Dylar, tra folk ed elettronica: intervista agli Snow in Damascus
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Dylar, tra folk ed elettronica: intervista agli Snow in Damascus

venerdì 6 novembre, 2015

SOVERATO (CZ), 6 NOVEMBRE 2015 - Il debutto discografico degli Snow In Damascus si chiama Dylar ed è stato pubblicato lo scorso anno da Stout Music, in attesa del loro prossimo lavoro in studio abbiamo deciso di fare quattro chiacchere con la band umbra.
Buona lettura!

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Presentateci gli Snow in Damascus!
Ciao! Siamo un gruppo di cinque persone, di Città di Castello (PG), intente a scrivere canzoni con musica che spazia un po’ dal folk all’elettronica, che sembrerebbe potersi chiamare “genere folktronico”.

Il progetto nasce come solista per poi allargarsi con l'ingresso di altri membri, com'è cambiato l'approccio alla composizione?
Non è cambiato molto, nel senso che anche adesso le bozze di partenza vengono scritte singolarmente, ma poi i pezzi vengono lavorati in maniera collettiva, e i confini tra composizione e arrangiamento a volte sono molto sottili.

Qual è l'origine di Dylar? Diteci qualcosa in più del suo legame con Rumore Bianco.
Il disco si chiama così dal nome di un farmaco che compare in un romanzo (appunto, "Rumore bianco" di Don DeLillo), la cui funzione è quella di poter alleviare la morte. Questa scelta è nata dalla constatazione di quanto quel nome, o quel libro, siano stati importanti durante le fasi finali della scrittura del disco. Era un nome che racchiudeva un universo di suggestioni e domande legate al nostro rapporto con ciò che ci circonda da vicino, i nostri sensi, i nostri affetti, e la nostra disponibilità a mettere in gioco tutto questo.

Ci sono stati particolari ascolti durante la produzione del disco?
Certamente. In maniera più o meno cosciente, costantemente nelle fasi di lavorazioni di un disco si è particolarmente attenti a quello che altri musicisti hanno fatto nei propri dischi. Tra le cose che coscientemente abbiamo ascoltato per trovare delle chiavi di lettura del nostro lavoro ci ricordiamo (tra i tanti) Elbow, Massive Attack, Bon Iver, TV On The Radio…

Anche se siete freschi di debutto discografico, c'è un'esperienza live che vi ha colpito in modo particolare?
Siamo molto felici di aver potuto suonare per alcune date del tour di Paolo Benvegnù, quindi ti diciamo una di queste esperienze, la nostra esibizione ad Arezzo per Simmetrie Festival, dove abbiamo avuto l’onore di condividere il palco con Samcro, Fast Animals and Slow Kids e, appunto, Paolo Benvegnù.

Avete particolari progetti per l'immediato futuro?
Sì, pezzi nuovi, per un disco nuovo! Abbiamo appena cominciato, siamo nel pieno dei lavori!

Riguardo le uscite discografiche di quest'anno, c'è stato qualcosa che vi ha interessato o che attendete con ansia?
Direi, su tutti, “Carrie and Lowell” di Sufjan Stevens.

Siamo giunti ai saluti! Volete consigliare ai lettori di GrooveOn tre dischi – ma anche di più – che gli Snow in Damascus! considerano fondamentali?
“You Are Free” di Cat Power, “Dummy” dei Portishead, “This is my Hand” dei My Brightest Diamond, “Xen” di Arca, “Illinois” di Sufjan Stevens

 

 

Federico Laratta

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