"Locke" con Tom Hardy, la recensione: certe notti d'un guidatore
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"Locke" con Tom Hardy, la recensione: certe notti d'un guidatore

domenica 4 maggio, 2014

LOCKE DI STEVEN KNIGHT, la recensione. Animato da profonda umanità e buone intenzioni sperimentali, il film con Tom Hardy, tutto in auto, è in parte penalizzato dal doppiaggio italiano, in parte decelera per dissestate scorciatoie di sceneggiatura.

Dura la vita quando si finisce nella corsia d'emergenza. Il viaggio Birmingham - Londra di Ivan Locke (Tom Hardy) è frutto di un'urgenza morale: raggiungere l'amante occasionale (una sola notte di passione un po' brilla, un po' malinconica) che sta per dare alla luce un bambino, con qualche complicazione. Ancor più complicate le conseguenze della scelta, in famiglia come nel lavoro: una moglie a cui il capofamiglia dovrà spiegare la follia di un'occasionale tradimento e la lucidità d'una decisione irrevocabile, un datore di lavoro che il capomastro deve quietare alla vigilia della più grande colata di calcestruzzo d'Europa. Pensieri grandi e confusi, contrattazioni ardue - e tutto rigorosamente al cellulare, in macchina, mentre annotta su una strada che porta ad un destino incerto.

THE DARK STEVEN KNIGHT RISES - La scommessa obbligata di Steven Knight è di girare un film con un solo protagonista fisico, quel Tom Hardy che del proprio fisico nerboruto aveva fatto il volano delle migliori interpretazioni (su tutte, il villain Bane in The Dark Knight Rises); e di ambientarlo nell'abitacolo d'una macchina, in uno spazio limitato come il budget risicato - ma nemmeno troppo - sotto i 2 milioni di dollari. Di necessità si fa virtuosismo, più che virtù, perché l'esercizio di stile minimale è apprezzabile nella propria dimensione sperimentale; nell'audace close-up emozionale rispetto ad un personaggio on the go, di cui riassumere vita e tentati miracoli in 85 minuti in situazione, trascorrenti; nel farsi carico di tutti i rischi di dialoghi e vicende intrecciate, che si sorpassano e contro-sorpassano, cercando di evitare accelerazioni troppo brusche così come rallentamenti di ritmo. Vi si riesce, in effetti, perché il film risulta pesante solo nella misura in cui ambisce ad esserlo - la costrizione spaziale, il fastidio fisico del raffreddore di Locke, le assillanti chiamate in attesa. [MORE]

L'AUTO DOPPIATA - Se limiti di velocità e durata sono dunque gestiti con buona andatura ai confini del thriller, qualche avaria insorge semmai per lo stile di guida, ossia, per la goffaggine di certi dialoghi: infrazione non da poco in un film che sui dialoghi si basa interamente. Intanto, difficile esprimere osservazioni pienamente fondate per chi abbia visto il film in italiano, con un doppiaggio problematico, ombre di fuori-sincrono, toni di voce improbabili (soprattutto quello della donna incinta) e più d'un sospetto su alcune traduzioni. La sostanza della sceneggiatura, però, non può che essere questa, sia pure col filtro dell'italianizzazione: quella d'un film che, pur senza sbandare mai, certo non ha nè l'eleganza nè il controllo d'interazione drammatica che, per dirne una, ha per esempio un altro film con unità di spazio e verbosità spinta al limite, quale Carnage di Polanski.

Ecco, allora, lo sclero facilotto dietro l'angolo (il vice capomastro che s'ubriaca di sidro, la moglie che vomita); il fantasma del padre con cui dialoga (o monologa) il protagonista, che sembra evocato ad arte per lo spettatore, rischiando di compromettere la sofferta verità dell'interpretazione di Tom Hardy; certa retorica faticosamente cacciata dalla porta, ma che tende a rientrare dal finestrino, con tutta la storia della partita di calcio che i figli seguiranno da soli; alcune scorciatoie rattoppate (gli swift d'umore troppo improvvisi di alcuni personaggi, come il responsabile dei blocchi stradali a cui Locke chiede di chiudere la pratica in vista dell'arrivo dei camion col calcestruzzo).

INCERTE NOTTI - Sorprendentemente, uno dei tratti più apprezzabili del film potrebbe in fin dei conti riuscire quello visivo. Steven Knight non si limita a dinamizzare la regia di contro all'inevitabile inerzia dell'ambientazione, ma riesce anche a smembrare, dissolvere, moltiplicare, offuscare l'immagine di Tom Hardy, tra vetri d'auto e rifrazioni dell'illuminazione stradale, nello stesso contesto in cui gli interlocutori telefonici ripetono a Locke, ognuno a parole proprie, "non ti riconosco più". Questa identità decostruita, mentre si sfalda la vita del protagonista, anima d'una certa umanità il film, la cui stessa incertezza suscita simpatia: così come è incerto il finale, perchè la vita - anche quella immaginata - prosegue chissà come oltre the end

DATA USCITA: 30 aprile 2014
GENERE: Drammatico, Thriller
ANNO: 2013
REGIA: Steven Knight
SCENEGGIATURA: Steven Knight
ATTORI: Tom Hardy, Ruth Wilson, Andrew Scott, Ben Daniels, Olivia Colman, Tom Holland, Bill Milner, Alice Lowe, Danny Webb, Lee Ross, Silas Carson
FOTOGRAFIA: Haris Zambarloukos

MONTAGGIO: Justine Wright
MUSICHE: Dickon Hinchliffe
PRODUZIONE: IM Global, Shoebox Films
DISTRIBUZIONE: Good Films
PAESE: Gran Bretagna, USA
DURATA: 85 Min

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Antonio Maiorino 
critico cinematografico - follow on Twitter


Autore
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