Emigrazione, giovani italiani trattati come schiavi nelle piantagioni australiane
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Emigrazione, giovani italiani trattati come schiavi nelle piantagioni australiane

mercoledì 6 maggio, 2015

SIDNEY, 6 MAGGIO 2015 - Partiti alla ricerca di un futuro migliore, ridotti a lavorare in condizioni di schiavitù nelle piantagioni. No, stavolta non si tratta dei tanti immigrati che lavorano nei campi del nostro Paese, ma di giovani italiani che hanno deciso di lasciare l’Italia per cercare fortuna all'estero.  [MORE]


Il programma televisivo australiano "Four Corners", la cui inchiesta è stata ripresa oggi dal Corriere della Sera, ha denunciato lo sfruttamento di giovani italiani nelle “farm” australiane.
Gli immigrati temporanei devono dimostrare di aver lavorato per tre mesi nelle zone rurali del Paese per ottenere il rinnovo del visto per il secondo anno. Infatti il visto provvisorio “Vacanza-lavoro” viene concesso per massimo 12 mesi a giovani tra i 18 e i 30 anni. In questo periodo di tempo è possibile lavorare e studiare, a patto che non si resti presso lo stesso datore per più di 6 mesi. I giovani sono costretti ad accettare di essere impiegati per 3 mesi in una “farm”, lavorando con orari estenuanti, essendo sottopagati e spesso anche bersaglio di molestie e persino di abusi sessuali.


Mariangela Stagnitti, presidente del Comitato italiani all'estero di Brisbane, ha detto: «In un solo anno ho raccolto 250 segnalazioni sulle condizioni che si trovano ad affrontare. Alcune erano terribili.Come quelle di due ragazze in un'azienda che produceva cipolle rosse: turni dalle sette di sera alle sei del mattino, senza pause neanche per andare in bagno. Il tutto, spesso, senza tutele assicurative».
Sono oltre 15.000 i giovani connazionali che attualmente si trovano in Australia. «Il problema è che sono pochissimi quelli che trovano il coraggio di denunciare lo sfruttamento al Dipartimento per l'Immigrazione. Tanti mi dicono che ormai sono abituati», ha proseguito la Stagnitti. «Anche in Italia, quando riuscivano a lavorare, lo facevano spesso in nero e sottopagati. Così finiscono per fare quei lavori che gli australiani non vogliono più fare», ha aggiunto. «Alla partenza, molti di loro neppure immaginano di rischiare condizioni di aperto sfruttamento, con orari di lavoro estenuanti, paghe misere, ricatti, vere e proprie truffe. Per lo più finiscono nelle “farm”, le aziende agricole dell’entroterra, a raccogliere per tre lunghi mesi patate, manghi, pomodori, uva», ha concluso la presidente.

Intanto il Governo australiano ha annunciato nei giorni scorsi che il regolamento per il visto provvisorio "Vacanza-lavoro" sarà modificato. La forma di volontariato nelle aziende agricole in cambio di vitto e alloggio non darà più la possibilità del rinnovo per il secondo anno.


[foto: secoloditalia.it]


Antonella Sica

 


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