono malattie silenziose, solitarie, un conflitto continuo con se stessi e con il mondo. Malattie talvolta coperte da un grande velo di vergogna, dalle quali si sfugge, ci si nasconde o ci si aggrappa, si fa fatica ad ammetterle, a parlarne. I disturbi alimentari sono il migliore ed il peggiore monologo che si ha con il mondo. Eppure affrontarli si può, guarire si può. La modella "curvy" - come lei si definisce - Elisa D'Ospina, è scesa in campo per lottare, dare voce alla drammatica realtà dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) e fare un po' di luce sul mondo "naif" della moda.

Ci racconti un po' di lei. Cosa l'ha spinta a lottare contro i disturbi del comportamento alimentare?

Ho conosciuto i centri che curano i disturbi alimentari quando avevo dieci anni. Una persona a me molto cara era la per curarsi. Fin da piccola nel mio vocabolario le parole anoressia e bulimia erano presenti. Oggi che sono più grande ho pensato che fosse giusto far qualcosa per prevenire e diffondere cultura sui DCA, malattie ai molti ancora sconosciute.

La vita della moda è fatta di luci e ombre. Le luci si spengono dietro quella realtà impossibile da sondare - o quasi. Denunce lanciate contro la moda vista come una prigione di abiti che condanna un corpo ad una magrezza mortale. Ma cosa c'è realmente dietro quelle ombre?

C'è un intero sistema economico fondato sulla magrezza. La moda solo recentemente si è accorta che fuori dagli atelier le donne hanno corpi diversi da quelli che recentemente ci propongono. La visione distorta dell'immagine femminile deriva proprio dagli addetti del settore. Basta pensare che il mercato delle taglie forti parte dalla taglia 44, mi sembra già questo follia allo stato puro visto che è la taglia più comune.

Lei ha lanciato l'allarme sui siti pro-anoressia e pro-bulimia, i quali - ricordiamo - difendono a spada tratta ciò che è la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, tra gli adolescenti: anoressia e bulimia. Sfatiamo questo mito che rappresenta queste "bestie" come "migliori amiche", come un modo per "essere perfette". Cosa ci dice in merito?

Io lo chiedo alle ragazze che incontro nelle scuole se sono realmente convinte che la bellezza sta dentro una taglia, un numero. Io questa schiavitù non l'ho mai voluta per me stessa, voglio essere libera . Oggi per me il concetto di bellezza è così ampio che limitarsi alla percezione estetica mi sembra alquanto limitante.

Parliamo del suo libro, come nasce "una vita tutta curve"?

Ha una vita travagliata. Da tre anni è dentro un cassetto, come un qualcosa da custodire. Infatti racconto molto di me, proprio io che sono molto discreta sulla mia vita privata. Nasce dalla volontà delle persone che incontro nelle scuole , nei convegni, per strada che conoscendo la mia storia mi chiedono come poter recuperare le mie parole, come rimanere in contatto. La cosa bella che ho riscontrato in questi anni è che la mia storia entra nelle famiglie: mi scrivono mamme entusiaste che han saputo di me dopo l'incontro con le loro figlie a scuola oppure viceversa, figlie che son state consigliate dalla mamma di seguire le mie orme sull'accettazione. Dal 9 aprile le mie parole,la mia storia, qualche pillola sul come volersi bene ed accettarsi sarà in "Una vita tutta curve" edito da Giunti editore.

Lei ha parlato molto di "autostima". Qual è il consiglio che vuole dare a chi legge, a chi talvolta graffia, danneggia la propria autostima?

Troverete molto in merito nella seconda parte del mio libro. Il primo consiglio che do alle donne è di circondarsi di persone di qualità. Eliminare la quantità e privilegiare persone che davvero ci vogliono bene. Gente che se anche ci critica lo fa davvero per migliorarci e non con la gratuità del ferire.

Il corpo, i numeri, il conflitto con se stessi che si scaraventa automaticamente sul cibo sono invece parte di un mondo fragile che in silenzio chiede aiuto. La parola aiuta a prendere coscienza, è l'altra parte del dialogo, quella che va oltre il cibo, quella che permette anche di iniziare a combattere "la bestia" del disturbo alimentare e, dopo una lunga salita, ritornare alla vita, salvarsi.

(immagine da Elisa D'Ospina)

Rossella Assanti [MORE]


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